Basta cercare soluzioni innovative, il mercato si occuperà del resto. La politica climatica è così semplice! Le promesse del leader del partito liberale (FDP, Freie Demokratische Partei) Christian Lindner suonano come musica per le orecchie dei conducenti di SUV e di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, vorrebbero anche salvare il clima ma non vogliono per nulla una “svolta ecologica“. Nel paese dei “tuttofare e pensatori“, la crisi climatica può essere risolta – e senza divieti o rinunce, secondo il messaggio dell’FDP. La politica climatica è un tema centrale nei colloqui esplorativi [per una coalizione di governo] tra la SPD, i Verdi e la FDP
A molte persone che hanno votato FDP piace l’idea che il cambiamento climatico possa essere affrontato senza dover porre mano a cambiamenti economici. Contrariamente alla retorica dei Verdi o di « Friday for Future » [Mobilitazione internazionale giovanile per il clima], che parlano di « trasformazione » attraverso la decrescita e il consumerismo (opposto a consumismo: consumatori che organizzatisi in associazioni si oppongono ai produttori per difendersi dalla pubblicità indiscriminata e per un controllo sulla qualità e sui prezzi dei prodotti, NDT), la logica dei liberali è che sia possibile uscire dalla crisi climatica abbastanza comodamente – se lo facciamo in modo intelligente. La ricerca dei modi migliori dovrebbe essere lasciata alla “creatività e all’inventiva di tecnici e ingegneri“, sostiene il portavoce del gruppo parlamentare FDP per la politica climatica, Lukas Köhler [eletto dal 2017 al Bundestag, membro della direzione federale FDP e segretario generale della FDP bavarese dal 2019].
Più in alto, più lontano, più veloce, finché non voleremo sulla luna come turisti spaziali climaticamente neutri! Rolls-Royce annuncia che presenterà il suo primo transatlantico e-luxury alla fine del 2023. Elon Musk vuole che la prima Tesla Model Y esca dalla linea di produzione a Brandeburgo in dicembre [“Gigafactory Berlin-Brandenburg”, in costruzione a Grünheide vicino a Berlino]. Si parte! Dov’è la fregatura?
La grande promessa dell’FDP sta principalmente nell’arma miracolosa dell’idrogeno. L’idrogeno è soprattutto necessario nell’industria per rendere le acciaierie ad alta intensità di emissioni di CO2 “climaticamente neutrali“; ma è anche una materia prima per i combustibili elettrici. La sua produzione è attualmente ancora inefficiente e costosa: un chilowattora di idrogeno rinnovabile costa circa dieci volte più del gas naturale e richiede enormi quantità di elettricità verde. Finora, l’idrogeno è stato prodotto quasi esclusivamente dall’elettricità fossile o dal gas naturale. [Si vedano in proposito gli ottimi articoli sul sito di Reporterre, ad esempio quello datato 2 aprile 2019; così come, tra gli altri, quello del 2 febbraio 2021].
Chi sogna l’idrogeno deve quindi sviluppare energie rinnovabili. Questo significa designare almeno il 2% della superficie del paese come zone eoliche, rendere obbligatoria l’energia solare sui tetti e posare linee elettriche ad alta tensione in tutta la Germania. Sotto il governo della Grande Coalizione [SPD e CDU/CSU guidata da Angela Merkel], il processo è stato troppo lento: gli ostacoli all’espansione si sono moltiplicati, la svolta energetica si è impantanata in lunghe procedure di approvazione.
Ma il “libero mercato” offre una soluzione anche per questo. Basta produrre idrogeno nei paesi terzi [allo stesso modo in cui i migranti vengono esternalizzati]! Ci sono già accordi per questo: “Australia’s sun for Europe” [Australia: uno dei giganti dell’esportazione del carbone] è uno di questi accordi. Allo stesso tempo, il governo tedesco sta esplorando il potenziale dell’Africa. Per esempio, il ministro della ricerca e dell’istruzione ancora in carica, Anja Karliczek [membro della CDU e titolare di questa carica da marzo 2018 nel quarto governo Merkel], ha dichiarato che i paesi dell’Africa occidentale sono la “locomotiva del mondo in tema di rispetto per il clima” Un atlante interattivo del Centro di ricerca Jülich-Julier [uno dei più grandi centri di ricerca interdisciplinari d’Europa nel Nord Reno-Westfalia] mostra promettenti “punti caldi” per l’energia solare ed eolica.
Spedizione di “carburanti elettrici” dal Cile
Paesi come il Benin in Africa occidentale, tuttavia, finora hanno un tasso di elettrificazione del 30%, e solo del 7 % nelle zone rurali. La maggior parte della popolazione di questa “centrale elettrica” [questa “centrale che deve servire la Germania!”] non ha nemmeno una lampadina per la notte. Inoltre, gli esperti rendono attenti sul problema dell’alto consumo di acqua per la produzione di idrogeno verde in regioni così calde – per non parlare delle condizioni politicamente instabili. Il trasporto verso l’Europa è ancora completamente “inesplicato“.
