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I. PRESA DI POSIZIONE: il mondo che vogliamo adesso!

Di fronte alla pandemia del COVID-19, le donne* hanno già dimostrato nei fatti che sono le garanti della sopravvivenza della popolazione. Il coronavirus ha mostrato più chiaramente come il sistema capitalista, sessista e razzista accentui lo sfruttamento proprio di quelle senza le quali la vita non potrebbe più continuare. Cambiamo il sistema ora perché non vogliamo più il vecchio mondo. Riprendiamo le nostre rivendicazioni del 14 giugno 2019 e continuiamo la nostra lotta!

Le donne* in prima linea nella lotta alla pandemia

Il COVID-19 rende palese una semplice realtà: noi donne* ci occupiamo quotidianamente dei compiti essenziali per la riproduzione della vita in Svizzera e altrove nel mondo, indipendentemente dal fatto che questo lavoro sia remunerato o no.

Ci occupiamo maggiormente dei compiti di cura negli ospedali e nelle case anziani; le cassiere garantiscono l’accesso dell’insieme della popolazione alle derrate alimentari, ci occupiamo dei servizi di pulizia, essenziali per la protezione sanitaria. In tutti questi impieghi, la categoria più numerosa è quella delle donne* migranti. Con le scuole chiuse, come anche con l’attuale riapertura parziale, dobbiamo sobbarcarci un carico ancora più grande di lavoro domestico, educativo e di cura dei figli e delle figlie, dovendo inoltre gestire al contempo il nostro lavoro remunerato, situazioni di precarietà legate alla disoccupazione, alle nostre rendite pensionistiche insufficienti e alla povertà.

È evidente che la pandemia accentua le disuguaglianze sociali, economiche e di genere. Infatti, nonostante gli uomini siano generalmente più colpiti dal virus, la maggioranza dei malati tra i 20 e i 60 anni sono le donne*. Questo accade perché siamo numerose ad assicurare le cure e i servizi indispensabili alla vita mettendo a rischio la nostra salute! Inoltre, le misure di confinamento ci hanno maggiormente esposto alla violenza domestica, sessista e sessuale!

Il fallimento del sistema economico e politico attuale

Il capitalismo neoliberale afferma da 40 anni che il privato è più efficiente dei servizi pubblici. La pandemia lo ha smentito clamorosamente. La penuria di mascherine, di dispositivi di protezione e di medicamenti di base mostra come la massimizzazione dei profitti operi a discapito della soddisfazione dei bisogni sociali: le prestazioni pubbliche diminuiscono, mentre gli impieghi precari aumentano e le nostre condizioni di lavoro peggiorano.

Il sistema economico attuale minaccia la riproduzione della vita e gli ecosistemi dai quali dipendiamo.

La delocalizzazione della produzione ha messo in competizione i produttori ai quattro angoli del pianeta, ha distrutto settori produttivi locali in Svizzera in favore delle multinazionali e delle grandi imprese che calpestano i diritti sociali, inquinano e si arricchiscono senza scrupoli. La pandemia evidenzia la nostra dipendenza dalle importazioni e la nostra incapacità di garantire i nostri bisogni fondamentali. La pandemia mostra anche la nostra dipendenza da strumenti di comunicazione in mano ai giganti della tecnologia, che estraggono e vendono i nostri dati personali per fare dei profitti. Siamo alla mercé di una sorveglianza generalizzata della popolazione. Infine, il passaggio del virus all’essere umano è dovuto alla distruzione accelerata del nostro pianeta attraverso l’attività industriale. La propagazione di questi virus è infatti intimamente legata al processo di deforestazione, al riscaldamento climatico e alla scomparsa della biodiversità.

Oggi paghiamo a caro prezzo le conseguenze di questo sistema capitalista, razzista e patriarcale. Questa crisi mostra chiaramente che questo sistema non può più continuare. Rende evidente anche che quello che conta veramente e ha un valore per garantire l’esistenza e la sopravvivenza stessa dell’umanità sono essenzialmente l’ambiente e i compiti riproduttivi che noi assumiamo.

