La politica cantonale, di stampo prettamente liberale, è fondata da decenni su un sistema di elezione proporzionale del Parlamento cantonale, senza alcuna quota di sbarramento.
Questo sistema ha permesso e permette a forze politiche e sensibilità divere di essere rappresentate in Gran Consiglio. È così attualmente ed è stato così anche in diversi momenti del passato dove vi è stato un numero di liste in Gran Consiglio ampiamente superiore al numero delle liste presenti in governo e assai vicino all’attuale numero: nulla di nuovo sotto il sole dunque!
Non vi sono dubbi che l’ultimo decennio è stato caratterizzato da una crisi profonda del funzionamento del sistema politico, oggi assai meno rappresentativo di quanto non lo fosse in passato. Lo testimoniano, sul piano elettorale, fenomeni quali la diminuzione costante della partecipazione alle elezioni, l’aumento delle schede senza intestazione, la presenza di liste che non appartengono direttamente ai partiti di governo.
L’insofferenza nei confronti delle liste “non allineate” e, seppur in modo diverso, di “opposizione” non è certo nuova. Basti pensare alle modifiche attuate in passato alla Legge sul Gran Consiglio (LGC) – in particolare alla modifica delle regolamentazione sulle interpellanze – attuate esplicitamente per spegnere quanto più possibile le voci di dissenso, in particolare – per esplicita ammissione di chi queste modifiche le ha proposte – i/le deputati/e dell’MPS.
Rientrano in questa strategia attuata verso le minoranze parlamentari il ricorso sistematico alle procedure scritte, cioè messaggi che il plenum del Parlamento non discute, limitando così gli interventi delle forze politiche non presenti nelle commissioni ad un solo minuto per una dichiarazione di voto, spesso di fronte a crediti di decine e decine di milioni di franchi.
Pure in questa strategia di emarginazione del ruolo delle forze politiche minori si inserisce la pratica di procrastinare la trattazione di proposte (iniziative e mozioni) provenienti da queste forze. Ad esempio, la prossima seduta del Gran Consiglio affronterà una mozione di Matteo Pronzini del 2017 sulla necessità di combattere le infiltrazioni mafiose e un’altra del 2020, della ex-deputata MPS Simona Arigoni, sulla partecipazione di AET alla centrale a carbone di Lünen. E che dire poi del fatto che un’iniziativa popolare, sempre dell’MPS depositata nel gennaio 2020 (cioè cinque anni fa) non sia ancora stata sottoposta a votazione popolare?
Da questo punto di vista appare assolutamente priva di fondamento l’argomentazione secondo la quale la presenza di molte liste in Gran Consiglio sarebbe un elemento di freno ai lavori parlamentari.
Con la proposta ora in discussione, cioè quella di introdurre una soglia di sbarramento del 4% per poter entrare in Gran Consiglio, si fa un passo ulteriore nella direzione di restringere il diritto di partecipazione delle forze politiche minori e non governative.
Ricordiamo infatti che se una simile soglia di entrata fosse stata applicata in occasione delle ultime elezioni cantonali, il Parlamento sarebbe ora composto solo da forze politiche rappresentate – direttamente o indirettamente – in Governo. Infatti, oggi in governo siedono rappresentati di 4 liste (presentatesi nel 2023 come tali): PLRT- Centro – Lega/UDC – PS/Verdi.
Le cosiddette liste minori, val la pena ricordarlo, rappresentano circa il 13% dei voti espressi dagli elettori e dalle elettrici (e circa il 15% del Parlamento) che non avrebbero alcuna rappresentanza in Gran Consiglio.
Assolutamente priva di qualsiasi validità l’argomentazione principale alla base della proposta, cioè la volontà di combattere la cosiddetta “frammentazione” politica.
Abbiamo già detto che tale “frammentazione” non è nuova: già in passato vi sono stati momenti caratterizzati dalla presenza in Parlamento di cospicuo numero di liste.
