Così si sono chiuse le Due Sessioni 2025 a Pechino: economia in rallentamento, controllo rafforzato, investimenti in AI e un’epurazione nell’esercito. La Cina si racconta stabile in un mondo caotico.
1. Il “Congresso DeepSeek” in un mondo turbolento
Le “Due Sessioni” del 2025 – ovvero le riunioni annuali del Congresso Nazionale del Popolo (una sorta di “camera dei deputati” cinese) e della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (paragonabile, per comodità di comprensione, a un “senato”, sebbene con poteri diversi) – si sono concluse ieri, 13 marzo, a Pechino con un’immagine della Cina che vorrebbe raccontarsi come isola di stabilità in un mondo sempre più caotico. Questi incontri istituzionali hanno offerto uno spaccato rivelatore delle priorità e delle contraddizioni che dominano l’attuale fase politica ed economica del gigante asiatico.
A differenza delle sessioni degli anni precedenti, caratterizzate da un’atmosfera piuttosto sopita e da un cerimoniale sempre più ritualizzato, quest’anno si è percepita un’energia inusuale, tanto che alcuni osservatori hanno ribattezzato la sessione del Congresso Nazionale del Popolo come il “Congresso DeepSeek”, dal nome della startup cinese di intelligenza artificiale che ha recentemente prodotto un modello di AI in grado di competere con i leader statunitensi. Questo entusiasmo per l’AI, tuttavia, non è riuscito a mascherare le profonde difficoltà strutturali dell’economia cinese, stretta tra una crisi immobiliare ancora irrisolta, la deflazione persistente, un consumo interno stagnante e la nuova guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump.
In tale contesto, l’atteggiamento della dirigenza cinese è apparso ambivalente. Da un lato, il premier Li Qiang ha presentato un quadro di moderato ottimismo, riproponendo un obiettivo di crescita “intorno al 5%” per il 2025 e annunciando misure per stimolare la domanda interna. Dall’altro, il regime ha continuato a privilegiare gli investimenti in tecnologia e sicurezza rispetto al miglioramento del benessere della popolazione, rivelando una chiara gerarchia di priorità in cui la “sicurezza del regime” prevale sullo sviluppo economico.
Particolarmente indicativa è stata l’enfasi posta sulla necessità di garantire allo stesso tempo la “sicurezza politica nazionale” e la “sicurezza del regime nazionale”, concetti che hanno dominato una sessione di studio del Politburo tenutasi il 28 febbraio, appena prima dell’apertura delle Due Sessioni. Sebbene i due termini possano sembrare simili, la loro distinzione è fondamentale per comprendere le attuali priorità della leadership cinese.
La sicurezza politica nazionale si riferisce alla stabilità del sistema politico cinese nel suo complesso. Questo concetto mira a proteggere l’ideologia ufficiale del Partito Comunista Cinese (PCC) e a prevenire ogni minaccia che possa mettere in discussione la legittimità del suo dominio. In questo ambito rientrano misure come il rafforzamento della propaganda di Stato, il controllo e la censura su internet, la repressione di movimenti ideologici alternativi e il contrasto all’influenza di potenze straniere che potrebbero cercare di promuovere modelli politici diversi da quello cinese. Il governo cinese, negli ultimi anni, ha accentuato queste misure attraverso un controllo sempre più stretto sulla società civile, sulle ONG e sui mezzi di informazione, con l’obiettivo di impedire qualsiasi deriva che possa minare l’unità ideologica del paese.
La sicurezza del regime nazionale, invece, ha un’accezione più specifica e si concentra sulla protezione diretta della leadership e del controllo esercitato dal Partito Comunista. Se la sicurezza politica riguarda la stabilità dell’ordine politico nel suo insieme, la sicurezza del regime è focalizzata sulla continuità del potere del PCC e, in particolare, sulla posizione di Xi Jinping e della sua cerchia di fedelissimi. Questo concetto implica il rafforzamento del controllo sulle élite politiche, sulle forze armate e sugli apparati di sicurezza, con l’obiettivo di evitare colpi di stato, dissidenze interne o movimenti di protesta su larga scala che potrebbero mettere in pericolo la tenuta del Partito. Le recenti epurazioni tra alti funzionari del PCC e tra i vertici militari – spesso giustificate con accuse di corruzione – possono essere lette proprio in questa chiave: un’azione preventiva per eliminare potenziali rivali e consolidare il potere di Xi.
