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aaaaaaaaDumping adesivo morsaAttorno alle due iniziative cantonali in votazione il prossimo 25 settembre (e i relativi controprogetti) si è costituita una configurazione politica assai simile a quelle formatesi in occasione delle precedenti votazioni sugli Accordi Bilaterali (2005 e 2009).

Da un lato i difensori della continuità. Si tratta di partiti come il PPD, il PLR, una parte dello stesso PS. Per costoro è la linea delle cosiddette misure di accompagnamento che va continuata ed approfondita. Non è il caso di compiere sconvolgimenti ed interventi radicali. Naturalmente per costoro la linea delle cosiddette misure di accompagnamento si sarebbe rivelata positiva.
Questo orientamento regge solo se si nega l’evidenza, e cioè che le cosiddette misure di accompagnamento sono state un fallimento. Non prende cioè atto che il dumping salariale si è, lentamente ma inesorabilmente, affermato in questi anni, con una pressione visibile e vissuta dai salariati su salari e condizioni di lavoro.
Questo, se si prende per buona la motivazione ufficiale: e cioè che queste misure avrebbero dovuto proteggere dal dumping. In realtà sappiamo che esse dovevano “accompagnare” quel processo di messa in concorrenza dei salariati che è il vero obiettivo degli accordi bilaterali e della liberalizzazione del mercato del lavoro. Come abbiamo avuto moto di affermare più volte, per il padronato il dumping non è un problema, ma la soluzione del problema, cioè della loro capacità concorrenziale nella prospettiva di difendere e accrescere i loro profitti.
Dall’altra parte di questa configurazione politica, allora come oggi, vi è la destra estrema. Lega e UDC, con la loro iniziativa “Prima i nostri”, tentano di rispondere, allora come oggi, con la chiusura totale, con una campagna anti immigrati. Il loro obiettivo non è certo difendere i salari e combattere il dumping (ve lo vedete voi Blocher che difende i salari o Bignasca, che non pagava nemmeno gli oneri sociali ai suoi operai, quali paladini dei lavoratori?): no, loro vogliono solo rispondere alla sempre più diffusa insicurezza sociale con una risposta securitaria ed identitaria che eviti qualsiasi colpa al padronato svizzero. E questo dando la colpa agli stranieri, ai richiedenti asilo, toccando le corde del patriottismo e del nazionalismo più becero, solleticando i sempre più diffusi riflessi egoistici; in un contesto socialmente difficile e che li genera in abbondanza, costruiscono un consenso politico a loro favore e contribuiscono alla divisione dei salariati, paralizzandone in questo modo qualsiasi potenziale risposta solidale.
Infine, ed è il terzo elemento di questa configurazione, vi è la posizione di chi, come noi, ha sempre difeso il principio della libera circolazione, sostenendo tuttavia che, senza un quadro giuridico e sociale di difesa dei diritti dei salariati, questa si sarebbe ridotta ad un’ulteriore liberalizzazione del mercato del lavoro. E ritenendo le cosiddette misure di accompagnamento assolutamente inadeguate a combattere, come ufficialmente promesso, il dumping salariale.
Per questo abbiamo militato attivamente per il NO agli Accordi bilaterali nel 2005 e nel 2009, praticamente da soli a sinistra. Ed è per la stessa ragione che abbiamo condotto in questi anni una campagna contro i danni delle cosiddette misure di accompagnamento (ad esempio i salari fissati dai contratti normali a 3’000 franchi al mese) e lanciato l’iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino” che vuole essere un primo elemento di risposta al dumping.
Un’iniziativa che rappresenta pure una risposta alla iniziativa xenofoba “Prima i nostri” e al relativo controprogetto . La nostra iniziativa si pone in un’ottica alternativa alla concorrenza tra svizzeri e immigranti, tra frontalieri e “indigeni”; individua invece nelle condizioni di lavoro, nel loro controllo, nella lotta al dumping l’orientamento da seguire per combattere le conseguenze sociali della politica padronale, cioè i bassi salari, il peggioramento delle condizioni di lavoro, la politica di sostituzione.