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al-assad-le-20-juin-aIl Mediterraneo è al centro dell’attenzione mondiale, i drammi che vi accadono ogni giorno, provocano ogni volta la morte di decine o centinaia di migranti clandestini: in questa situazione disastrosa non si può ignorare il ruolo di Bachar al-Assad a sostegno delle reti dei traghettatori clandestini.

Se lunedì 20 aprile fosse stato chiesto ad al-Assad di commentare questi avvenimenti, l’interrogato non avrebbe esitato, in modo supponente come sa fare mettendola sul ridere, a rispondere sul perché della presenza con i suoi compatrioti anche di immigrati provenienti dai paesi africani più miserabili, nei quali non ha mai messo piede. Si sarebbe interrogato su quanto avrebbe potuto intraprendere, senza farsi notare, per condurre la folla dei candidati alla partenza verso uno dei porti di fortuna, installati lungo le rive del sud del Mediterraneo. Avrebbe potuto interrogarsi su quale controllo sarebbe ben stato in grado di esercitare, pur rimanendo nascosto nel suo palazzo di Damasco, sulle spiagge dove migliaia di Siriani s’imbarcano con la speranza di trovare altrove ciò che non trovano in patria.

Sarebbe stato inutile. Avrebbe risposto come in altre occasioni, con delle menzogne. Avrebbe rifiutato come sempre ogni responsabilità. Diamo quindi voce alle cifre e ai fatti.

 

Le cifre che riguardano i rifugiati siriani sono impressionanti

– Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR), tra il marzo 2011 e l’ottobre 2014 sono 9 milioni i Siriani fuggiti dal loro domicilio. Un po’ più dei due terzi, 6,5 milioni circa, hanno trovato asilo altrove nel paese, in seno alle loro famiglie, in appartamenti liberi, in centri di accoglienza provvisori….Il resto, 3 milioni circa, sono al di là dei confini siriani, per la maggior parte in campi di raccolta espressamente aperti per loro, in Turchia, in Libano e in Giordania, come pure, per i più fortunati, in molte città del mondo arabo, in affitto o in camere d’albergo.

– Lo scorso 14 aprile 2015, l’UNHCR stimava a 4 milioni – esattamente 3’988’957 persone, tra le quali 11’319 in attesa di registrazione – il numero di Siriani recensiti come rifugiati nei paesi arabi e in Turchia. Nei diversi paesi del Medio Oriente erano 2,2 milioni, suddivisi tra l’Egitto (133’862), l’Iraq (247’861), la Giordania (628’427) ed il Libano (1’196’560). Più di 1,7 milioni in Turchia (1’758’092). In Nord Africa, erano ufficialmente 24’055.

– Con il prolungarsi della guerra, alcuni non sperano più di poter tornare nel loro paese e nelle loro case. Non sopportando più le condizioni di vita esasperate imposte nei campi (restrizioni nel diritto di circolazione, promiscuità continua, insufficienza di strutture sanitarie, impossibilità di contribuire personalmente ai loro bisogni per un periodo che non avrebbero mai immaginato così lungo) hanno chiesto asilo in un paese straniero, di preferenza occidentale. Debilitati e allo strmo hanno cercato di raggiungere clandestinamente il paese europeo più vicino, sperando di non essere rifiutati.

– In un rapporto del luglio 2014 – “Syrian Refugees in Europe. What Europe Can Do to Ensure Protection and Solidarity” – l’UNHCR dichiarava che, “dall’inizio del conflitto, nel marzo 2011, circa 123’600 Siriani avevano trovato asilo in Europa, di cui 112’170 nell’Unione Europea, in Norvegia e in Svizzera”, un numero estremamente basso, se confrontato con quello dei rifugiati nei paesi vicini alla Siria.

– Le domande d’asilo venivano accettate solamente in numero limitato – 64’000 nel 2011, 23’400 nel 2012, 51’500 nel 2013 e 30’700 tra gennaio e maggio 2014 – , questi rifugiati sono stati trovati a centinaia a bordo di imbarcazioni di fortuna che partendo dalle rive orientali e meridionali del Mediterraneo cercavano di raggiungere i paesi europei più accessibili: l’Italia (160’000 arrivi) e la Grecia (quasi 30’000). Sperando di poi raggiungere la Svezia e la Germania che da sole hanno ricevuto il 56% delle nuove domande d’asilo, oppure in uno dei pochi altri paesi disposti ad accoglierli più o meno generosamente: la Bulgaria, la Svizzera e i Paesi Bassi (il 14% delle richieste).