In realtà, se di frammentazione di vuole parlare, essa riguarda soprattutto le forze di governo che, da anni oramai, vivono rapporti conflittuali che si manifestano sistematicamente nelle discussioni politiche sui temi di fondo. Si tratta di posizioni “frammentate” nella misura in cui non riescono da anni ad esprimere una politica – che trovi un consenso in governo e parlamento – sui principali temi: fiscalità, giustizia, promozione economica, politica sociale, politica scolastica, etc. Basterebbe pensare agli ultimi dibattiti in Gran Consiglio attorno a questi temi (in particolare al momento in cui appaiono concentrati nei dibattiti sui Preventivi) per rendersi conto di come la “frammentazione” non abbia nulla a che vedere con la presenza di liste minori, ma alle diversità di atteggiamento, strategia e posizioni dei partiti maggiori. Ricordiamo, ad esempio, i diversi partiti che votano i Preventivi in governo e poi vi si oppongono in Gran Consiglio. Se restassero solo loro in Gran Consiglio le cose non cambierebbero minimamente.
Pure contestabile l’argomento secondo il quale le forze minori avrebbero un atteggiamento “non costruttivo” e il loro ruolo non sarebbe “propositivo”. Al di là del giudizio che si può avere su queste considerazioni, val la pena ricordare che, solo per quanto riguarda i/le deputati/e MPS, essi sono all’origine di una parte cospicua delle proposte di iniziative e mozioni parlamentari, cioè atti parlamentari che i partiti maggiori ritengono sicuramente “costruttivi”. Se consideriamo le proposte di tutte le forze minori, sicuramente avremmo la grande maggioranza delle proposte inoltrate al Parlamento.
Non è d’altronde la prima volta che le principali forze politiche cercano di scaricare sulle opposizioni (per quanto esse possano essere minoritarie e quindi ininfluenti dal punto di vista delle scelte parlamentari) la propria inadeguatezza, incapacità e inconsistenza nelle scelte politiche.
I mali del Ticino si manifestano, irrisolti e in netto peggioramento, da anni e sono sotto gli occhi di tutti. Pensiamo, ad esempio, alla incapacità di offrire prospettive ai giovani sul mercato del lavoro locale (da cui la “fuga dei cervelli”); alla mancata risposta ai problemi di ordine sanitario in un Cantone confrontato con un invecchiamento della popolazione; ad un mercato del lavoro ormai fuori controllo dove la fanno da padroni dumping salariale e peggioramento delle condizioni di lavoro e di salario di chi vive e lavora in Ticino; ad di una risposta carente ai problemi ambientali e del traffico e ad un crisi ormai evidente del nostro sistema formativo. Ricordiamo, ed è sotto gli occhi di tutti da ormai diverso tempo, l’incapacità di governo e Parlamento di dare risposte adeguate alla crisi ed al funzionamento della giustizia.
Di fronte a tale accumulazione di fallimenti è senz’altro assai comodo parlar d’altro; e in particolare diffondere l’idea, creando dibattiti come quello posto dalla modifica costituzionale per introdurre questo sbarramento, che la presenza di molte liste in Gran Consiglio sia un problema maggiore sul quale intervenire e che, ancora peggio, sia la causa di una simile fallimento politico, dipingendo le liste minori sempre lì pronte ad ostacolare la soluzione dei problemi.
Per tutte queste considerazioni, e perché l’accoglimento di questa modifica rappresenterebbe un passo indietro dal punto di vista dei diritti democratici della rappresentanza, l’MPS si impegnerà attivamente contro questa modifica di legge, da subito e fino alla votazione popolare (obbligatoria, trattandosi di una modifica costituzionale).
L’MPS ritiene che sarebbe utile che tutte le forze minori presenti in Gran Consiglio – così come tutte le forze che non condividono questa proposta di modifica costituzionale – si unissero per sviluppare una campagna unitaria o, perlomeno, potessero coordinare modi e temi delle loro campagne.
Per questo ha rivolto un invito a tutte queste forze per un primo incontro che si terrà il prossimo 27 gennaio.