L’inserimento di entrambi i concetti nel discorso ufficiale riflette una crescente insicurezza della leadership cinese, stretta tra pressioni interne ed esterne. Da un lato, il rallentamento economico, la crisi del settore immobiliare e l’aumento della disoccupazione giovanile stanno generando un malcontento diffuso, che potrebbe tradursi in instabilità sociale. Dall’altro, la competizione strategica con gli Stati Uniti e il rafforzamento delle misure occidentali contro il settore tecnologico cinese stanno spingendo Pechino a blindare ulteriormente il proprio sistema politico. Il fatto che il Politburo abbia dedicato una sessione di studio a questi temi proprio alla vigilia delle Due Sessioni indica chiaramente che la stabilità del regime è una priorità assoluta per il 2025, e che la leadership non esiterà a rafforzare i controlli interni per garantirla.
Nel complesso, le Due Sessioni del 2025 hanno confermato che la Cina si trova in una fase di transizione complessa, in cui le ambizioni tecnologiche si scontrano con i limiti strutturali dell’economia, mentre il regime tenta di mantenere stabilità e controllo in un contesto globale sempre più ostile.
2. I grandi temi economici: cautela e ambivalenza
Il messaggio centrale delle Due Sessioni 2025 in ambito economico è stato caratterizzato da un’ambivalenza di fondo: da un lato l’ottimismo ufficiale con l’obiettivo di crescita del Pil confermato “intorno al 5%”, dall’altro la cautela evidente nelle misure concrete adottate. (Va tenuto presente che in generale molti degli indicatori forniti dal Partito Comunista sono ampiamente aleatori, scarsamente o per nulla documentati e sempre più messi in dubbio dagli esperti più attenti – questo vale sia per la crescita del PIL, in realtà quasi di sicuro molto più bassa, sia per il deficit o per la spesa militare, pressoché certamente molto più alti dei dati ufficiali).
L’innalzamento del deficit fiscale ufficiale al 4% del PIL rappresenta un cambiamento significativo rispetto alla tradizionale soglia del 3%, e segnala la disponibilità del governo a superare una storica “linea rossa” finanziaria. Questa mossa, tuttavia, appare più simbolica che sostanziale. Nonostante le dichiarazioni enfatiche sul rilancio dei consumi domestici – con il termine “consumo” menzionato ben 32 volte nel rapporto di Li Qiang, un record – le misure concrete per stimolare la domanda interna rimangono timide e insufficienti. La realtà dei dati racconta una storia diversa dalla narrazione ufficiale. Nell’ultima metà del 2024, la spesa per consumi ha rappresentato meno del 30% della crescita del PIL cinese, il livello più basso da oltre un decennio (escludendo il periodo Covid). I sussidi per la sostituzione di elettrodomestici e automobili hanno avuto un impatto positivo ma marginale, portando la crescita delle vendite al dettaglio a circa il 4% alla fine del 2024 – meglio del destabilizzante 2-3% registrato durante l’estate, ma ancora insufficiente per una vera ripresa.
L’allocazione delle risorse rivela le vere priorità: dei circa 250 miliardi di dollari in obbligazioni speciali che verranno emesse dal governo centrale, solo circa 42 miliardi di dollari saranno destinati a programmi di incentivi al consumo. La maggior parte andrà a finanziare l’aggiornamento delle attrezzature industriali, il settore manifatturiero ad alta tecnologia e la ricapitalizzazione bancaria. Anche i circa 610 miliardi di dollari in obbligazioni emesse dai governi locali saranno principalmente diretti verso infrastrutture e ripagamento dei debiti verso le aziende, non verso misure per stimolare i consumi.
