Gli oscuri legami economici e politici che uniscono alcuni importanti esponenti dei paesi che si raccolgono nel raggruppamento delle “economie emergenti” e lo stato sionista e la sua politica colonialista.
I sostenitori del genocidio (Biden-Harris) celebrano le ultime atrocità da Gaza alla Cisgiordania al Libano, come ci si può aspettare da un blocco di potere imperialista privo di un briciolo di umanità quando si tratta del popolo che gli israeliani opprimono al di là di ogni comprensione.
Ma non si devono trascurare quelle classi dirigenti economicamente favorevoli a Israele, anche se collocate dove non ci si aspetterebbe: all’interno del blocco BRICS+ (la crescente alleanza che illude i fanatici del “mondo multipolare”). Quattro di loro sono sostenitori di Israele talmente palesi che il 27 settembre, alle Nazioni Unite, Benjamin Netanyahu li ha dipinti di verde con l’etichetta “the blessing” (la benedizione) sulla sua mappa: Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e India.
I ministri degli Esteri dei BRICS+ di solito pronunciano luoghi comuni sulla volontà di un mondo senza conflitti e pieno di accordi geopolitici post-occidentali, compresa la soluzione dei due stati per Israele e Palestina. Quindi il riconoscimento pubblico da parte di Netanyahu della loro utilità dovrebbe essere abbastanza umiliante, visto che alle Nazioni Unite, tra i membri dei BRICS+ solo l’Etiopia si unisce regolarmente alle potenze dell’Asse del Genocidio astenendosi dalle risoluzioni che criticano Israele, compresa quella del 18 settembre sull’applicazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia contro gli abusi in Palestina.
E sebbene il nuovo membro dei BRICS+, l’Iran, sia stato etichettato come “the curse” (la maledizione) in un’altra mappa, uno dei più rispettati giornalisti palestinesi, Ali Abunimah, ha sottolineato il 28 settembre:
Un’altra domanda sulla bocca di molti è perché l’Iran, che ha giurato ritorsioni dopo l’uccisione da parte di Israele del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran nel mese di luglio, abbia agito con tale moderazione. C’è la crescente percezione che la sua mancanza di risposta abbia solo incoraggiato la violenza sempre più sfacciata di Israele.

Oltre agli ovvi vicini e all’India citati da Netanyahu, ci sono altri BRICS+ che “benedicono” Netanyahu e ala sua apocalisse. Ne diamo parziale testimonianza in questo catalogo in dieci punti basati sul fatto che la guerra e i profitti sono maledetti compagni di letto:
- La Russia è il primo fornitore di carbone per il genocidio e il Sudafrica il secondo, ora che la Colombia e la Turchia hanno dichiarato il Boicottaggio, il Disinvestimento, le Sanzioni BDS contro Israele;
- Come sottolinea Michael Karadjis, “Israele importa una piccola ma regolare quantità di petrolio dal suo vicino BRICS, l’Egitto, attraverso Sidi Kerir, vicino ad Alessandria, il capolinea dell’oleodotto SUMED. Anche il petrolio degli Emirati Arabi Uniti e dell’Arabia Saudita, membri dei BRICS, nonché dell’Iraq, confluisce in questo oleodotto”;
- Sia in Sudafrica che in Brasile, nelle ultime settimane i principali funzionari si sono apertamente vantati di non voler imporre sanzioni per il carbone e il petrolio a Israele, con il ministro della Difesa brasiliano che si è anche opposto alla potenziale cancellazione della cooperazione militare con la Elbit Systems di Tel Aviv (attualmente “in pausa”);
- L’India fornisce attrezzature militari vitali usate dall’IDF a Gaza, in Cisgiordania e ora in Libano, compresi i micidiali droni a media altitudine e lunga resistenza di Adani-Elbit;
