Il Consiglio Comunale ha deciso di privatizzare le Aziende industriali di Mendrisio (AIM) trasformandole in Società Anonima (SA). Il discorso alla base di questa decisione è quello di sempre; la SA permetterebbe di adattarsi alle evoluzioni del mercato, ai prezzi di acquisto e di vendita, etc. Anche in questo caso si tratta di discorsi che circolano da tempo.
In realtà queste motivazioni (che possono anche rappresentare problemi alla cui soluzione si dovrà pensare) poco o nulla hanno a che fare con la forma giuridica futura delle AIM. Tutti questi problemi, legati all’efficienza e alla capacità di pianificazione, alla gestione ed al marketing, non hanno un collegamento diretto con la forma giuridica, né con l’assetto proprietario. Basti pensare, ad esempio, che la maggiore azienda elettrica del Cantone, l’AET, non è una SA. Ha sofferto non perché questa struttura non le ha permesso di adattarsi al mercato, ma quando al mercato, alle sue logiche e alle sue mode si è adattata con eccessiva disinvoltura (cfr. investimenti sbagliati…). E proprio quando è venuto meno il controllo popolare…
Perché dire NO ad una SA?
1) una SA, nemmeno se proprietà totale del Comune, è obbligata per legge (valgono le regole della SA prevista dal Codice delle Obbligazioni) a valorizzare e accrescere il proprio capitale e non risponde più alla logica del servizio pubblico, del servizio ai cittadini.
2) ogni atto di una SA risponde quindi alla logica economica e di profitto della SA. Questo significa, ad esempio, che le tariffe di gas e luce non potranno essere fissate in base ai bisogni, alle situazioni dei cittadini (ricorrendo quindi anche a criteri sociali), ma in base agli imperativi finanziari e di profitto della SA. Non potrebbe, in altre parole, favorire i cittadini/clienti/proprietari dell’azienda, se questa decisione comportasse un danno finanziario ed economico per l’azienda stessa (minori incassi).
3) la SA non può, ad esempio, versare contributi al Comune, nemmeno se le sue casse grondassero di profitti. In questo senso il Comune perde il controllo economico del patrimonio che passa alla SA. Potremmo arrivare al paradosso che il Comune, malgrado possa contare su utili della SA, non potrebbe utilizzarli per le altre attività comunali.
4) la creazione di una SA aprirebbe la via anche a futuri possibili mutamenti dell’assetto proprietario, attraverso la cessione di quote di azionariato (magari giustificate dal fatto che comunque l’ente pubblico manterrebbe la maggioranza: modello Swisscom…).
Per tutte queste ragioni, e altre ancora, invitiamo a firmare e far firmare il referendum!
E se non bastasse…
La Posta, per esempio…
Proprio in questi giorni La Posta ci sta mostrando cosa può succedere quando un’azienda abbandona l’idea di funzionare secondo la logica del servizio pubblico per abbracciare quella del mercato e del profitto.
Così, dopo aver già smantellato centinaia e centinaia di uffici postali, La Posta si appresta a sferrare il colpo finale e a lasciare gli uffici postali praticamente solo nei grandi centri.
Eppure questa SA, proprietà al 100% della Confederazione, macina centinaia di milioni di profitti da numerosi anni; e questo non le ha impedito di aumentare regolarmente le tariffe e di peggiorare il servizio. Lo stesso ragionamento potremmo fare con le FFS, altra società pubblica trasformata in SA.
Bellinzona, per esempio…
A smentire i discorsi a favore della trasformazione in SA basterebbe un solo esempio, quello delle AMB, le aziende industriali di Bellinzona. Anche il Municipio di Bellinzona aveva previsto disastri, addirittura una perdita dell’azienda di fronte alla liberalizzazione del mercato. Propose così di venderle, ma i cittadini si opposero con il referendum (2001); propose poi di trasformarle in SA (2003), ma anche in questo caso venne sconfitto con un referendum. Il risultato è che da allora (e sono passati più di 15 anni) non si è verificato nessuno dei disastri annunciati. Le AMB vanno alla grande, si sono rafforzate e rappresentano una ricchezza per la nuova città di Bellinzona.