Pochi giorni fa, in relazione al futuro delle finanze cantonali partendo dalla discussione sul Preventivo 2025, Bixio Caprara, capogruppo del PLRT e presidente della commissione della gestione, affermava, tra le altre cose: “la votazione su Efas vede il Ticino contrario ma molti altri cantoni favorevoli, perché con gli ospedali in crisi e lo spostamento verso l’ambulatoriale non sorprende. Ma è chiaro che pensando a quello che può essere l’impatto sul Ticino, sicuramente più di 50 milioni di franchi con orizzonte 2028, il discorso preoccupa” (La Regione 8 ottobre 2024)
Dichiarazione sorprendente.
Prima di tutto per l’affermazione secondo la quale il Ticino sarebbe contrario a EFAS. Non si capisce bene a chi si riferisce quando afferma che il Ticino sarebbe contrario a EFAS. Se si tratta di un pronostico sul risultato del prossimo 24 novembre, non possiamo che rallegrarci (anche se facciamo gli scongiuri!).
Se invece si riferisce ai partiti, al Parlamento e al governo ticinesi, le cose appaiono diverse.
Infatti, il 22 gennaio 2024, avvalendosi della facoltà concessa dalla Costituzione cantonale e da quella federale, i deputati dell’MPS chiedevano al Gran Consiglio di sostenere il referendum lanciato dal sindacato SSP/VPOD contro la riforma della LAMal relativa al finanziamento uniforme delle prestazioni ( EFAS) approvato il 22 dicembre 2023 dalle Camere federali.
Con colpevole ritardo, la commissione della gestione pubblicava il suo rapporto di maggioranza il 29 febbraio 2024, chiedendo al Gran Consiglio di respingere la proposta. A sostegno di questo orientamento si sono schierati i commissari di PLRT (Quadranti relatore), del Centro, della Lega, dell’UDC. Veniva, pure alla stessa data, presentato un rapporto di minoranza (relatrice Giulia Petralli per i Verdi con il solo sostegno di Tamara Merlo) che invece proponeva di aderire alla proposta.
La proposta veniva messa all’ordine del giorno del Gran Consiglio del 15 aprile 2024. Dopo breve discussione, messa ai voti, la proposta della maggioranza (che chiedeva di non aderire al referendum) otteneva 57 voti, 11 contrari (Verdi, MPS, 1 Più donne, 1 PC, 3 PS) e 9 astenuti (il resto del gruppo PS).

L’argomento di fondo che ha prevalso, e sul quale era centrato il rapporto di maggioranza, è così riassunto:
“Il referendum lanciato dal sindacato VPOD ha, comprensibilmente, una forte impronta sul tema dei posti degli operatori sanitari. Se non che la riforma di fatto mira a parificare due modalità di finanziamento postulando l’introduzione di un sistema di incentivi virtuoso sia per le cure stazionarie sia per quelle ambulatoriali. La riforma ampiamente approfondita a livello federale, con il coinvolgimento di numerosi attori del settore, Cantoni inclusi, ha certo obiettivi di risparmio ma volti a ridurre i costi delle cure e quindi, per automatismo, i costi dei premi di cassa malati.
Le motivazioni del referendum VPOD e riprese nell’atto parlamentare non sono condivise. Senza pretesa di essere esaustivi, come sopra indicato, non siamo di fronte a un disinvestimento dei Cantoni. Semplicemente questi saranno chiamati a sostenere in modo paritario le cure stazionarie come quelle ambulatoriali, certo in una proporzione diversa dall’attuale 55% delle sole cure stazionarie. Inoltre, la riforma prevede espressamente, come sopra spiegato, che i Cantoni continueranno a essere coinvolti in modo paritario con le casse malati e con la supervisione del Dipartimento federale competente.
Non si intravvede quindi motivo per sostenere come Cantone un referendum su questa recente importante modifica voluta da tempo e da più parti.”
Vi sarebbe cioè un interesse cantonale a sostenere la riforma EFAS. Non la pensa allo stesso modo il Consiglio di Stato.
Nell’ambito della Procedura di consultazione sul progetto di presa di posizione comune della Conferenza dei Governi cantonali sul finanziamento uniforme delle prestazioni nel settore sanitario (EFAS), il governo così si esprimeva lo scorso 28 agosto 2024: “L’uniformità del finanziamento proposta da EFAS vuole eliminare gli incentivi a fornire le prestazioni in regime stazionario, prese a carico maggioritariamente dai Cantoni, favorendo in questo modo le cure in regime ambulatoriale, complessivamente meno costose. Il Cantone Ticino condivide questo obiettivo, ma considera la riforma EFAS insufficiente e persino inutile per realizzarlo” (sottolineatura nostra). Per questa ragione, continua il governo, “Non riteniamo tuttavia che questa revisione legislativa, probabilmente la più ampia dall’introduzione della LAMal, possa contribuire in maniera significativa al miglioramento del sistema sanitario e della sua sostenibilità finanziaria né sia di particolare interesse per i Cantoni…”
Quanto alle conseguenze per il Cantone di questa riforma, il giudizio dell’esecutivo cantonale è perentorio “Inoltre, da un punto di vista finanziario, per il Cantone Ticino questa riforma comporterà con ogni probabilità un importante aggravio delle finanze pubbliche. In effetti, secondo le sopracitate stime dell’Amministrazione federale, il maggior onere paragonato alla situazione nel 2019 per il nostro Cantone sarebbe, a regime (ovvero 7 anni dopo l’eventuale approvazione della riforma), pari a circa 57 milioni di franchi annuali. Considerata l’evoluzione dei costi sanitari a carico dell’AOMS negli ultimi anni, questo maggior costo per le finanze cantonali sarà sicuramente superiore, e probabilmente ben superiore, a quanto stimato nel suo rapporto dall’UFSP”.(sottolineatura nostra).
Da un punto di vista cantonale, questa votazione presenta inoltre un aspetto interessante.
Come noto, uno dei punti centrali di questa riforma è di (e citiamo gli assicuratori) “dare un impulso alle cure integrate”. Sappiamo che questa strategia, pur partendo da una buona premessa, ha esiti negativi nel quadro dell’attuale sistema di assicurazione.
Volevo ricordare che questa strategia (il cosiddetto managed care / reti di cure integrate) si fonda su accordi assicurativi che, nel quadro di collaborazioni con strutture sanitarie, le assicurazioni malattia propongono agli assicurati. Punto centrale di questo tipo di contratti è uno scambio tra la rinuncia alla libertà terapeutica (l’assicurato accetta alcune limitazioni) e sconti sui premi di cassa malati. Una forma, light, di questo tipo di contratti assicurativi è il modello del cosiddetto medico di famiglia (nel frattempo divenuto un modello quasi standard in Ticino).
Su una strategia di questo tipo, il popolo svizzero si è già espresso più che chiaramente. Infatti una riforma della LAMal in questa direzione è stata sottoposta a votazione popolare nel 2012.
Il risultato a livello nazionale fu assai chiaro con ben il 76% di No a quella riforma. Ma, ancora più chiaro fu il responso in Ticino dove il No raggiunse l’88,7% dei votanti.
I tempi cambiano e si può cambiare idea. Ma il Parlamento cantonale, nell’affermare il suo accordo perentorio a una riforma che in gran parte riprende aspetti di una riforma rifiutata dall’88,7% della popolazione solo una decina di anni prima, ci pare non sia stato molto prudente.