- Le due parti principali del porto principale di Israele – quello di Haifa – sono state privatizzate negli ultimi anni dallo Shanghai International Port Group e da Adani, facilitando una più efficiente fornitura di armi e munizioni all’IDF;
- Il commercio cinese-israeliano ha raggiunto un recente record di 20 miliardi di dollari all’anno, di cui 14,4 miliardi di dollari di esportazioni verso Israele (primo posto al mondo nel 2022) – nonostante le dichiarazioni del dicembre 2023 secondo cui le navi della cinese Cosco avrebbero evitato i porti israeliani (una posizione ribaltata a febbraio);
- L’India è il 5° operatore commerciale con Israele con quasi 5 miliardi di dollari;
- La normalizzazione del commercio arabo-israeliano continua, ad esempio attraverso il recente aumento del 5% del commercio tra gli Emirati Arabi Uniti e Israele, grazie a servizi di trasporto terrestre sempre più cruciali a seguito delle interruzioni del trasporto marittimo sul Mar Rosso da parte degli Houthi, con la partecipazione delle potenze sub-imperiali filostatunitensi Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, come lo stesso Netanyahu si è vantato quando ha applaudito la nuova rotta terrestre;
- Il commerciante d’armi sudafricano Ivor Ichikowitz (il principale contribuente del partito al potere un anno fa e instancabile propagandista pro-Israele quest’anno) gestisce una joint venture militare con Elbit Systems, ha un ufficio a Tel Aviv e gestisce una “Ichikowitz Family International Tefillin Bank” che rifornisce le Forze di Difesa Israeliane;
- Migliaia di immigrati dall’Etiopia e centinaia dall’India prestano ora servizio come soldati di leva o mercenari dell’IDF, insieme a un numero imprecisato di cittadini sudafricani e a quelle che potrebbero essere decine di migliaia di russi, perché ci sono, come ha ammesso il giornalista brasiliano Pepe Escobar, peraltro sostenitore del “multipolarismo”, “più di un milione di titolari di passaporto russo o di doppio passaporto che vivono in Israele. È una questione molto complicata perché, secondo la Costituzione russa, la Russia deve proteggerli. Il fatto che molti di loro siano sionisti convinti e con una mentalità genocida rende il problema ancora più irrisolvibile…”.
I russi parlano “a sinistra”, marciano a destra
I leader e gli alleati dei BRICS+ si riuniscono a Kazan nei prossimi giorni, dal 22 al 24 ottobre. Il compito immediato del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov è quello di fasciare le ferite subite durante la disastrosa riunione del 26 settembre a New York dei ministri degli Esteri dei BRICS+, chiusa in anticipo a causa dell’apparente opposizione egiziana ed etiope alla potenziale acquisizione da parte del Sudafrica di un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (argomento messo in sordina).
Ma è lecito prevedere che lui e gli altri spin doctor dei ministeri degli Esteri BRICS+ lavoreranno duramente per mascherare o ignorare del tutto tutte queste relazioni economiche e politico-militari filo-israeliane, così come i molti sostenitori accademici e mediatici del blocco, che sicuramente si oppongono al genocidio, ma che non si degnano di chiamare in causa alcuni dei principali sostenitori dei BRICS+.
Uno dei principali sostenitori del BRICS+ e del loro “mondo multipolare”, il già menzionato Escobar, ha scritto a giugno che:
Il re del Bahrein Hamad bin Isa Al Khalifa ha chiesto personalmente di contribuire all’organizzazione di una conferenza di pace sulla Palestina, alla quale la Russia sarebbe stata la prima nazione non araba invitata… il partenariato strategico Russia-Cina, i BRICS e la “maggioranza globale” si sono mobilitati per sancire la Palestina come stato sovrano.
