Continua la campagna vaccinale ma Gaza registra “estrema carenza di cibo e esaurimento delle capacità di far fronte alla situazione”
“A peste, fame et bello libera nos Domine”, si recita nelle varie rogazioni che si rivolgono da secoli al Signore. Ma, parafrasando De André, Dio – qualsiasi dio – era stanco, forse troppo occupato e non ha mai ascoltato il dolore degli uomini, men che meno ora in Palestina, proprio là devo Cristo è nato.
Eh sì perché la peste – questa volta sotto forma di poliomielite – la fame e la guerra imperversano a Gaza.
Lì, in questi giorni, bambini, con o senza genitori, si mettono in fila per il vaccino antipolio, fra la paura e la speranza.
Se la campagna di vaccinazione attualmente in corso, guidata dalle Nazioni Unite e condotta dal Ministero della Sanità palestinese in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’UNRWA, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) e altri partner umanitari, deve riuscire a fermare la diffusione di un virus che è riapparso nella Striscia dopo 25 anni, il 90% dei bambini sotto i 10 anni deve essere vaccinato.
La portavoce dell’Agenzia UNRWA, Louise Wateridge, ha seguito il processo di vaccinazione mentre centinaia di famiglie arrivavano per aspettare il loro turno.
Ma chi c’è in fila per far ricevere la somministrazione orale del vaccino?
C’è Wael al-Haj Mohammed, che porta a vaccinare la sua neonata nel campo di Nuseirat, in una clinica dell’UNRWA nel centro di Gaza. La bimba è una figlia della guerra, nata l’8 ottobre, il giorno dopo lo scoppio del conflitto a Gaza tra Hamas e le forze israeliane.
C’è Nourhan Shamalakh, giovane madre di due bambini e di una neonata. Nourhan ha lasciato le semplici tende che chiamano casa, nella città centrale di Deir al-Balah, per raggiungere un centro sanitario dove i suoi figli potessero ricevere la vaccinazione antipolio. Per arrivarci, hanno viaggiato su un carro trainato da un asino. La donna ha detto che i suoi timori per la malattia superavano le preoccupazioni per il viaggio verso il centro.
Una madre ha detto di essersi precipitata a far vaccinare i suoi figli presso il Centro sanitario giapponese nella devastata città di Khan Younis “perché ho paura che la polio si diffonda a causa delle fogne e della mancanza di igiene, soprattutto per l’assenza di prodotti per la pulizia”.
Forse ha fatto appena in tempo, visto che lunedì i missili israeliani hanno colpito ancora una volta la città lasciato crateri profondi fino a nove metri nella tendopoli, uccidendo oltre 40 persone. Visto che l’attacco è avvenuto nei pressi dell’ ospedale da campo, chissà quante mamme con bambini erano lì. Bambini “sani”, perché vaccinati, che adesso sono pezzi di carne maciullata sepolti sotto la sabbia.
E pensare che gli operatori dei centri sanitari avevano mandato un messaggio la scorsa settimana all’assemblea delle Nazioni Unite in cui dicevano che i pagamenti erano ben consapevoli dell’importanza delle vaccinazioni. Non sapevano che i bambini sarebbero morti proprio lì.
“Si vedono persone orgogliose di essere qui, di proteggere i loro figli, di fare le vaccinazioni. E alla fine della giornata, questo dimostra che quando c’è la volontà politica, molto è possibile sul fronte umanitario. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno”, ha detto Sigrid Kaag, coordinatore umanitario senior delle Nazioni Unite per la ricostruzione di Gaza.
“Il problema della polio a Gaza è serio”, afferma Muhammad Abu Jayab all’inviato stampa dell’ONU, “per decenni la malattia non è esistita a Gaza. E ora, a causa della guerra, è tornata. È una minaccia per centinaia di migliaia di bambini compresi i miei. Questa vaccinazione è un grande passo avanti, nonostante il duro panorama umanitario e di sicurezza di Gaza”.
La campagna di vaccinazione procede secondo i piani: “Più di 160.000 bambini sono stati vaccinati nel sud della Striscia di Gaza giovedì, primo giorno di una campagna di vaccinazione antipolio […] continueremo a vaccinare il maggior numero possibile di bambini durante le pause umanitarie concordate, prima di spostarci nel nord dell’enclave distrutta dalla guerra” ha twittato l’UNRWA alle 9.04 del 6 settembre.
Nel sud di Gaza, più di 152.000 bambini sotto i 10 anni sono stati vaccinati nella città di Khan Younis, quasi 8.800 a Rafah e altri 1.000 in altre zone del sud.