Se lo Stato svizzero vuole, ancora una volta, salvare questo sistema economico fallimentare, noi diciamo di NO!

Quello che deve contare non può più essere garantire i profitti dell’1% della popolazione, ma il benessere del 99%! Il sistema economico attuale e la politica devono essere trasformati e si devono mettere prioritariamente al servizio della vita. 

RIVENDICAZIONI : Le nostre vite valgono più dei loro profitti!

Il 14 giugno 2019, in occasione dello sciopero femminista, eravamo più di mezzo milione nelle strade e nelle piazze perché la normalità con cui ci confrontiamo è fatta di disparità, discriminazioni e violenza contro le donne*. Noi questa “normalità” non la vogliamo più!

Oggi c’è chi parla della necessità di trasformare il nostro mondo DOPO la crisi. Noi vogliamo invece iniziare la trasformazione del nostro mondo e delle nostre vite già ORA.

Con queste prime 14 rivendicazioni vogliamo dare avvio a un processo di discussione e di dibattito per cambiare le nostre vite!

  1. Vogliamo mettere al centro il benessere della popolazione: per questo chiediamo alla Confederazione, che ha già finora investito diversi miliardi nell’economia privata, di investire un montante equivalente nei servizi pubblici, in particolare nelle cure e nell’accudimento dell’infanzia e delle persone anziane (strutture extra-scolastiche, case anziani e cure a domicilio).
  • L’economia ci concerne tutti/e: per questo chiediamo la sua democratizzazione e il diritto di decidere quali beni e servizi produrre. La speculazione finanziaria deve essere abolita e si deve (re)investire nella (ri)produzione sociale e nei beni comuni. Tutta la catena produttiva sanitaria – dalla produzione di materiale e di medicamenti fino alla gestione dei servizi di cura – deve diventare un servizio pubblico e smettere di essere sottomessa alla logica del profitto.
  • Siamo stufe delle disparità salariali e delle discriminazioni nel mondo del lavoro: vogliamo valorizzare tutte quelle donne*, e anche uomini, che svolgono una professione indispensabile alla vita. I loro salari devono dunque essere aumentati e devono essere migliorate le loro condizioni lavorative. Negli ospedali deve essere immediatamente riapplicata la Legge sul lavoro!
  • Vogliamo vivere dignitosamente: per questo rivendichiamo il ritiro della riforma AVS 21 e chiediamo un ampio dibattito pubblico per ridurre l’età di pensionamento di tutte e tutti. La pandemia ha dimostrato la fragilità della popolazione anziana. Una vita degna deve essere garantita ad ogni essere umano e in ogni circostanza.
  • Vogliamo il riconoscimento e la condivisione del lavoro domestico, educativo, di cura, compreso il carico mentale che questo comporta: quindi esigiamo un rafforzamento del servizio pubblico di accudimento dell’infanzia, un importante finanziamento di questo lavoro e dei congedi maternità, paternità e parentali dignitosi. Vogliamo anche un fondo nazionale in grado di garantire delle indennità di disoccupazione a tutte le persone impiegate nell’economia domestica, indipendentemente dal loro statuto.
  • Il nostro carico di lavoro è sempre più insostenibile: vogliamo una riduzione del tempo di lavoro salariato (senza riduzione di stipendio) e vogliamo la condivisione del lavoro non remunerato. Il coronavirus ci ha obbligato a rallentare: meno spostamenti, meno traffico, meno consumismo. Vogliamo rallentare il ritmo di vita quotidiano, ridurre il tempo di lavoro professionale, investire in un’economia rispettosa delle nostre vite e degli ecosistemi.
  • Il futuro dovrà essere ecologico e solidale: per questo vogliamo sostenere la produzione e il commercio locale, solidale ed ecologico al fine di produrre i beni essenziali alla vita secondo una logica di sovranità alimentare, mentre gli scambi internazionali devono avvenire secondo un rapporto paritario e di complementarietà.