La retorica e la realtà divergono, perché, con 1,3 milioni di russi che contribuiscono al genocidio di Israele vivendo lì, pagando le tasse e in molti casi servendo direttamente nelle Forze di Difesa Israeliane, non c’è da stupirsi che una delle dichiarazioni più anti-solidaristiche concepibili sul genocidio sia stata postata sulla piattaforma X di Elon Musk (nativo di Johannesburg) da Alexander Dugin poche ore dopo l’assassinio di Hassan Nasrallah il 28 settembre. Secondo Dugin, l’uomo talvolta definito “il cervello di Putin” (un termine adottato e mutuato dal soprannome che Steve Bannon si è autoattribuito “il cervello di Trump”), queste sono “Lezioni dal libro dei giochi sionisti” per la Russia:
Ancora una volta, quanto più velocemente si agisce, tanto più si è giustificati. Chi agisce con decisione e audacia vince. Noi, invece, siamo cauti ed esitiamo costantemente. A proposito, anche l’Iran sta seguendo questa strada, che non porta da nessuna parte. Gaza non c’è più. La leadership di Hamas non c’è più. Ora la leadership di Hezbollah non c’è più. E il presidente iraniano Raisi non c’è più. Anche il suo cercapersone è sparito… Nella guerra moderna, il tempismo, la velocità e la “dromocrazia” decidono tutto. I sionisti agiscono rapidamente, in modo proattivo. Con coraggio. E vincono. Dovremmo seguire il loro esempio.
È un concetto che ricorda in modo stucchevole quello di Lavrov, che lo scorso dicembre 2023 ha dichiarato all’agenzia di stampa ufficiale russa RIA Novosti:
Gli obiettivi dichiarati da Israele per la sua operazione in corso contro i militanti di Hamas a Gaza sembrano quasi identici a quelli proposti da Mosca nella sua campagna contro il governo ucraino.

Un’altra voce surreale pro-Putin è quella del commentatore russo-americano Andrew Korybko, che ha titolato un post del 29 settembre sul suo blog “Cinque lezioni che la Russia può imparare dall’ultima guerra israelo-libanese”, accompagnadolo con un’immagine profondamente inquietante di Putin e Netanyahu (vedi la foto in alto) che si guardano negli occhi. A quanto pare, Korybko vuole che l’Ucraina riceva il “trattamento Nasrallah”:
La Russia rimane sensibile all’opinione pubblica globale, il che è un altro risultato della priorità degli obiettivi politici su quelli militari, mentre Israele è insensibile all’opinione pubblica in patria, in Libano e in tutto il mondo. La Russia metterà quindi le sue truppe in pericolo catturando le località blocco per blocco, invece di praticare lo “shock and awe” (colpisci e terrorizza) come sta facendo Israele in Libano. Anche se l’approccio della Russia ha portato a molte meno vittime civili, è ancora criticato come Israele, se non di più… Il nobile piano di Putin di una grande riconciliazione russo-ucraina dopo la fine dell’operazione speciale sembra essere più lontano che mai, ma egli crede ancora che sia abbastanza fattibile da giustificare il mantenimento della rotta, continuando a dare priorità agli obiettivi politici rispetto a quelli militari. È il Comandante supremo in capo e ha a disposizione più informazioni di chiunque altro, quindi ha solide ragioni per farlo, ma forse l’esempio di Israele in Libano lo ispirerà a vedere le cose in modo diverso e ad agire di conseguenza.
Pretoria si nasconde dietro l’OMC
Anche in un Sudafrica il cui governo ha denunciato il genocidio all’Aia, le élite aziendali e i loro politici di riferimento non sono diversi, come ha rivelato il 26 settembre un leader dell’African National Congress. Rispondendo alle domande in parlamento, il ministro del commercio sudafricano Parks Tau ha risposto alle sollecitazioni di un piccolo partito (Al Jama-ah) che proponeva di aderire alle “crescenti richieste degli attivisti della giustizia sociale di interrompere il commercio di carbone con Israele”. Al contrario, il ministro ha respinto apertamente il BDS-Israele sul carbone e su tutto il resto:
Le sanzioni applicate da un membro contro un altro, in assenza di sanzioni multilaterali da parte delle Nazioni Unite, violerebbero il principio di non discriminazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e aprirebbero il paese a sfide legali.