– Secondo l’UNHCR,quella dei Siriani, con 60’061 persone, è stata la popolazione maggiormente presente tra i 204’407 emigranti clandestini sbarcati sulle spiagge europee nel 2014, un numero dieci volte superiore a quello del 2012.

– Temiamo comunque che di fatto sia stata la nazionalità che abbia pagato il prezzo più alto in vite umane di questa avventura… anche se a più riprese salvataggi turchi e italiani si sono adoperati per recuperare imbarcazioni con centinaia di Siriani a bordo.

 

Le ragioni di questa situazione drammatica sono spaventose

– Se tutte le fazioni che si affrontano oggi in Siria sono in parte responsabili di questa situazione, sia per quanto concerne le espulsioni volontarie di alcune categorie di popolazione, sia a causa del degrado della sicurezza nelle zone controllate dalle une o dalle altre, è innegabile che Bachar al-Assad è il maggior responsabile. La brutalità della repressione militare e della messa in sicurezza, che ha scatenato immediatamente, in risposta alle rivendicazioni politiche del suo popolo, ha dato il via agli spostamenti della popolazione che hanno portato all’esilio di milioni di suoi compatrioti.

– Aprendo il fuoco su manifestazioni disarmate, obbligando ad arretrare migliaia di attivisti ed oppositori, torturando a morte i primi nelle sue prigioni ed imprigionando i secondi, ha obbligato intere famiglie a fuggire dalle loro città o villaggi per proteggersi dalle rappresaglie.

– Perseguitando i fuggitivi e prendendo di mira i campi di rifugio installati alla frontiera, assediando le città in rivolta, privandole di acqua, di gas, di derrate alimentari e di medicamenti, bombardando i quartieri “liberati” dai rivoluzionari, distruggendone le infrastrutture scolastiche e sanitarie, ha obbligato queste famiglie ed anche altre a fuggire dalla Siria e a cercare asilo nei paesi vicini.

– Ha aumentato maggiormente il flusso di rifugiati con massacri su basi religiose, cacciando popolazioni intere da quartieri o da città che avevano accettato e creduto nelle “tregue”, espellendo gli ultimi abitanti di alcuni quartieri particolarmente sensibili con il pretesto di iniziarne la ricostruzione, ma in realtà per modificarne autoritariamente gli equilibri etnici e comunitari nelle zone ancora sotto il suo controllo.

– Ha ricuperato con la forza i contrari al servizio militare e coloro di cui aveva bisogno per assicurare la difesa del suo “territorio”, a portato alla fuga dalla Siria anche centinaia di suoi sostenitori. A poco a poco, sia i Siriani che lui non voleva o quelli che non volevano morire per lui si sono trovati fuori dal loro paese.

Questa strategia, deliberatamente voluta da Bachar al-Assad, a livello di sanzioni non gli è costata nulla. Non vi rinuncerà a breve termine. Gli permette di liberare la Siria dalla popolazione che non vuole, da un lato perché sono sunniti, dall’altro perché non gli sono utili economicamente. Sta applicando quindi la sua minaccia di esportare i problemi e il caos nei paesi vicini che,perlomeno, penalizza imponendo alla loro economia un fardello che avrebbero evitato volentieri. Potrebbe eventualmente trascinare i più instabili – in particolare il Libano – in una fase di confronti interni con il grande vantaggio di sottrarre la Siria dal centro dell’attenzione e di modificare l’ordine delle priorità regionali dei loro protettori occidentali.

Lo si è detto e ridetto: è inutile immaginare di risolvere il problema dello Stato islamico senza mettere fuori uso di nuocere colui che ne ha favorito l’apparizione e che, con il suo modo d’agire, contribuisce a spingere verso Da’ech candidati alla djihad provenienti da ogni parte del mondo. È totalmente inutile immaginare di poter rispondere al dramma che vivono in esilio milioni di Siriani e di prevenire che decine di migliaia di candidati all’emigrazione clandestina corrano rischi sconsiderati per chiedere asilo, senza porre termine alla strategia nociva di Bachar al-Assad in questo campo.

Con il rifiuto degli Americani e, purtroppo al di fuori della portata degli Amici della Siria con le migliori intenzioni, la “zona sicura” chiesta dalla Turchia, accompagnata da una “zona di non sorvolo”, finirà per imporsi come risposta meno irragionevole alla volontà di vivere liberi che spinge tanti Siriani ad affrontare la morte – e spesso a trovarla – nel Mediterraneo.

                              

*articolo pubblicato sul sito Un oeil sur la Syrie, il 23 aprile 2015. La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà.