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Già da qualche tempo ormai è difficile pensare al primo maggio come a un giorno di festa. Le notizie che giungono periodicamente e costantemente dal mondo del lavoro non sono certo di quelle che mettono allegria.

Ne sanno qualcosa i 1250 lavoratori della Merk Serono di Ginevra. Il gruppo farmaceutico tedesco ha infatti annunciato la chiusura del sito ginevrino prevedendo la cancellazione di 500 posti di lavoro e il trasferimento di altri 750 in Germania e negli Stati Uniti. Inoltre il gruppo prevede una ristrutturazione anche nel canton Vaud con la soppressione di almeno 80 impieghi. Infine, in questo triste elenco, vanno anche aggiunti gli oltre 60 dipendenti che fanno le pulizie, si occupano dello stabile e dei servizi postali nella sede ginevrina della Merk Serono e che sono alle dipendenze di una ditta subappaltatrice, il cui destino è ancora incerto.
Questa triste e drammatica vicenda ci insegna alcune cose importanti.
In primo luogo mostra molto bene come funzionano e su quali criteri agiscono le grandi multinazionali. La Merk Serono nasce nel 2006 dalla fusione fra le due maggiori società del settore, la tedesca Merck KGaA e la svizzera Serono di proprietà della famiglia Bertarelli. Bertarelli riceve per questa fusione oltre 10 miliardi di euro e si disinteressa così completamente del destino dell’azienda appartenuta per molti anni alla sua famiglia. Oggi, senza porsi troppi problemi, e a causa di errori di gestione e di organizzazione, l’azienda decide e annuncia la soppressione di migliaia di posti di lavoro a fronte di un utile di 745 milioni di franchi. Quello che conta a questo punto è solo il profitto e la possibilità di distribuire agli azionisti dividendi sempre maggiori senza curarsi delle conseguenze che questo possa provocare a medio lungo termine. E come sempre sono i lavoratori e pagare le conseguenze di scelte e errori fatti da altri.
In secondo luogo la vicenda ci spiega anche come non ci siano più settori o lavoratori al riparo dalle politiche di austerità e di soppressione di posti di lavoro. I lavoratori della Merk Serono infatti rappresentano un settore spesso considerato privilegiato, con livelli di qualifica medio alti e competenze importanti. Tutto questo però non li ha minimamente messi al riparo dall’insicurezza lavorativa e si trovano oggi a dover affrontare una situazione di estrema difficoltà e precarietà. E non è nemmeno detto che la loro ampia qualifica e esperienza possa essere veramente utile per trovare più rapidamente una collocazione nel mercato del lavoro che corrisponda veramente alle loro aspettative. L’alternativa proposta dalla loro azienda, per una parte di essi, è quella di trasferirsi a molti chilometri di distanza (in Germania o negli Stati Uniti) con evidenti conseguenze sull’organizzazione della vita sia privata che professionale.
In questo contesto appare evidente come la distinzione tra lavoratori precari e non precari, fissi e non fissi, garantiti e non garantiti sia sempre meno utile per descrivere la situazione del mercato del lavoro. In realtà la flessibilità del lavoro e la precarietà che ne deriva sono fenomeni che toccano, con forme e modalità diverse, tutti i lavoratori e le lavoratrici indipendentemente dal contratto di lavoro e dal settore di impiego.
Insicurezza, mancanza di alternative reali e difficoltà nella gestione della propria vita e della propria salute sono realtà che non risparmiano più nessuno.
Sembra ovvio come la flessibilità del lavoro tanto ricercata e tanto decantata dai datori di lavoro e dai politici di tutti gli schieramenti sia uno strumento utile ai datori di lavoro ma genera indubbiamente conseguenze nefaste sulla qualità di vita e di lavoro della stragrande maggioranza dei dipendenti.
L’ultimo elemento da sottolineare è la difficoltà estrema di intervenire in queste situazioni di emergenza. Le organizzazioni sindacali all’annuncio del piano di ristrutturazione si sono immediatamente mobilitate cercando di coinvolgere il personale, il quale ha risposto in modo sorprendente importante, considerato che si tratta di un’azienda scarsamente sindacalizzata, alle iniziative sindacali (più di 400 dipendenti hanno partecipato alla prima assemblea indetta dai sindacati). I tempi per realmente organizzare la protesta e ottenere dei risultati positivi sono comunque molto ridotti e i margini di manovra decisamente ristretti.
Anche per questo quindi, diciamocelo francamente, questo primo maggio non ha proprio nulla della festa.