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Il trionfale comunicato con cui la Fim Cisl saluta la stipula dell’ipotesi di accordo per il CCNL dei metalmeccanici siglata il 26 novembre con Federmeccanica manifesta l’orgoglio legittimo di chi vede riconosciuta, finalmente anche dalla Fiom Cgil, la perversa coerenza con la linea di “complicità sindacale” inaugurata circa una ventina di anni fa dalla federazione Cisl dei metallurgici. Il punto vero di questo accordo è la sua distanza abissale da quella che è stata, al contrario, la scelta praticata dalla Fiom, prima con Sabattini e poi con Rinaldini e Cremaschi, a partire dal 1999, fino a qualche anno fa, passando attraverso una serie di No ai contratti sottoscritti appunto da Fim e Uilm, ai modelli contrattuali concordati tra Cisl, Uil e Confindustria, passando attraverso la battaglia per una correzione profonda della linea della confederazione, attraverso il No al “Testo unico” del 10 gennaio 2014, il No al “modello Marchionne” della Fiat-FCA.
Una distanza abissale perché questo “accordo” sana e accetta ora per allora tutto, dal “Testo unico”, letto oggi come un baluardo di democrazia, alle misure antioperaie comprese nei contratti separati del 2009 e del 2012, al un tempo tanto vituperato “welfare integrativo”, al meccanismo di adeguamento salariale dell’IPCA (peraltro peggiorato)…
Questo accordo, come dicono opportunamente i sindacalisti dell’USB e i rappresentanti della minoranza di sinistra della Fiom, rappresenta la resa e la fine della “diversità” della Fiom Cgil, resa a cui l’ha condotta la leadership di Maurizio Landini.
La Fiom si arrende al padronato, che ottiene un contratto di restituzione e l’eliminazione della spina nel fianco rappresentata dall’intransigenza Fiom dei decenni scorsi. Si arrende alle altre organizzazioni sindacali (Fim e Uilm) che oggi possono pretendere di presentare anche la categoria delle “tute blu” come pacificata. Si arrende alla Cgil, che oggi può dire di aver ricomposto nella buona sostanza la sua dialettica interna, apprestandosi, non a caso, a “promuovere” Maurizio Landini nella segreteria confederale e relegando nell’isolamento la minoranza del “Sindacatounaltracosa”. Si arrende a Renzi, regalandogli, a una settimana dal cruciale referendum sulla riforma costituzionale, un accordo che bissa e dà ulteriore corpo al già vergognoso “verbale” con cui la Cgil ha accettato la politica previdenziale e economica del governo.
Con questo accordo, peraltro, la trattativa sul contratto dei dipendenti pubblici, già estremamente difficile anche per le evidenti inadeguatezze delle organizzazioni sindacali del settore, diventerà più semplice per il governo e per la sua linea neoliberale.
Come sempre, in bene nel passato, il contratto dei metalmeccanici farà scuola, però ora come “modello” negativo, segnerà la linea per tutte le categorie, trasformando forse definitivamente l’istituto del CCNL, un tempo strumento di unità e di difesa della classe lavoratrice, in uno strumento per la totale ripresa del controllo padronale sull’organizzazione del lavoro e sui salari.
Complimenti, Fiom, complimenti, Landini.