Il governo tedesco vuole anche installare parchi eolici in Ucraina per produrre idrogeno e trasportarlo in Germania attraverso i vecchi gasdotti. A parte il fatto che questi parchi eolici non esistono ancora, né esistono impianti di produzione, non è certo che le migliaia di chilometri di condutture siano adatte al trasporto di idrogeno. Attualmente, solo una piccola quantità di idrogeno può essere mescolata ai gasdotti di gas naturale. Se l’idrogeno dovesse mai sostituire il gas naturale, l’intera infrastruttura dovrebbe essere convertita, comprese le stazioni di compressione e distribuzione. Gli operatori hanno già legittimato i gasdotti russi Nord Stream [Nord Stream I completato nel 2011 e Nord Stream II appena completato] sulla base del fatto che ad un certo momento l’idrogeno potrebbe essere trasportato dalla Russia alla Germania.
Un esempio prediletto di conservazione della tecnologia fossile attraverso l’innovazione è il motore a combustione interna a impatto climatico zero. La formula magica per questo sono i combustibili sintetici sopracitati. All’inizio di settembre, il produttore di auto sportive Porsche e Siemens Energy hanno posto la prima pietra per un impianto pilota in Cile, dove le turbine eoliche [i cui costi energetici di produzione sono volutamente ignorati] genereranno l’elettricità necessaria per produrre idrogeno, che sarà poi utilizzato per produrre un “carburante a impatto climatico zero” – 130’000 litri dal 2022, secondo il piano. Sarà poi spedito attraverso tutto il mondo in Germania. Così i fan della Porsche potranno andare al centro commerciale con la coscienza pulita. [Non sono menzionati qui, per la produzione di questi veicoli, i tipi necessari di terre rare, minerali – dal cobalto al litio, ecc. – prodotti da politiche estrattive che non sono sostenibili. – Non sono qui menzionati i tipi necessari di terre rare, i minerali – dal cobalto al litio, ecc. – che sono i prodotti di politiche estrattive disastrose per i lavoratori, gli agricoltori e i cosiddetti paesi esportatori. A questo si aggiunge la quasi impossibilità di riciclare o upcycling (riuso creativo, ndt) di molti dei loro componenti, per non parlare dell’alta intensità di carbonio della catena di approvvigionamento e dei processi di produzione all’interno delle aziende].
Anche l’economista energetica Claudia Kemfert dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW) non è molto convinta di questo piano: “La produzione di combustibili elettrici richiede una quantità elevata e sufficiente di energie rinnovabili aggiuntive, che non devono essere in conflitto né con la produzione di energia né con gli standard ambientali o sociali locali”. Inoltre, il Cile stesso ha ancora una forte domanda di energia verde. “È meglio che i combustibili elettrici siano prodotti in Germania, questo rafforza la creazione di valore e le innovazioni“, sostiene Claudia Kemfert.
Nei loro programmi elettorali, tuttavia, CDU e FDP hanno promosso non solo l’esternalizzazione della produzione di “elettricità verde” all’estero, ma anche la stessa esternalizzazione dei rifiuti di CO2. Lo stoccaggio sotterraneo di questo gas a effetto serra, noto anche come CCS (Carbon Capture and Storage, Cattura e Stoccaggio del CO2), viene promosso in tutto il mondo. Questo permetterebbe agli impianti industriali di diventare neutrali per il clima senza dover cambiare la loro produzione. La CO2 viene catturata dove viene emessa. Ciò avviene per mezzo di torri di cattura, costruite accanto agli impianti. In generale, viene separato dagli altri gas di scarico usando un agente di «lavaggio » e molto calore, poi viene catturato. Compresso e liquefatto, può poi essere trasferito in un deposito finale tramite condutture e camion cisterna.
I luoghi adatti sono giacimenti di gas o petrolio esauriti in strati sedimentari profondi o le formazioni basaltiche sul fondo del mare. Ma la CCS richiede anche energia supplementare: una centrale a carbone dotata di tecnologia CCS avrebbe bisogno di produrre fino al 40% di energia in più solo per recuperare i suoi gas serra. Tutti i progetti pilota riguardanti il “carbone verde” dell’UE sono finora falliti. Miliardi di euro di finanziamenti sono stati sprecati. E nel frattempo, non si tratta solo del carbone, ma anche dei rifiuti di CO2 dell’industria. Esistono già dei progetti pilota: la compagnia petrolifera norvegese Equinor sostiene di iniettare 100 milioni di tonnellate di CO2 (circa un ottavo delle emissioni annuali di gas serra della Germania) nel Mare del Nord entro il 2050!