Il mercato immobiliare, motore tradizionale dell’economia cinese, rimane un punto critico. Per la prima volta, Li Qiang ha utilizzato un linguaggio diretto per descrivere la crisi, dichiarando che il governo “arresterà il declino e ripristinerà la stabilità nel mercato immobiliare” – una formulazione più esplicita rispetto al vago riferimento alla “riduzione dei rischi nel settore immobiliare” dell’anno precedente. Le misure adottate negli ultimi sei mesi – tagli ai tassi sui mutui, riduzione degli acconti richiesti, allentamento delle restrizioni sulla proprietà e sostegno agli sviluppatori immobiliari statali – sembrano aver arrestato il crollo dei prezzi, ma la fiducia dei consumatori rimane molto bassa.
In questo contesto si profila quello che potremmo definire un “clash of mercantilisms” tra Cina e Stati Uniti. Le politiche cinesi, nonostante la retorica sul consumo interno, puntano sostanzialmente a mantenere intatto il proprio enorme surplus commerciale. Nel frattempo, l’amministrazione Trump mira a trasformare il deficit commerciale americano in un surplus. Nessuna delle due superpotenze sembra disposta ad assumere il ruolo di “consumatore di ultima istanza” per l’economia globale, creando un pericoloso vuoto di domanda.
La cautela economica di Pechino è amplificata dall’imprevedibilità di Trump. I dazi americani sulle merci cinesi sono aumentati significativamente con la nuova amministrazione, creando ulteriore pressione sull’economia cinese. L’incertezza su future misure ostili ha indotto la Cina a mantenere un approccio attendista, come esplicitamente dichiarato dal ministro delle Finanze Lan Fo’an durante una seduta del Congresso Nazionale del Popolo, affermando la necessità di “preservare spazio di manovra politica per affrontare le incertezze provenienti sia da fonti interne che esterne”. Un ulteriore fattore limitante è la “ansia da bilancio”: il debito del governo centrale si avvicina al 100% del PIL, mentre i governi locali, con un debito ufficiale più modesto (30% del PIL), soffrono di una fragilità finanziaria accentuata dal crollo del mercato immobiliare, che ha ridotto drasticamente i loro introiti legati alla vendita di terreni.
3. La centralità del settore tecnologico e delle nuove forze produttive di qualità
Se il rilancio dei consumi è stato più retorico che sostanziale, ben diverso è stato l’approccio verso la tecnologia, vera stella polare di quella che dovrebbe essere la crescita cinese post-2025 secondo il regime. La tecnologia ha dominato i dibattiti sia pubblici che a porte chiuse, con i quadri del Partito di diverse regioni impegnati a presentare i propri territori come potenziali hub dell’AI. Questo fervore ricorda l’interesse per l’energia solare e i veicoli elettrici degli anni passati, quando i governi regionali si sono affannati a costruire capacità in quei settori – portando a sovraccapacità e a una concorrenza feroce tra aziende che ha minato la redditività, ma assicurando al contempo la posizione della Cina come leader in entrambi i settori.

Il budget del governo centrale per il 2025 prevede un aumento dell’8,3% della spesa per il settore tecnologico – significativamente superiore all’incremento per la spesa fiscale generale (6,9%) e superiore a quello destinato al welfare sociale. Il Congresso ha inoltre annunciato la creazione di un fondo di orientamento per le startup tecnologiche da 1 trilione di yuan (138 miliardi di dollari), con l’obiettivo di sviluppare l’AI e la tecnologia quantistica. Il budget riflette la focalizzazione tecnologica, con fondi destinati alla ricerca su semiconduttori, intelligenza artificiale, tecnologia quantistica e altri settori strategici. È particolarmente significativo che Li Qiang abbia menzionato il termine “tecnologia” 29 volte nel suo rapporto, superato solo dalle 32 menzioni del “consumo”.
L’ascesa di DeepSeek, insieme all’emergere dell’agente Manus AI capace di eseguire compiti complessi del mondo reale, ha puntato i riflettori sui progressi cinesi nell’AI e attratto nuovamente gli investitori nei mercati azionari di Hong Kong e della Cina continentale. Nelle ultime settimane, le azioni cinesi hanno registrato la loro migliore performance durante le sessioni annuali dal 2018, con l’indice MSCI China in rialzo del 3% nonostante le recenti flessioni.