Ma ricordando le dichiarazioni a favore dell’OMC, del FMI e del G20 al vertice BRICS di Johannesburg, la risposta di Tau è coerente con la posizione dei ministri del commercio dei BRICS+, che hanno recentemente riconfermato il sostegno al “sistema commerciale multilaterale aperto, giusto, trasparente, prevedibile, equo, non discriminatorio, inclusivo, basato sul consenso e sulle regole, con l’OMC al centro”.
Nella sua sussiegosa diligenza a voler rispettare le norme OMC, Tau ignora volontariamente che l’intero mondo occidentale sta violando i processi di non discriminazione dell’OMC (ad esempio, imponendo tasse del 100% sulle attrezzature cinesi per le energie rinnovabili, invece di trattare questo caso di sovrainvestimento capitalista come un bene pubblico globale. E ignora che il 18 settembre, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, un voto a super-maggioranza (124 favorevoli, 14 contrari e 43 astensioni) ha confermato che tutti gli stati hanno l’obbligo di “impedire relazioni commerciali o di investimento che contribuiscano al mantenimento della situazione illegale creata da Israele nei Territori Palestinesi Occupati”.
Nonostante la forte presa di posizione di Pretoria contro il genocidio all’Aia, Tau e colleghi respingono di fatto il mandato della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio che recita:
Tutti gli stati hanno l’obbligo di non riconoscere come legale la situazione derivante dalla presenza illegale dello stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati e di non prestare aiuto o assistenza al mantenimento della situazione creata dalla continua presenza dello stato di Israele nei Territori Palestinesi Occupati”.
Contro chi benedice Netanyahu
L’OMC è il luogo peggiore per legittimare lo sporco commercio di carbone del Sudafrica con Israele, compresa una massiccia iniezione di 170.000 tonnellate di carbone nella rete elettrica israeliana di poche settimane fa, il 27 settembre. Dopo aver impiegato più tempo del solito a causa della necessaria deviazione intorno alla costa dell’Africa occidentale per evitare le interruzioni del Mar Rosso, è stato consegnato ai sionisti il carbone che era partito dal porto di Richards Bay l’11 agosto, poco prima di una vibrante protesta del 22 agosto contro questo tipo di spedizioni presso la sede regionale di Johannesburg della famigerata Glencore, che si occupa di commercio di materie prime.
Altre proteste della società civile contro la Glencore e il suo principale alleato locale, l’African Rainbow Minerals (guidato dal cognato del presidente del Sudafrica), e al gruppo del capitalista Ivor Ichikowitz e al Consolato degli Stati Uniti (situati a un paio di isolati di distanza) sono imminenti. Queste manifestazioni collegheranno più strettamente la Palestine Solidarity Campaign e numerosi attivisti per la giustizia climatica.
I dibattiti su come affrontare il problema più ampio delle relazioni imperiali e sub-imperiali tra Occidente e BRICS+ sono iniziati qualche giorno fa, l’8 ottobre, con un webinar di un giorno dedicato al dissidente russo Boris Kagarlitsky. Alla conferenza hanno partecipato tra gli altri: Andrea Levy e Alina Chetaeva (per la Campagna di solidarietà internazionale Boris Kagarlitsky), Alex Callinicos, Ilya Budraitskis e una rappresentante di Feminist Anti-War Resistance, Ksenia Kagarlitskaya (la figlia di Boris), Adam Novak (Coordinatore della Rete europea di solidarietà con l’Ucraina), Ilya Matveev e Hanna Perekhoda.
In effetti, gli unici beneficiari dei regimi che – come Pretoria – sostengono il multilateralismo neoliberale in questo modo sono le multinazionali con sede in Occidente e nelle economie BRICS+, le stesse che nutrono Netanyahu. Se l’equilibrio militare delle forze continua a degenerare a favore di Israele e del suo Asse del Genocidio, allora saranno sempre più necessari movimenti di resistenza che esercitino la pressione del BDS sui BRICS+ che “benedicono” Israele.
* docente di sociologia all’Università di Johannesburg. L’articolo è apparso su counterpunch.org