Barattare il rispetto dei diritti sindacali per un piatto di lenticchie?

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Con il progetto di un nuovo accordo tra la Svizzera e l’Unione europea, si pone la questione della garanzia dei diritti sindacali fondamentali. In caso contrario, la deriva populista continuerà.

Diritti sindacali

Sotto la spinta della cosiddetta competitività, il padronato moltiplicherà le sue offensive sul tempo e l’intensità del lavoro, la durata della cosiddetta vita attiva, la limitazione dei salari reali, in particolare in relazione alla produttività del lavoro e dei licenziamenti. Una realtà socio-politica che assume particolare rilevanza nel contesto che fa da cornice ai negoziati della Svizzera con l’Unione europea (Bilaterali III).

Senza diritti sindacali, però, è impossibile combattere queste offensive. Tra le misure richieste dai delegati dell’Unione sindacale svizzera (USS)1 per garantire la protezione dei salari e il servizio pubblico figura la seguente rivendicazione: «Se i lavoratori che si impegnano per i diritti dei loro colleghi e delle loro colleghe sono meglio protetti contro il licenziamento, la protezione dei salari sarà sicuramente migliore. A tal fine è necessario un rafforzamento della protezione contro il licenziamento, in conformità con le norme minime prescritte dalla Convenzione fondamentale n. 87 dell’OIL».

Per contestualizzare la questione, è necessario fare il punto sugli ostacoli che questa rivendicazione fondamentale ha incontrato in passato e su quelli che ancora oggi sono molto presenti.

A) Un presente radioso?

Tra il 2000 e il 2021, il tasso di copertura dei contratti collettivi di lavoro (CCL) delle persone che lavorano in Svizzera è aumentato dal 40,9% al 49,6%2. Si tratta senza dubbio di un dato positivo, anche se alcuni CCL si limitano a riprodurre le disposizioni del Codice delle obbligazioni (CO) – assai permissivo in materia di diritti dei datori di lavoro – o escludono dal loro campo di applicazione le persone che lavorano a tempo determinato o con un contratto a tempo determinato, il cui numero è in costante aumento dall’inizio degli anni ’903.

Ma c’è qualcosa di ancor più grave: questo aumento è stato accompagnato da un’erosione della presenza sindacale attiva sui luoghi di lavoro. Il licenziamento troppo frequente dei rappresentanti eletti dei lavoratori, facilitato dalla protezione inesistente o irrisoria offerta dal diritto del lavoro svizzero4, è uno dei fattori di questo declino. La minaccia di un licenziamento senza rimedio scoraggia molti militanti e i candidati pronti ad impegnarsi negli organismi elettivi del personale. Per avere un’idea della situazione, immaginiamo una situazione nella quale un inquilino che contesta un aumento dell’affitto venga minacciato di perdere immediatamente il proprio alloggio! I militanti impegnati che sopravvivono a tali posizioni di responsabilità devono spesso esercitare una grande cautela nell’esercizio di diritti pur legittimi.

L’aumento del tasso di copertura da parte di un CCL è quindi accompagnato da un calo del tasso di sindacalizzazione (numero di persone sindacalizzate in proporzione alla popolazione salariata totale). Se l’assenza di protezione delle persone di fiducia dei lavoratori non è l’unica causa di questo calo, è comunque una delle più importanti.

A ciò si aggiunge la crescente dipendenza finanziaria dei sindacati svizzeri dai cosiddetti contributi di solidarietà5. Questa dipendenza fa sì che la disdetta di un CCL, seguita da un lungo vuoto contrattuale – in assenza di un’adeguata capacità di lotta – potrebbe mettere a repentaglio l’esistenza di uno o più sindacati. Questi contributi sono quindi una droga che minaccia l’esistenza di organizzazioni vitali per i lavoratori.

B) Dodici mesi di indennità, nella realtà dei tribunali sei mesi al massimo, una semplice elemosina per Tamedia & Co

Nel novembre 2006, il Comitato per la libertà sindacale, nell’ambito dell’Organo internazionale del lavoro (OIL), oggi insostituibile, ha chiesto al Consiglio federale «di adottare misure volte a garantire lo stesso tipo di protezione ai rappresentanti sindacali vittime di licenziamenti antisindacali e a quelli vittime di licenziamenti che violano il principio della parità di trattamento tra uomini e donne [articolo 10 della Legge sulla parità, LEg], compresa la possibilità di reintegrazione, tenendo conto dei principi fondamentali sopra menzionati e in conformità con le Convenzioni n. 87 e 98 ratificate dalla Svizzera». Questa grave lacuna giustifica il fatto che la Svizzera sia inserita nella lista nera dell’OIL.

Infatti, sebbene il diritto svizzero offra in teoria una (assai scarsa) protezione, come scriveva l’USS nel 2012: «Il problema è che oggi il tribunale accetta motivi economici come « giustificato motivo » [di licenziamento]; di conseguenza, la protezione estesa è praticamente priva di valore».