Il modello cinese di sviluppo tecnologico presenta però contraddizioni intrinseche. Mentre Pechino idealizza uno sviluppo su piccola scala e decentralizzato, i metodi che predilige sono spesso su larga scala, centralizzati e strettamente diretti. I regolatori nazionali sembrano tentare un’evoluzione, passando dall’identificazione di settori favoriti a un ruolo di investitore paziente e a lungo termine, focalizzato in fase iniziale su investimenti in piccole aziende che lavorano su tecnologie sfidanti.
La spinta tecnologica si scontra però con le restrizioni imposte dagli Stati Uniti. Durante le Due Sessioni, diversi delegati hanno lamentato come il “soffocamento tecnologico americano” stia creando problemi di accesso a una potenza di calcolo adeguata per pionieri dell’AI come DeepSeek. Zhang Yunquan, membro della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese ed esperto dell’Accademia Cinese delle Scienze, ha affermato che la Cina investirà più fondi, talenti e team nello sviluppo dei propri chip di calcolo ad alte prestazioni, precisando che “prima o poi supereremo il collo di bottiglia della potenza di calcolo”.
Questo focus sulla tecnologia rappresenta per la Cina non solo una strategia economica, ma anche una risposta al caos globale. Mentre Trump adotta un approccio imprevedibile e conflittuale, la Cina si presenta come fonte di stabilità e innovazione in un mondo turbolento. Come enfatizzato dal ministro degli Esteri Wang Yi durante le Due Sessioni, “il mondo oggi è intessuto di tumulti, e la certezza sta diventando una risorsa sempre più scarsa a livello globale. La diplomazia cinese si schiererà fermamente dalla parte giusta della storia e dalla parte del progresso umano. Forniremo certezza a questo mondo incerto.”
4. Sicurezza nazionale e questioni militari
L’epurazione in corso nell’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) ha gettato un’ombra inquietante sulle Due Sessioni di quest’anno. La delegazione militare al Congresso Nazionale del Popolo si è notevolmente ridotta, arrivando a soli 267 membri rispetto ai 281 del 2023. Quattordici alti ufficiali sono stati rimossi a causa di indagini per corruzione, e la diminuzione dei membri militari è stata più consistente rispetto a qualsiasi altra delegazione provinciale, governativa o industriale rappresentata nel CNP.
Questa purga, iniziata nel 2023 con la rimozione del comandante della Forza Missilistica e del suo vice, si è estesa in una seconda ondata che ha colpito quattro generali, otto tenenti generali e due maggiori generali. Anche tre dirigenti dell’industria aeronautica sono stati espulsi dalla Conferenza Consultiva. Particolarmente significativo è il caso di Tan Ruisong, ex segretario di partito e presidente della Aviation Industry Corporation of China (AVIC), accusato di “sfruttare l’industria militare” per arricchimento personale.
L’aumento del 7,2% della spesa per la difesa – che porta il budget militare ufficiale a circa 1.780 miliardi di yuan (circa 245 miliardi di dollari Usa) – merita un’analisi approfondita. Questo incremento, in linea con la media dell’ultimo decennio, supera l’aumento complessivo della spesa pubblica centrale (6,9%), evidenziando le priorità strategiche di Pechino. Tuttavia, in un contesto di deflazione e crescita nominale lenta, questo aumento percentuale rappresenta un impegno reale maggiore rispetto agli anni precedenti. Gli esperti occidentali stimano che la spesa militare effettiva cinese sia dal 30% al 90% superiore alle cifre ufficiali. Il mantenimento dell’arsenale di equipaggiamenti in espansione rappresenta un costo persistente che graverà sul bilancio cinese “per diversi decenni”, come evidenziato dalle discussioni interne.

Ciò che appare più significativo, però, è il messaggio politico sottostante. Durante il suo discorso ai comandanti militari nel giugno scorso, Xi Jinping ha espressamente dichiarato: “Dobbiamo sostenere la leadership assoluta del partito sull’esercito. La canna del fucile deve sempre essere nelle mani di coloro che sono leali al partito e affidabili”. Questa dichiarazione, che riecheggia il famoso detto di Mao Zedong secondo cui “il potere politico nasce dalla canna del fucile”, rivela che la purga è meno legata alla corruzione reale e più al consolidamento del controllo personale di Xi sulle forze armate.
Ironicamente, questa campagna anticorruzione ha avuto effetti negativi sul morale e potenzialmente sulla capacità operativa del PLA, minando la preparazione militare proprio mentre la retorica su Taiwan si intensifica. Come ha osservato un analista militare, Xi potrebbe essere riluttante a intraprendere azioni militari rischiose se non può garantire che il PLA sia in grado di prevalere in un conflitto.
5. La risposta alle politiche di Trump e al contesto internazionale
Le Due Sessioni si sono svolte sullo sfondo di un contesto internazionale sempre più ostile, segnato in particolare dalla ripresa della guerra commerciale con gli Stati Uniti. Letteralmente il giorno prima dell’apertura del CNP, l’amministrazione Trump ha imposto un ulteriore dazio del 10% su tutte le importazioni cinesi, portando l’onere tariffario medio sui prodotti cinesi a circa il 34%.
La risposta cinese è stata misurata ma decisa: dazi di ritorsione fino al 15% su prodotti agricoli americani chiave come grano, mais, soia e carne bovina, oltre all’inserimento di più aziende statunitensi nella lista nera che limita le loro interazioni con le imprese cinesi. La dichiarazione dell’ambasciata cinese a Washington è stata particolarmente pungente: “Se la guerra è ciò che gli USA vogliono, sia essa una guerra tariffaria, una guerra commerciale o qualsiasi altro tipo di guerra, siamo pronti a combattere fino alla fine”.
Nonostante questa retorica combattiva, come abbiamo già menzionato la Cina ha scelto di presentarsi al mondo come un’isola di stabilità in un panorama internazionale caotico. Questa contrapposizione tra la “stabilità cinese” e il “caos trumpiano” non è casuale, ma rappresenta un calcolo strategico per posizionare la Cina come partner affidabile, soprattutto per i paesi del “Sud globale”. L’espansione dei BRICS e il rafforzamento di partnership “eque, aperte e cooperative” con le economie emergenti costituiscono un tentativo di costruire un blocco alternativo all’influenza occidentale.
Questo approccio cauto, già espresso dal ministro delle finanze nelle discussioni precedenti, suggerisce una strategia di attesa: Pechino preferisce conservare le proprie risorse di bilancio per rispondere a eventuali escalation future.
6. Le questioni sociali e di governance interna
La stabilità sociale è emersa come preoccupazione sottostante nelle discussioni durante le Due Sessioni, particolarmente in seguito a diversi inquietanti episodi di violenza di massa verificatisi nel 2024. La Procura Suprema del Popolo ha fatto l’inusuale passo di menzionare nel suo rapporto esplicitamente per nome due uomini condannati per atti di violenza di massa nelle città meridionali di Zhuhai e Wuxi, mostrando l’attenzione delle autorità per il mantenimento dell’ordine pubblico.
Il mercato immobiliare, una volta epicentro del rischio sistemico per l’economia cinese, sta mostrando timidi segnali di stabilizzazione grazie agli interventi governativi degli ultimi sei mesi già descritti precedentemente. La trasformazione del mercato immobiliare da volano della crescita a potenziale fonte di instabilità sociale ha alimentato un cambiamento di prospettiva nella governance economica cinese. Il governo sta tentando di bilanciare la necessità di stabilizzare il settore con la determinazione a non ricreare una bolla speculativa.
Le Due Sessioni hanno affrontato temi chiave di natura sociale, tra cui alcuni limitati aspetti dei diritti dei lavoratori, la regolamentazione dell’AI e la protezione dei minori. Tra le proposte più dibattute figurano l’abolizione della discriminazione per età nell’occupazione, il riconoscimento del lavoro online fuori orario come straordinario e misure più severe contro gli abusi sui minori. Nel settore sanitario, si è discusso del riconoscimento reciproco delle diagnosi tra istituzioni mediche, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e favorire lo sviluppo dell’AI in ambito medico.

