Come già anticipato la scorsa primavera l’MPS non parteciperà alle prossime elezioni nazionali. Le ragioni di questa scelta non sono ragioni di principio. Infatti l’MPS, pur non facendosi illusioni su ruolo e forza dei Parlamenti e criticando da sempre la logica parlamentaristica, partecipa ad elezioni di vario genere (nazionali, cantonali o locali) ogni volta che reputa tale partecipazione necessaria e utile a sviluppare una campagna su temi sui quali orienta la propria attività politica.
È stato il caso, ad esempio, delle recenti elezioni cantonali. Presentandosi alle elezioni, l’MPS ha voluto tentare di dare espressione, sul piano politico, alle campagne condotte negli anni precedenti contro il dumping salariale e sociale, contro il progetto di pianificazione ospedaliera, contro la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi (FoxTown). La nostra campagna elettorale si è nutrita di queste campagne condotte in precedenza sul terreno sociale e ha voluto esserne l’espressione. In questo modo gli eventuali eletti possono essere considerati espressione di queste lotte politiche.
Le prossime elezioni nazionali avvengono in un contesto caratterizzato da una forte offensiva delle classi dominanti e dei partiti che ne rappresentano gli interessi.
Il padronato ha accelerato, dopo l’abbandono della soglia fissa del cambio euro/franco, la propria offensiva contro condizioni salariali e di lavoro in questo paese; condizioni che tendono a peggiorare anche nel quadro del rallentamento della congiuntura internazionale dalla quale il capitalismo svizzero è profondamente dipendente.
Questo attacco si prolunga poi sul piano sociale, attraverso una serie di contro-riforme già avviate o in fase di attuazione: pensiamo, ad esempio, alla riforma del sistema previdenziale (AVS – 2° pilastro), al completamento di quella sull’AI, alla riforma III della fiscalità delle imprese, nonché alla politica in materia di mercato del lavoro.
Per combattere questo orientamento sarebbe necessaria un’ampia azione sociale che coinvolgesse tutte le forze politiche, sindacali ed associative: solo in questo modo sarebbe possibile una risposta adeguata al dumping salariale e sociale in atto, lottando contro le divisioni dei salariati e cercando di porre un argine all’offensiva economico e sociale del padronato e dei suoi rappresentanti politici.
Nell’attuale contesto, nazionale e cantonale, non vi sono segnali adeguati di una simile offensiva. Anzi, il movimento sindacale, ad esempio, sta dimostrando, nel suo complesso, una totale incapacità a promuovere azioni reali di resistenza tra i salariati, sia sui luoghi di lavoro che a livello sociale più ampio. E questa incapacità va di pari passo, molto spesso, con una volontà collaborativa che affossa, sul nascere, qualsiasi possibilità di reazione.
Non migliore la situazione sul piano politico. Le forze social-liberali (ed i suoi alleati) appaiono come completamente incapaci di articolare una qualsiasi forma di radicale opposizione alle politiche borghesi. Basti pensare, a titolo puramente esemplificato, a quanto sta succedendo nell’ambito della riforma del sistema previdenziale. Il progetto presentato dal consigliere federale social-liberale Berset (i cui assi fondamentali sono l’aumento dell’età di pensionamento per le donne a 65 anni e la diminuzione del tasso di conversione nell’ambito del secondo pilastro) ha raggiunto una maggioranza (con l’accordo dei rappresentanti social-liberali) in seno alla Commissione della sicurezza sociale del Consiglio degli Stati. Anche se con qualche leggera modifica, i punti fondamentali del progetto Berset qui sopra accennati sono stati accolti. Un atteggiamento che mostra quanto poco servano fumosi accordi e piattaforme elettorali come quella conclusa dal PS in Ticino con i suoi alleati “di sinistra”. Nella piattaforma approvata si parla della necessità di “pensioni sicure (riforma senza tagli; sostegno ad AVSplus)”. In realtà i social-liberali si apprestano ad approvare il progetto Berset. E anche i loro alleati elettorali, sulla carta “a sinistra”, si guardano bene dal fare dell’opposizione al progetto Berset (e sarebbe il minimo di una decenza di sinistra) il punto centrale della campagna elettorale. Tutti assieme (e silenziosi) appassionatamente a rinnovare la partecipazione social-liberale al governo borghese (di “estrema destra” come ebbe modo di dichiarare pochi anni fa un intellettuale ticinese, allora candidato del PS agli Stati).
E come sempre saranno capaci, in seconda battuta, di sostenere un eventuale referendum che qualche scerpa di turno lancerà (Gioventù Socialista, Unione sindacale, etc), per poter dimostrare una capacità divina di essere in ogni luogo (un po’ al governo e un po’ all’opposizione sullo stesso tema) riuscendo ad acchiappare voti da tutte le parti…
In realtà il PS è un partito di governo che ha condiviso e condivide gli aspetti fondamentali della politica degli altri partiti con i quali, sulla base di un accordo politico e programmatico, governo la Svizzera. Votare per esso alle elezioni nazionali (o allearsi con esso) significa di fatto dare un assegno in bianco affinché esso continui in questa politica che è l’esatto opposto di quanto sarebbe necessario fare dal punto di vista di una sinistra di sinistra. È anche per questa ragione che ci appare incomprensibile che forze che si dichiarano a sinistra abbiano concluso una congiunzione elettorale con il PS ; operazione che, di fatto, significa apportare voti ad una forza politica che continuerà nel suo disegno di collaborazione di classe con le forze borghesi. Una collaborazione che, nel passato remoto e recente, ha visto il movimento dei lavoratori subire sconfitte fondamentali: dall’adozione del sistema dei tre pilastri alla privatizzazione di posta e ferrovia, dalla privatizzazione del settore elettrico all’adozione degli accordi bilaterali. Tutte controriforme nelle quali i social-liberali hanno svolto un ruolo decisivo e che hanno segnato e continuano a segnare in modo negativo per i salariati la politica di questo paese (basti pensare al sistema dei tre pilastri o agli accordi sulla libera circolazione). Nei momenti importanti (per i borghesi) si social-liberali hanno sempre risposto presente!
In questo contesto e sulla base delle osservazioni che precedono, appare logico che l’MPS non dia alcuna indicazione di voto a favore di alcuna lista per le prossime elezioni nazionali.