  • Rifiutiamo la violenza sessista, omofoba e trans fobica: per questo vogliamo immediatamente un piano federale contro le violenze sessiste, sessuali e domestiche in accordo con la Convenzione di Istanbul. Chiediamo anche la creazione di uno strumento federale di valutazione e di analisi delle cifre relative alle violenze sessiste e ai femminicidi, crimini e termini che devono essere riconosciuti nel Codice Penale. Il coronavirus ha reimposto il silenzio sulla violenza machista, che però continua ad esistere e si è anzi aggravata durante il confinamento. Chiediamo che la rete e le strutture per la prevenzione, la protezione e alla persecuzione della violenza domestica sia incrementata attraverso finanziamenti pubblici in tutti i Cantoni. In particolare chiediamo che le vittime di violenza possano contattare un numero di emergenza a tre cifre e trovare l’ascolto di personale qualificato.
  • Rivendichiamo la libertà delle nostre scelte in ambito di sessualità e di identità di genere, vogliamo un’educazione sessuale senza pregiudizi fin dalla più giovane età e un rafforzamento delle misure di protezione contro le violenze nei confronti delle persone LGBTQI+. Il confinamento ha dimostrato la necessità di tali misure, in particolare l’esigenza di creare maggiori luoghi d’accoglienza d’urgenza per le persone esposte a violenze in seno alla famiglia a causa delle loro scelte in merito alla sessualità o all’identità di genere.
  1. Il nostro corpo ci appartiene ed esigiamo di essere rispettate e libere nelle nostre scelte. Rispettare i nostri corpi significa anche rifiutare l’imperativo economico che vuole imporre alle persone a rischio di tornare al lavoro. Le disposizioni riguardo alle persone a rischio sono insufficienti, in particolare quelle per le donne* incinte. Tutte le persone vulnerabili devono poter restare a casa e beneficiare di un’indennità di perdita di guadagno fino alla fine della pandemia se non posso tele-lavorare.
  1. Il lavoro educativo e di cura deve essere una preoccupazione collettiva: per questo vogliamo un importante finanziamento per garantire un’educazione di qualità e in grado di promuovere la parità. La chiusura delle scuole e degli asili nido ci ha fatto prendere ancor più coscienza della centralità del lavoro educativo e di cura dell’infanzia.
  1. Quando veniamo da altri paesi, viviamo molteplici discriminazioni: per questo esigiamo gli stessi diritti a livello di accesso alla salute, di indennità di perdita di salario e chiediamo anche la regolarizzazione di tutte le persone “sans-papiers”! La pandemia ha evidenziato la fragilità delle persone migranti: le impiegate domestiche, le persone senza permesso stanno pagando a caro prezzo le conseguenze di questa crisi sanitaria.
  1. Il diritto d’asilo è un diritto fondamentale: chiediamo dunque il diritto di restare. La Svizzera deve accordare immediatamente il diritto di rimanere a tutte le persone che hanno una procedura di asilo in corso e deve regolarizzare tutte le persone senza statuto legale. Chiediamo anche che il nostro paese accolga 50’000 persone rifugiate, tra cui quelle confinate nei campi profughi in Grecia.
  1. Le istituzioni sono state concepite su un modello patriarcale e di classe all’interno del quale noi donne* siamo marginalizzate: vogliamo una rappresentazione paritaria delle donne* in tutte le istituzioni politiche e negli organi decisionali dell’Amministrazione federale, cantonale e comunale per far sì che i nostri bisogni e le nostre rivendicazioni siano rappresentate. Vogliamo che tutta la popolazione possa decidere collettivamente sulla nostra vita in comune!

* Presa di posizione dei Collettivi romandi e ticinesi per lo sciopero femminista e delle donne* del 14 giugno 2020

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