Tali misure riflettono un tentativo di affrontare alcune preoccupazioni sociali espresse dai cittadini, anche se molti osservatori rimangono scettici sulla reale portata delle riforme proposte in assenza di un sostegno economico più sostanziale al settore dei consumi. La tensione tra la necessità di stimolare la domanda interna e la riluttanza ad aumentare significativamente la spesa sociale rimane irrisolta.
7. Conclusioni: una Cina che cerca stabilità in un contesto turbolento
Le Due Sessioni del 2025 si sono svolte in un momento particolarmente complesso per la Cina, caratterizzato dalla convergenza di sfide interne ed esterne. La valutazione realistica delle prospettive economiche cinesi per il 2025 suggerisce cautela: la crescita del 5% annunciata appare più come uno slogan politico che un dato che ha fondamento nella realtà, considerati i problemi strutturali irrisolti, la deflazione persistente e le crescenti tensioni commerciali con gli Stati Uniti.
L’economia cinese si trova intrappolata in un paradosso: mentre il governo centrale riconosce la necessità di stimolare i consumi, le misure annunciate risultano insufficienti per un cambio di rotta decisivo. L'”ansia di bilancio” del governo centrale (con un debito già vicino al 100% del PIL) e la fragilità finanziaria dei governi locali (dipendenti dai ricavi legati al settore immobiliare in crisi) limitano la volontà di fornire uno stimolo più robusto. Il risultato è quello che potremmo definire una “prudenza calcolata”, che potrebbe non essere sufficiente per affrontare le sfide imminenti.
Le contraddizioni strutturali dell’economia cinese rimangono irrisolte: sviluppo contro sicurezza, tecnologia contro controllo, stimolo contro stabilità. Come ho già osservato, l’enfasi sulla “sicurezza del regime” come priorità suggerisce che, di fronte a queste tensioni, la leadership privilegi il controllo politico sulla liberalizzazione economica. Questo compromette la capacità della Cina di risolvere problemi come l’invecchiamento demografico, la crisi immobiliare e la fuga di capitali esteri.
Nel contesto geopolitico, la Cina sta tentando di posizionarsi come “fornitrice di certezze in un mondo incerto”, contrapponendosi all’imprevedibilità dell’amministrazione Trump. Questo messaggio, ripetuto dal ministro degli Esteri Wang Yi, è rivolto soprattutto al “Sud globale”, che Pechino corteggia attraverso l’espansione dei BRICS e il rafforzamento dell’iniziativa Belt and Road. Tuttavia, l’assenza di una strategia chiara su come sfruttare le opportunità create dall’approccio aggressivo di Trump verso paesi terzi rivela una mancanza di visione strategica a lungo termine.
Il “congresso DeepSeek” ha mostrato la priorità accordata alla tecnologia, con l’AI diventata il nuovo terreno di competizione con gli Stati Uniti. L’approccio centralizzato alla promozione dell’innovazione tecnologica potrebbe però rivelarsi controproducente: come osservato da alcuni analisti, mentre Pechino idealizza uno sviluppo decentrato su piccola scala, i metodi che preferisce sono spesso centralizzati, su larga scala e strettamente controllati.
In conclusione, la Cina del 2025 appare come un paese in cerca di stabilità in un mondo turbolento, ma frustrato dalle proprie contraddizioni interne. La “filosofia della prudenza calcolata” di Xi Jinping potrebbe non essere sufficiente a navigare le acque tempestose che si profilano all’orizzonte. Le implicazioni per l’equilibrio geopolitico globale sono significative: se la Cina non riuscirà a rivitalizzare la propria economia e ad aumentare i consumi interni, il “clash of mercantilisms” con gli Stati Uniti di Trump potrebbe innescare ulteriori tensioni commerciali e rallentare la crescita globale, con ripercussioni particolarmente negative per i paesi in via di sviluppo che hanno legato il proprio destino economico alla locomotiva cinese.
*articolo apparso sul blog substack.com il 14 marzo 2025.