L’USS ha proseguito citando l’esempio di un licenziamento pronunciato da Gruppo Tamedia6: «Un datore di lavoro riconosciuto colpevole di licenziamento abusivo non è tenuto a riassumere la persona in questione e l’indennità a cui può essere condannato non può superare l’importo corrispondente a sei mesi di stipendio. Inoltre, i tribunali raramente vanno oltre i tre mesi. In altre parole, un’azienda che non vuole sapere nulla della partnership sociale e della libertà sindacale [garantita dalla] Costituzione federale potrà sbarazzarsi del proprio personale sindacalizzato per poche migliaia di franchi».

Il 31 gennaio 2025, l’Assemblea dei delegati dell’USS ha deciso la rivendicazione citata all’inizio del presente testo.

È tuttavia evidente che l’aumento dell’indennità massima in caso di licenziamento antisindacale da sei a dodici mesi, recentemente evocato dalla stampa7, non soddisfa in alcun modo le «norme minime dell’OIL» (Convenzioni 87 e 98, entrambe vincolanti per la Svizzera). Inoltre, credere che anche dodici mesi di indennità possano avere un effetto dissuasivo su Tamedia, Blocher & Co e su ampi settori del padronato è semplicemente ridicolo.

C) Scioperare «troppo a lungo» per difendere il proprio CCL?

I sindacati sottolineano giustamente l’importanza dei CCL per la protezione dei lavoratori. Ma cosa succede quando un datore di lavoro disdice un CCL e i lavoratori scioperano per difenderlo? In una sentenza del 2019, il Tribunale federale ha deciso che possono scioperare, ma «non troppo a lungo», non per un periodo «sproporzionato»8! In caso contrario, possono essere licenziati con effetto immediato e con il rischio di sanzioni in caso di disoccupazione! Tuttavia, come ha sottolineato il Tribunale federale del lavoro tedesco9, la negoziazione di un contratto collettivo senza diritto di sciopero è solo mendicità organizzata, «kollektives Betteln». Basterà quindi, a un datore di lavoro svizzero, aspettare un po’ di tempo per imporre tutte le condizioni di lavoro che desidera ottenere… Viva quindi la libertà sindacale in Svizzera, «garantita» dal Tribunale federale!

D) La tattica dei datori di lavoro svizzeri nei confronti dei sindacati

Come di consueto, i datori di lavoro svizzeri accompagnano la loro «concessione» di aumentare a dodici mesi l’indennità per licenziamento antisindacale con attacchi contro i salariati, due dei quali particolarmente gravi.

1.Poiché cinque cantoni hanno introdotto un salario minimo10, i partiti borghesi hanno votato una mozione che mira a consentire salari minimi, se previsti da contratti collettivi di lavoro, inferiori ai minimi cantonali. Contro il parere del Consiglio federale, nel dicembre 2022, il Parlamento ha approvato una mozione del deputato del Centro di Obwalden, l’esperto fiscale Ettlin, socio dello studio di revisione BDO di Zurigo, che chiede una modifica della legge sull’estensione dei contratti collettivi di lavoro (LECCT). Il Consiglio federale ha appena dato seguito a tale richiesta proponendo una modifica della LECCT che prevede la possibilità di estendere (rendere obbligatori) i salari minimi dei CCL inferiori a quelli previsti dalle leggi cantonali. Ciò in nome di quel «partenariato sociale» che calpestano tutto l’anno con la benedizione dei tribunali…

2.Inoltre, poiché i tribunali hanno deciso11 che gli autisti Uber che operano in particolare a Ginevra beneficiano di un contratto di lavoro e che il loro datore di lavoro deve rispettare gli obblighi che ne derivano, in particolare in materia di protezione sociale e condizioni di lavoro, il verde-liberale Jürg Grossen ha depositato un’iniziativa parlamentare che lascia la determinazione dello status di lavoratore autonomo o dipendente «alla libera scelta delle parti»12. Il signor Grossen è un imprenditore nel settore dell’elettricità, con circa 40 dipendenti13. Non è dato sapere se egli sia a conoscenza del «grado di libertà» dei conducenti Uber nei Cantoni di Ginevra o Vaud, dove il lavoro di alcuni «lavoratori autonomi» arrivava fino a cento ore settimanali, tanto che uno di loro si è addormentato al volante in autostrada, andando a sbattere contro un guardrail14. Una parte di loro, frontalieri, prima di lavorare in Svizzera disponevano solo del reddito di solidarietà attiva (RSA), il cui importo base è di 635,70 euro mensili per una persona sola senza figli. La formazione del signor Grossen gli consentirà forse di comprendere che un reddito di questo ordine limita notevolmente il «grado di libertà» del suo beneficiario.

È ovvio che l’entrata in vigore di uno dei due progetti sopra citati favorirebbe il dumping salariale e renderebbe impossibile qualsiasi sostegno del movimento sindacale all’accordo con l’Unione europea (UE).

Alla luce di questi due esempi, la tattica dei datori di lavoro svizzeri nei confronti dei sindacati rimane sempre la stessa: «Ho deciso di tagliarti entrambe le braccia. Se non protesterai, te ne lascerò uno».

