Di fronte ai commenti di molti cittadini e cittadine, di fronte agli interrogativi posti dai media, di fronte alle prese di posizione e alle domande poste a livello parlamentare, ecco il duo Berger – Piatti cercare di dare spiegazioni.
Un tentativo fatto attraverso una serie di dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Regione lunedì 17 marzo; come sempre, dichiarazioni generiche e prive di qualsiasi elemento oggettivo, dimostrabile e valutabile. Un misto di menzogne e di una sorta di disprezzo accondiscendente verso poveri tapini che non capiscono cose “complicate” (gli abilitandi e le loro famiglie, ma diremmo, a questo punto, tutti i cittadini e le cittadine di questo Cantone).
Piatti e Berger cominciano mostrando un atteggiamento di commiserazione nei confronti dei giovani abilitandi. Costoro, secondo l’accoppiata Berger – Piatti, sbagliano poiché penserebbero – poveracci – che “iscriversi alla formazione del DFA/ASP sia sufficiente per avere da subito delle ore garantite, ma non è così”. Poveri stupidi e illusi: a tal punto che ci vien da chiederci, ma chi ha ammesso tali sprovveduti alla formazione per diventare docenti di scuola media-superiore?
La cosa appare ancora più grave alla luce del fatto – ci ricorda il duo alla testa di DECS e DFA – che “viene spiegato esplicitamente sia nelle giornate informative che sulle pagine pubbliche delle due istituzioni coinvolte, quindi Decs e Supsi, che l’ammissione e il conseguimento dell’abilitazione pedagogica presso il Dfa, analogamente ad altre formazioni di livello universitario, non garantiscono un posto di lavoro presso il Cantone”. Duri di comprendonio, costoro si iscrivono ai corsi di abilitazione convinti del contrario! Ma pensa un po’, che zucconi che non ascoltano e non leggono gli avvertimenti delle autorità.
Ma a non capire, a cadere in questo disguido, siamo tutti noi, il popolo bestia, al quale, sebbene i dotti dirigenti di DECS e DFA spieghino le cose in dettaglio, continuiamo a nutrire errate aspettative. Infatti, “in parte del senso comune rimane l’idea per cui la formazione di insegnante permetta l’accesso diretto a posti di lavoro nelle scuole comunali o cantonali”. Fantasie da “senso comune”, incomprensione generalizzata.
Fin qui il disprezzo per chi “non capisce”; poi vi sono le menzogne, spiegazioni che non spiegano nulla, anche perché non forniscono alcun dato concreto.
La più importante di queste “giustificazioni” rimanda allo scollamento che si sarebbe creato tra l’evoluzione della situazione e le previsioni effettuate in precedenza (evoluzione sfuggita ad un “monitoraggio costante e coordinato”). Così, “nel settembre 2023, come accade da molti anni, sulla base delle informazioni allora disponibili, è stata effettuata una previsione del possibile fabbisogno di docenti a partire dall’anno scolastico 2025/2026 e per gli anni successivi”. Detto altrimenti: abbiamo iniziato un corso con 13 abilitandi perché le nostre previsioni ci dicevano che avremmo avuto bisogno di un certo numero di insegnanti di italiano.
Ma poi ecco che cambia tutto: “alla luce delle scelte effettive dei giovani in uscita dalle scuole medie al termine dell’anno scolastico 2023/2024 e dei movimenti dei docenti già in carica durante l’estate del 2024, il fabbisogno stimato di nuovi docenti è calato, al punto da condurci, dopo approfondimento, alla decisione di non aprire la procedura di assunzione di nuovi docenti di italiano per le scuole medie superiori per l’anno scolastico 2025/2026”. A questi elementi si aggiungerebbero una serie di “varianti non prevedibili”, ricordando in particolare che “su un totale di oltre seicento docenti liceali attivi, molti dei quali a tempo parziale, ci possono essere partenze, richieste di variazione della percentuale di lavoro di docenti attivi, pre-pensionamenti, malattie, infortuni, maternità e altro ancora”.
Questi ultimi elementi qui richiamati sono una costante del corpo insegnante. Un serio monitoraggio dovrebbe permettere di rilevare e tenere nella giusta considerazione in una prospettiva previsionale la costanza di questi elementi, in particolare in uno spazio di tempo limitato. Appare difficile ipotizzare che il tasso di congedi per maternità, infortunio o malattia subiscano variazioni importanti nello spazio di due o tre anni.
Ad essere decisiva è l’evoluzione della “materia prima”, cioè l’evoluzione del numero di studenti e, su questa base, il numero di classi (di sezioni) che vengono formate.
Prendiamo gli ultimi cinque anni. Il numero di allievi e sezioni (tra liceo e SCC) ha avuto la seguente evoluzione (NB: per i primi tre anni i dati sono quelli pubblicati nella statistica ufficiale, per gli ultimi due sono i dati forniti dal DECS nelle conferenze stampa di inizio anno scolastico):
- Anno scolastico 2020/2021: 5057 studenti e 250 sezioni (188 nei licei e 62 alla SCC).
- Anno scolastico 2021/2022: 5064 studenti e 250 sezioni (191 nei licei e 59 alla SCC).
- Anno scolastico 2022/2023: 5149 studenti e 250 sezioni (195 nei licei e 55 alla SCC).
- Anno scolastico 2023/2024: 5220 studenti e 248 sezioni (196 nei licei e 52 alla SCC).
- Anno scolastico 2024/2025: 5130 studenti e 243 sezioni (191 nei licei e 52 alla SCC).
Questi dati ci spingono a tre osservazioni. La prima è che negli ultimi cinque anni scolastici (compreso quello in corso) il numero degli studenti nelle SMS è aumentato e non diminuito; la seconda è che vi è stata una sostanziale stabilità del numero di sezioni (classi), tranne l’anno in corso che, rispetto alla media degli anni precedenti, vede una flessione di sette sezioni. La terza è che per comporre l’orario completo di un docente di italiano (24 ore di insegnamento) ci vogliono quattro sezioni, il che significa che l’offerta di posti di insegnamento è calata mediamente di due unità.
Questi sono i dati: tutto il resto sono “spiegazioni” che non spiegano nulla, parole tese a giustificare un sistema e una gestione dello stesso che, da tempo, ha ormai mostrato i propri limiti.