Credit Suisse, già al centro di controversie per aver custodito conti legati a gerarchi nazisti, è nuovamente coinvolta in un caso di evasione fiscale.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha reso noto che l’istituto, acquisito da UBS nel 2023 per evitare il fallimento, ha riconosciuto di aver favorito clienti americani benestanti nell’elusione del fisco tra il 2010 e il 2021, occultando oltre 4 miliardi di dollari in almeno 475 conti offshore con sede a Singapore.
In un’intesa raggiunta nel 2014 la banca si impegnava a porre fine a simili pratiche. Tuttavia, in quegli stessi anni, Credit Suisse avrebbe continuato a sfruttare il segreto bancario svizzero, ricorrendo perfino a documenti falsi e donazioni simulate. UBS ha concordato il pagamento di 511 milioni di dollari per archiviare il procedimento.
Rimane però in corso un’indagine separata sulla presunta implicazione dell’istituto nella gestione di conti legati al regime nazista, un dossier riaperto dopo l’acquisizione da parte di UBS. Di che andare orgogliosi!
L’Ufficio federale di statistica ha pubblicato i dati sulla percezione dei ruoli di genere e della vita famigliare. Il modello di organizzazione preferito dalle famiglie intervistate è quello con entrambi i partner che lavorano a tempo parziale. Sembra quindi emergere una cultura che promuove un maggiore equilibrio nella suddivisione dei compiti professionali e famigliari.
La realtà però e ancora molto diversa. Il modello prevalente è ancora quello dell’uomo che lavora a tempo pieno e la donna a tempo parziale, seguito dal modello tradizionale con l’uomo a tempo pieno e la donna senza attività professionale. Solo nel 13% dei casi entrambi i partner lavorano a tempo parziale. È evidente quindi che la conciliazione lavoro-famiglia è ancora una questione privata, accessibile solo a chi può permetterselo.
È necessario invece che diventi una questione sociale e politica, con misure incisive per permettere alle famiglie di fare scelte diverse da quelle tradizionali. Torna di attualità la battaglia per la riduzione dell’orario di lavoro, l’aumento dei salari e il rafforzamento dei servizi di cura.
È da lunedì di Pasqua che i media parlano della successione di Papa Francesco. Ad essere interpellati solo figure religiose maschili: cardinali, vescovi, frati, sacerdoti. E le donne? Eppure le religiose sono la componente più numerosa della Chiesa (559’228 nel 2022, contro 407’730 sacerdoti); ma, malgrado questo, restano invisibili nel dibattito.
A nessuno viene in mente di intervistare una suora, magari con responsabilità in un ordine, per sentire il suo parere sulla successione di Francesco; figuriamoci invitarne una in televisione! La loro voce non interessa, nonostante il ruolo centrale che svolgono nella vita concreta delle comunità. Quando compaiono, è solo per far raccontar loro aneddoti da retroscena domestico; alla suore di Santa Marta si chiede cosa mangiava il Papa, che barzellette amava raccontare, se andava a letto tardi o si alzava presto.
A nessuno interessa la loro opinione di religiose, ma quella di servizievoli donne, considerate cioè né più né meno che delle serve. Perché non siamo sorpresi di tutto questo?
Ascoltando il PLR (e non solo), da anni sembrerebbe che stiamo affrontando una “esplosione” dei costi della salute. In realtà, negli ultimi anni l’aumento dei costi sanitari è stato in linea con il rincaro generale. Lo confermano i dati relativi al 2023 pubblicati oggi.
Apprendiamo infatti che i costi complessivi della salute sono aumentati del 2,4%, passando da 91,7 a 93,9 miliardi di franchi, mentre nello stesso periodo l’indice dei prezzi al consumo è cresciuto del 2,1%. Nel 2023, tuttavia, i premi di cassa malati sono aumentati ben oltre: +6,6% a livello nazionale e +9,2% a livello cantonale.
Un’ulteriore conferma che l’“esplosione” riguarda in realtà i premi delle casse malati, non i costi della salute. Negli ultimi tre anni, infatti, i premi sono aumentati di quasi il 20% a livello nazionale e di oltre il 30% in Ticino.