Ad oggi, stando ai dati ONU, la copertura nella zona centrale e meridionale di Gaza ammonta a 354.786 bambini, ma altri 340.000 hanno bisogno di iniezioni nel sud della striscia.
Una terza e ultima fase sarà attuata nel nord di Gaza dal 9 all’11 settembre e riguarderà circa 150.000 bambini per poi ripetere l’intera operazione tra quattro settimane. Saranno dispiegate circa 517 squadre, tra cui 384 squadre mobili, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Una volta completata, circa 640.000 bambini avranno ricevuto due gocce del nuovo vaccino orale antipolio di tipo 2 in ciascuna delle due fasi.
Ma se da un lato si cercano di salvare i bambini dalla malattia, dall’altra i bambini continuano ad essere uccisi, e non solo nella striscia.
Mentre la guerra seguita a infuriare a Gaza, gli scontri mortali in corso nella Cisgiordania occupata, hanno provocato in questi giorni la morte di due bambini palestinesi a Jenin e Tulkarem. Tor Wennesland, massimo rappresentante delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, in un post online giovedì ha dichiarato: “Sono sconvolto dalla tragica uccisione di due bambini negli ultimi due giorni da parte delle forze di sicurezza israeliane durante le operazioni militari a Jenin e Tulkarem. Chiedo un’indagine immediata e approfondita su questi incidenti, sottolineando l’urgente necessità di responsabilità e giustizia per garantire la protezione di tutti i civili. La vita di ogni bambino è preziosa e la perdita di così tante giovani vite serve a ricordarci che è necessario intraprendere subito un’azione decisiva per fermare la violenza”.
Facendo eco a questo messaggio, l’UNWRA ha riferito che la violenza e la distruzione “aumentano di ora in ora” in Cisgiordania e che la scorsa settimana è stata la più letale per i civili palestinesi dal novembre dello scorso anno, con sette bambini tra i tanti uccisi.
L’escalation di violenza è confermata dall’ufficio di coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite, l’OCHA, che ha riferito che le strutture mediche sono state quasi sotto assedio per oltre una settimana, con gravi restrizioni al movimento delle ambulanze e del personale medico: “i bisogni umanitari stanno crescendo in un contesto di crescente insicurezza e di uso eccessivo della forza”.
E laddove non arriva la malattia e la guerra, arriva la fame ad uccidere i bambini.
A Gaza si registra una “estrema carenza di cibo e l’esaurimento delle capacità di far fronte alla situazione”, con un forte aumento del rischio di malnutrizione acuta e di morte, si legge nel Global Report on Food Crises.“Oltre a causare malnutrizione acuta diffusa e morte nel breve periodo, questo fenomeno ha un forte impatto umano, sociale ed economico nel lungo periodo”.
Il rapporto ha anche rilevato che la malnutrizione acuta tra i bambini e le donne rimane “persistentemente alta”, con molte famiglie che non possono permettersi una dieta sana.
“Siamo al crollo totale a Gaza, a un collasso completo dei sistemi alimentari, sanitari e di protezione, con conseguenze catastrofiche”, avverte Víctor Aguayo, direttore dell’UNICEF per la nutrizione infantile, dopo essere tornato dall’enclave la scorsa settimana. Poi, rivolgendosi ai giornalisti presso la sede delle Nazioni Unite a New York, ha dipinto la situazione a Gaza come una delle più gravi crisi alimentari e nutrizionali della storia: “la situazione nutrizionale a Gaza è una delle più gravi che abbiamo mai visto… è importante ricordare che quasi la metà della popolazione di Gaza che soffre per questa devastazione è costituita da bambini”, ha affermato.
Il rischio di carestia è reale: “Il fatto è che la dieta dei bambini di Gaza è estremamente povera. Si stima che oltre il 90% dei bambini mangi al massimo due tipi di cibo al giorno per settimane o mesi, in un contesto di gravissima mancanza di accesso ad acqua sicura e servizi igienici”, ha continuato. Le stime indicano che più di 50.000 bambini hanno bisogno di cure immediate per la malnutrizione acuta, richiedendo professionisti medici e operatori della nutrizione. “Ho camminato per i mercati e i quartieri, o per ciò che ne rimane… non c’è dubbio che il rischio di carestia e di una grave crisi nutrizionale su larga scala a Gaza sia reale”, ha sottolineato, chiedendo un cessate il fuoco immediato.
Ma Dio era stanco, forse troppo occupato e non ha ascoltato neppure lui.
*articolo apparso su https://www.popoffquotidiano.it/ il 10 settembre 2024