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Ho letto con cura l’editoriale di Paolo Gianinazzi sulle pensioni IPCT: se ironia e sufficienza abbondano, le cifre scarseggiano (solo due, oltre il noto 4%). Provo a fornirne qualcun’altra, con qualche considerazione piana, per spiegare che non stiamo chiedendo la luna, ma semplicemente il giusto.

Diciamolo subito: gli assicurati IPCT di oggi avranno una pensione medio-bassa, a fronte di contributi tra i più alti in Svizzera. E la sottocopertura della cassa non è certo colpa loro.

Esiste infatti uno scarto imbarazzante tra quanto pagano in contributi ordinari e quanto ricevono sui loro averi di vecchiaia: alla pagina 18 dell’ultimo rapporto IPCT troviamo i contributi ordinari versati nel 2023 dai datori di lavoro (118,1 milioni) e dagli assicurati (106,9 milioni); alla pagina 38 gli accrediti totali versati agli assicurati (184,1 milioni). Sottraendo un prudente 2,5% del salario assicurato (copre rischi e costi), resta uno scarto di 15,4 milioni per il solo 2023.

Dal 2013 il divario ammonta a circa 163,8 milioni. Sono soldi pagati dagli attivi (a loro insaputa) per rifinanziare la cassa. «Tutto legale – dicono – tutto previsto dalla legge».

Nel messaggio del 2012 appare, un po’ nascosto, questo «margine sui contributi». Vero. Ma la «cresta» resta comunque ingiusta e pesante, poiché drena in modo massiccio ma opaco contributi che dovrebbero andare a risparmio.

Dal 2013 al 2024 l’1% del salario assicurato degli attivi è andato direttamente a rifinanziare la cassa. Per il 2023 sono 10,2 milioni (confronta rapporto 2023, pagina 18). Dal 2013 sono 100,9 milioni. «Ma dal 2025 questo contributo sparirà…». Giusto. La pressione dell’ErreDiPi ha reso indifendibile questa misura.

IPCT ha deciso, nel 2019, di ridurre le rendite di vedovanza. «Così risanano anche le pensionate…». Già, ma la riduzione toccherà, seppur in misura minore, anche attive e attivi. A quanto ammonta il taglio? A 179 milioni.

Ora la remunerazione degli averi di vecchiaia, pietra dello scandalo. L’IPCT lavora bene: investe i soldi degli assicurati e li fa fruttare correttamente. Cumulativamente la cassa ha guadagnato, dal 2013 al 2023, per il 44,5% del suo patrimonio (con il 2024 si supererà forse il 50%). Il suo CdA ha però riconosciuto agli assicurati solo il 15,20% (14,10% è stato il minimo LPP; 25,80% quanto accordato da casse pubbliche con percorso di «risanamento»). A quanto ammonta, in milioni, questa retribuzione al minimo legale per un decennio? Faremo i conti.

Nel frattempo, riassumiamo: malgrado un taglio delle rendite del 20% (2013), un altro taglio del 2% (dal 2025), un margine enorme sui contributi ordinari netti, un 1% del salario versato per 12 anni in «risanamento», una riduzione secca delle vedovili… si rifinanzia la cassa anche usando i 2/3 dei profitti generati dal denaro degli assicurati e delle assicurate. Quest’anno la cassa guadagnerà circa il 6%: la follia è risanare drenando in modo massiccio e opaco gli averi degli attivi, non chiedere, per un anno, il 4%.

*presidente di ErreDiPi. L’articolo è apparso sul Corriere del Ticino di venerdì 13 dicembre 2024.