Fa bene Manuele Bertoli a opporsi alla proposta avanzata da Alex Farinelli tesa ad estendere anche al bachelor (cioè i primi tre anni di studi universitari) il nuovo sistema di assegnazione delle borse di studio che prevede la possibilità di affiancare agli assegni di studio anche dei prestiti di studio. Ma forse, oltre ad opporsi – cosa, ripetiamo, meritevole – dovrebbe interrogarsi anche sul fatto che queste idee a Farinelli le ha suggerite proprio lui e, con lui, tutto (o quasi il Parlamento).
Dove è andato a pescare questa idea Farinelli?
Nella riforma che il Parlamento cantonale ha votato poco tempo fa, nei primi mesi del 2015, approvando, alla quasi unanimità, il Messaggio del governo relativo alla nuova Legge sugli aiuti allo studio. È proprio con questa modifica legislativa che il governo (mosso dal consigliere di Stato Bertoli) proponeva al Parlamento di introdurre questa possibilità di trasformare una parte (un terzo) dell’assegno di studio per gli studi di master (cioè quelli che seguono il bachelor triennale) in prestito di studio.
Una proposta accolta da tutto l’arco parlamentare, a cominciare dagli stessi compagni di partito del consigliere di Stato. Il rapporto della commissione porta la firma, come relatore, di Carlo Lepori, futuro presidente ad interim del PS, così come quelle di Cick Cavalli e Roberto Malacrida (così come quelle dei rappresentanti di tutti gli altri schieramenti politici)
Nel rapporto la commissione spiega come “Un cambiamento di rilievo è la possibilità del frazionamento del sostegno agli studi al livello di master (art. 14 cpv. 2): «Le borse di studio per i richiedenti che seguono un master possono essere convertite fino a un massimo di un terzo in prestiti per decisione del Consiglio di Stato». Questa possibilità è peraltro prevista dal Concordato (art. 15 cpv. 4) per tutte le formazioni del grado terziario.”.
Solo il deputato dell’MPS Matteo Pronzini si era apertamente pronunciato contro il rapporto in una breve dichiarazione di voto (la democrazia parlamentare liberale che vige nel nostro cantone ha inventato le “procedure scritte” per cui un deputato di un partito non presente nelle commissioni non può di fatto nemmeno esprimersi nemmeno su proposte di nuove leggi, come in questo caso), motivando il suo voto contrario proprio per la presenza di questa proposta di introdurre la possibilità di prestiti di studio in luogo di assegni di studio.
Su nostro giornale Solidarietà avevamo ripreso l’argomentazione sostenendo che si trattava di una ” misura assurda e che interviene, tra l’altro, proprio sui costi universitari più pesanti (è noto, ad esempio, che l’iscrizione ai master spesso è assai onerosa). Questi prestiti, come ogni altro prestito, saranno da restituire dopo gli studi a un tasso d’interessi deciso dal mercato. In particolare, esso sarà stabilito sulla base delle ipoteche concesse da Banca Stato. Per avere un’idea dell’impatto di tale cambiamento, basti pensare che il passaggio al Master dopo il Bachelor è sempre più importante. Il motivo più evidente è che, vista la sempre più dura selezione che avviene nel mondo del lavoro, i giovani che hanno optato per una carriera di studi superiori, non possono fermarsi a un livello che è sempre più spesso visto anche dai datori di lavoro come un passaggio intermedio nella formazione. Questi ultimi, dovendo scegliere chi assumere per una mansione anche non particolarmente specialistica o complessa, preferiranno comunque assumere un universitario con una laurea di cinque anni piuttosto che uno con una laurea di tre. Se possono avere il meglio allo stesso prezzo, perché accontentarsi?”
Nel suo intervento in Gran Consiglio Carlo Lepori si abbandonava ad un ottimismo assai ingenuo: “…prevede che per i corsi universitari sia possibile trasformare fino a un terzo del costo in un prestito e in questa legge tale possibilità è ristretta al master ed è già prevista come misura di risparmio del Preventivo 2015. Vista però l’importanza della formazione in un Cantone come il nostro, ci si augura che questa misura di risparmio sia introdotta solo in caso di vera necessità” (verbale del GC del 23 febbraio 2015).
Ora questa proposta “classista”, come l’ha definita su La Regione di giovedì Manuele Bertoli al quale, purtroppo, si deve la responsabilità politica della sua introduzione (seppur solo nell’ambito dei master), si vorrebbe estenderla anche i primi tre anni di studi universitari.
Non sappiamo con quale obiettivo Bertoli abbia allora proposto tale misura nella nuova legge sull’aiuto agli studi. Speriamo solo che non sia stato nella logica, che ormai si è radicata da tempo all’interno della sinistra social-liberale, secondo la quale, di fronte ad un attacco della destra, la resistenza non può essere radicale, ma bisogna, alla fine, accontentarsi ed accettare, realisticamente, il “male minore” È questa la logica che spesso ispira l'”opposizione” alla politica della destra. Ma, come abbiamo visto in questo caso, il male minore prepara quasi sempre la strada al peggio.
A questo atteggiamento se ne deve opporre uno fondato sulla difesa di principi politici e sociali che, in nessun caso, devono essere scalfiti. Poiché, come diceva qualcuno, da un graffio al pericolo di cancrena il passo è breve.
*Versione più estesa di quella un po’ ridotta uscita su La Regione del 20 agosto 2017.