In Germania questa tecnologia è vietata, anche a causa delle mobilitazioni [legate alle incognite sugli effetti sconosciuti e forse deleteri di tali operazioni]. Ma più gli obiettivi climatici della Germania diventano stringenti, più è probabile che la Germania concluda accordi di cooperazione con altri paesi per i rifiuti di CO2 o cerchi essa stessa dei siti di stoccaggio. Per esempio, Heidelberg Cement [la più grande compagnia di cemento tedesca dopo la svizzera-francese Holcim-Lafargue] vuole approfittare dell’offerta norvegese e smaltire in via sperimentale la CO2 di un impianto norvegese.
Sottoterra con un «trucco»
Tuttavia, questo procedimento verrebbe a costare circa 100 euro per tonnellata di CO2, mentre il prezzo del sistema europeo per lo scambio delle quote di emissione (ETS EU) è oggi di “soli” 60 euro. Attualmente è quindi molto più economico legittimare le proprie emissioni di CO2 comprando dei certificati. E ora l’UE vuole sostenere questi impianti di stoccaggio una seconda volta a colpi di miliardi [usando un progetto pilota a scala ridotta in Islanda].
Se volete cambiare il meno possibile le cose in Germania, ma migliorare comunque il vostro bilancio di CO2, potete sempre “compensare“. Si tratta di risparmiare gas a effetto serra attraverso progetti climatici in altri paesi – principalmente nei paesi dove è meno caro. I risparmi possono poi essere accreditati alle aziende tedesche o al governo tedesco per il raggiungimento dei loro obiettivi climatici. Questo include la riforestazione delle foreste, ma anche l’uso di stufe a legna o la costruzione di parchi eolici.
Nonostante ciò, questa idea trova molti sostenitori anche tra i liberali dell’FDP, in quanto è “senza importanza per il clima dove si risparmia CO2“, secondo il loro manifesto elettorale. Tuttavia, l’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che spesso mancano i controlli. Ci sono violazioni dei diritti umani, per esempio attraverso sfratti di persone per progetti di riforestazione [senza che la deforestazione venga ridotta], e calcoli dubbi sui cosiddetti risparmi di CO2. Inoltre, con circa otto tonnellate pro capite all’anno, la Germania dovrebbe davvero esternalizzare la protezione del clima a paesi come l’Uganda (0,12 tonnellate pro capite) perché è “meno caro“?
Tuttavia, non sono solo la FDP e una parte della CDU/CSU ad avere una visione di esternalizzazione: il nuovo studio pilota “Aufbruch Klimaneutralität” (decollo/partenza della neutralità climatica) dell’Agenzia tedesca per l’energia punta anch’esso in questa direzione. Secondo lo studio, la Germania emetterà ancora circa 150 milioni di tonnellate di gas serra nel 2045. Questi dovranno essere iniettati nel sottosuolo o filtrati dall’aria. Ecco ciò che l’FDP vede come il futuro della transizione energetica: le nostre auto sportive funzioneranno con carburanti ecologici dal Sud America, la nostra industria con idrogeno verde dall’Africa occidentale, dall’Australia o dall’Ucraina, e seppelliremo i nostri rifiuti di CO2 in Norvegia o nei Paesi Bassi.
Questo significherebbe la morte dell’idea originale della transizione energetica. Perché è stata concepita come una soluzione locale e decentralizzata per l’indipendenza energetica e la sostenibilità. La grande narrazione era di rendere finalmente la Germania autosufficiente – e la crisi di Covid ha recentemente mostrato il lato oscuro della dipendenza dall’altra parte del mondo. Inoltre, molte di queste soluzioni sono lontane dall’essere tecnologicamente mature. Fare affidamento su di esse è un rischio e potrebbe involontariamente prolungare la sopravvivenza dei combustibili fossili.
Questa visione è una soluzione tipica del primo mondo e di prima classe, e quindi estremamente costosa. A beneficio del dubbio, sarà realizzata sulle spalle dei poveri. E non solo nei paesi “in via di sviluppo“. E anche in questo paese, perché tutti pagano [per di più in modo disuguale] le sovvenzioni di questi megaprogetti: se falliscono, i soldi mancano altrove. Soprattutto se si escludono aumenti delle imposte [come vuole l’FDP] e si rispetta lo “schwarze Null” – il freno austero del debito.
Non c’è tempo da sacrificare per questi esperimenti liberali. Il prossimo governo eredita un deficit di attuazione [di una “politica climatica“] dalla Grande Coalizione (CDU-CSU/SPD). Se le cose continuano così, nel 2030 la Germania emetterà il doppio dei gas serra che sarebbero compatibili con un aumento del riscaldamento globale limitato 1,5 oC. I prossimi quattro anni devono segnare l’inizio di un cambiamento radicale. La questione non è quindi se, ma come sarà realizzata la svolta energetica. Anche questo è ciò che i negoziatori della prossima coalizione decideranno nelle loro discussioni dietro le quinte.
*Articolo pubblicato sul settimanale Der Freitag il 15 ottobre 2021. La traduzione in italiano è stata curata dal segretariato MPS