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Pubblichiamo qui di seguito la presa di posizione dei nostri compagni di Sinistra Anticapitalista sul referendum costituzionale (previsto per i prossimi 20/21 settembre) che prevede in particolare la diminuzione dei parlamentari. (Red)

Sinistra Anticapitalista invita a votare No al referendum costituzionale che si svolgerà il 20 e il 21 settembre prossimi. La legge di revisione della Costituzione, che siamo chiamati a confermare, modifica gli articoli 56, 57 e 59 e, com’è noto, mira a ridurre drasticamente il numero dei parlamentari. E’ stata votata da tutte le principali forze politiche (alla Camera 553 favorevoli, 14 contrari, 2 astenuti) adducendo argomentazioni demagogiche e speciose, come quelle di dare maggiore funzionalità al parlamento e di tagliare i “costi della politica”. In realtà, il parlamento è ormai da anni largamente paralizzato non certo dal numero degli eletti, ma piuttosto dal dilagante abuso della decretazione d’urgenza da parte del governo. Quanto al “risparmio” che la riduzione del numero di deputati e senatori potrebbe comportare, è evidente che esso sarebbe una goccia irrilevante.

Già nel 2007 il senatore Turigliatto (oggi componente della nostra Direzione nazionale) presentò un progetto di legge che, se fosse stato approvato, avrebbe realmente più che dimezzato il costo dei parlamentari, tagliandone radicalmente le retribuzioni mensili, i benefit e i privilegi previdenziali. La legge sottoposta a referendum confermativo, invece, riduce i costi in modo risibile ma, al contrario, taglia brutalmente la rappresentanza popolare e, dunque, con essa la democrazia, fino al paradosso dei cittadini del Molise (che saranno rappresentati da un solo senatore, alla faccia del pluralismo…).

Il tentativo di riforma costituzionale che dovremo respingere con il nostro No utilizza il sentimento popolare che identifica nel ceto politico istituzionale l’origine di tutti i mali della società. Questo sentimento è stato volutamente e massicciamente alimentato da tutti i giornali padronali e dalle televisioni, strumentalizzando il giusto scandalo creatosi attorno a numerosi casi di malversazione che hanno visto come protagonisti esponenti delle istituzioni. Ma questo generico senso di rifiuto della “politica” trascura il fatto che la stragrande maggioranza dei politici, qualunque sia il loro colore di appartenenza, è al servizio della classe dominante, degli imprenditori, dei capitalisti, di cui difende gli interessi e gli affari. Il “costo della politica” è solo una piccola parte dei costi del capitalismo che pagano tutte le sfruttate e tutti gli sfruttati.

Quanto alla funzionalità del parlamento, la violenta riduzione del numero dei deputati e dei senatori, impegnando ogni singolo parlamentare a partecipare ad un numero crescente di commissioni e di incarichi, ostacolerà ulteriormente l’attività legislativa.

La riduzione del numero dei consiglieri regionali e comunali, per non parlare dell’abolizione dei consigli provinciali eletti, ha già dimostrato tutti i suoi effetti negativi in termini di partecipazione democratica e di rappresentanza delle cittadine e cittadine introducendo nei fatti soglie di sbarramento altissime, che rendono difficilissima la presenza e quindi il controllo delle sinistre di classe che vogliono esprimere gli interessi delle classi lavoratrici. E ha inoltre avuto il perverso effetto di concentrare il potere regionale nelle mani dei presidenti con i disastrosi risultati in termini di protagonismo e di inefficienza che abbiamo potuto constatare durante la pandemia.

I capitalisti sanno che in questa fase, contrassegnata da una sfrenata concorrenza internazionale e da una dissennata ricerca del maggior profitto, avranno molta difficoltà a governare basandosi su un consapevole consenso. Dunque, hanno più che mai bisogno di istituzioni impermeabili alle proteste e alle rivendicazioni popolari. Come già cercò di fare tre anni fa Renzi, come è stato fatto ripetutamente negli ultimi trent’anni, dal centrosinistra e dalla destra, con le loro controriforme elettorali e istituzionali, anche stavolta si tratta di una riforma che punta a comprimere ulteriormente il pluralismo politico e dunque la rappresentanza delle classi sociali subalterne. Il parlamento sarà sempre più composto solo da politicanti, imprenditori, avvocati e faccendieri al loro servizio. Parlamentari che saranno sempre più sostanzialmente nominati dai leader dei diversi partiti.

Per tutti questi motivi, Sinistra Anticapitalista ribadisce il suo invito a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, a tutte e tutti coloro che hanno a cuore le sorti della democrazia, che credono in un vero progresso basato sulla giustizia sociale e sul rispetto dell’ambiente, perché si impegnino per la vittoria del No nel referendum del 20 e 21 settembre.