E) Non esiste una libera circolazione dei lavoratori degna di questo nome se non è sostenuta da diritti sindacali e sociali

In caso contrario, imperversa la concorrenza individuale tra lavoratori divisi per nazionalità, luogo di residenza, status giuridico, genere ed età; questa concorrenza è stimolata e sfruttata dal veleno xenofobo dell’UDC e dai suoi epigoni borghesi e piccolo-borghesi, che approfondiscono le divisioni e indeboliscono ulteriormente il mondo del lavoro dipendente.

Di conseguenza, devono essere soddisfatte le seguenti rivendicazioni minime, senza le quali l’accordo con l’UE rischia di rafforzare le forze reazionarie e xenofobe15, come ha dimostrato la votazione del febbraio 2014:

  1. rispettare la raccomandazione del Comitato per la libertà sindacale del novembre 2006;
  2. garantire il diritto di sciopero e la tutela della libertà sindacale inserendo nel Codice delle obbligazioni:
  • che nessun motivo o pretesto economico può giustificare il licenziamento di un delegato sindacale eletto dai propri colleghi di lavoro;
  • che ai rappresentanti eletti del personale deve essere applicata una protezione equivalente a quella prevista dall’articolo 10 della legge sulla parità, compresa la possibilità di reintegrazione. Come già previsto dalla legge sulla parità tra uomo e donna (LEg), il licenziamento antisindacale abusivo di un rappresentante eletto del personale o di un delegato sindacale deve poter essere annullato dai tribunali. Allo stesso modo, il giudice deve poter ordinare la reintegrazione provvisoria immediatamente dopo l’avvio del procedimento.
  • che in nessun caso la durata di uno sciopero può renderlo illegale.

Le concessioni fatte dai datori di lavoro e dal Consiglio federale sono un piatto di lenticchie, per di più indigesto, che il movimento sindacale deve affrettarsi a rinviare al mittente. Qualsiasi lotta efficace contro le offensive padronali citate all’inizio del presente documento dipende infatti dall’effettiva possibilità di esercitare tutti i diritti sindacali.

1. Berna, 31 gennaio 2025: posizione dell’USS sul risultato dei negoziati sui Bilaterali III, «Salari sicuri e mantenimento di un buon servizio pubblico!».
2. Hans BAUMANN, work, 14 maggio 2024.
3. Cfr. in particolare Il lavoro temporaneo in Svizzera, importanza, abusi e rivendicazioni sindacali, luglio 2019, Daniel Lampart e Joël Bühler.
4. Per alcuni esempi, cfr. in particolare il
Libro nero dei licenziamenti abusivi pubblicato dall’USS nel 2012.
5. Importi prelevati dalle aziende sui salari dei lavoratori non sindacalizzati e versati ai sindacati.
6. Libro nero dei licenziamenti abusivi, pag. 12.
7. Cfr. ad esempio NZZ del 20 febbraio 2025.
8. DTF 4A_64/2018 del 17 dicembre 2018. Come giustamente sottolinea Eleonor Kleber, «L’esigenza di proporzionalità nella fase di esercizio dello sciopero, se intesa in senso stretto, può svuotare di contenuto il principio della liceità dello sciopero», cfr. il Commentario romando della Costituzione federale del 1999, N 33 ad art. 28 Cost. Nel 1899, prima che il diritto di sciopero fosse menzionato nella Costituzione, il Tribunale federale lo riconosceva già! Cfr. a questo proposito Andermatt, in Droit collectif du travail, N 4, p. 8, con riferimento alla DTF 25 II 800. La giurisprudenza borghese sta facendo passi indietro.
9. Si veda ancora di recente la sentenza 1 AZR 611/11 del 20 novembre 2012, che cita una sentenza della Corte costituzionale del 6 maggio 1964.
10. Ginevra, Neuchâtel, Giura, Ticino e Basilea Città.
11. ATF 2C_34/2021 del 30.05.2022.
12. L’articolo 12 della legge federale sulla parte generale del diritto delle assicurazioni sociali sarà completato dal seguente nuovo capoverso 3: Art. 12… Capoverso 3 La distinzione tra persone che esercitano un’attività lucrativa indipendente e lavoratori dipendenti è stabilita tenendo conto del grado di subordinazione dal punto di vista organizzativo, del rischio imprenditoriale e degli eventuali accordi stipulati tra le parti.
13. aargauerzeitung.ch/schweiz/jurg-grossen-folgt-als-glp-prasident-auf-martin-baumle-ld.1447738.
14. tdg.ch/exploites-des-chauffeurs-uber-ont-perdu-de-largent-en-travaillant-378867121794.
15. L’indebolimento, se non addirittura la scomparsa, della presenza sindacale nelle aziende è stato un fattore importante nel rafforzamento dell’AfD negli Stati della Germania orientale.

*Christian Dandrès, Nils de Dardel e Romolo Molo sono rispettivamente consigliere nazionale, ex consigliere nazionale ed ex presidente di una commissione del personale dell’industria. Questo articolo è apparso sul quotidiano romando Le Courrier.

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