Mozione urgente al Consiglio di Stato
Rispondere ai problemi della formazione professionale; sia a quelli ampliati dalla pandemia che a quelli di ordine strutturale presenti ormai da tempo
È noto che, almeno nel nostro cantone, la formazione professionale da tempo incontri difficoltà. In particolare ad essere sempre più difficile è la ricerca di posti di apprendistato di qualità che, regolarmente, si presenta alla fine di ogni anno scolastico.
La pandemia in atto, le difficoltà a terminare l’anno di formazione (che vale sia per le scuole dell’obbligo sia per quelle post-obbligatorie e quindi anche per il tirocinio), le difficoltà che annunciano le aziende spingono ragionevolmente a pensare che quest’anno l’offerta di posti di apprendistato rischia di essere minore e che quindi trovare un posto di tirocinio per i giovani che comunque termineranno la scuola media sarà un’impresa assai difficile. Una tendenza che sembra essere confermata dal fatto che a tutt’oggi, e contrariamente a quanto avveniva negli scorsi anni, sono poche decine di giovani hanno un accordo per un contratto di tirocinio a partire da settembre.
Naturalmente, e lo abbiamo detto a più riprese, si tratta di fenomeno strutturale, legato al fatto che il mercato dei posti di apprendistato è di fatto dominato dai datori di lavoro che, attraverso il controllo dell’offerta, determinano, piegano anche la domanda proveniente dai giovani e dalle loro famiglie. Queste scelte, spesso spinte in alcune direzioni, hanno come risultato una percentuale di scioglimenti dei contratti di tirocinio assai più elevata rispetto alla media nazionale.
Lo sviluppo della pandemia ha inoltre bloccato anche i meccanismi di selezione (meccanismi che noi contestiamo in ogni caso) per tutta una serie di professioni e al momento non sembrano esserci ancora prospettive chiare.
Di fronte a tutto questo appare necessario che l’offerta di posti di apprendistato del settore pubblico (in particolare delle scuole professionali a tempo pieno) venga aumentata in modo considerevole. Questo si rivela necessario e urgente non solo in relazione alla situazione creata dalla pandemia, ma anche ai problemi strutturali che abbiamo qui sopra richiamati. D’altronde non possiamo non ricordare come una nostra mozione per il potenziamento dell’offerta di posti di tirocinio da parte del settore pubblico sia inevasa (malgrado la sua evidente urgenza) dal 2016.
Alla luce di queste considerazioni formuliamo all’attenzione del Consiglio di Stato le seguenti proposte:
1. Aumento, a partire da settembre, dell’offerta da parte delle scuole professionali a tempo pieno (d’arti e mestieri, d’arte applicata, media di commercio, sociosanitaria). Riteniamo che i posti messi a disposizione dovrebbero triplicare e dovrebbe essere prestata grande attenzione (se necessario con misure preferenziali) alla possibilità che le ragazze possano seguire delle professioni considerate “maschili”;
2. La creazione di nuove formazioni all’interno delle scuole d’arti e mestieri oltre a quelli già presenti (Elettronica/Elettronico, Operatrice/Operatore in automazione, Polimeccanica/Polimeccanico, Progettista meccanica/o, Creatrici/Creatori d’abbigliamento, Informatiche/Informatici, etc.) anche grazie ad una collaborazione tra scuole professionali e centri di formazione pratica (che sostituirebbero la formazione pratica in azienda);
3. L’obbligo per Cantone, enti pubblici, para-pubblici, amministrazioni comunali di assumere per il 2020 1 apprendista ogni 20 dipendenti. Le formazioni devono avvenire in tutte le professioni presenti;
4. L’obbligo, per i centri di formazione aziendali finanziati dal Cantone, di raddoppiare la propria offerta di posti di formazione a partire dal settembre 2020;
5. Il raddoppio (a partire dal settembre 2020) dei posti di formazione offerti nel settore sociale, in particolare nelle diverse scuole di formazione del personale sanitario;
6. Di decretare il libero accesso alle scuole professionali e alle scuole per l’ottenimento delle maturità professionali sospendendo i criteri attraverso i quali viene solitamente limitato l’accesso a queste scuole.
Per il gruppo MPS-POP-Indipendenti
Angelica Lepori, Simona Arigoni, Matteo Pronzini
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Bravo Bertoli, ancora un piccolo sforzo!
Questa volta cominciamo con i complimenti a Manuele Bertoli: chissà che il coronavirus non sia quell’evento che porterà un po’ di saggezza al capo del DECS (che ha parecchio da recuperare, in particolare dopo la disastrosa partenza!). Ci riferiamo alla decisioni comunicate con una circolare diffusa proprio oggi in merito alle valutazioni finali di questo anno scolastico.
Il DECS propone sostanzialmente la promozione all’anno successivo per tutti gli allievi delle scuole dell’obbligo (esclusi quei casi particolari, anche nell’ambito di un normale anno scolastico); per le scuole post-obbligatorie (liceo, commercio, etc.) si invita ad assegnare un voto finale essenzialmente sulla base dei risultati conseguiti nel primo semestre (cioè fine dicembre), con la possibilità di tener conto dei risultati conseguiti prima dell’interruzione di marzo e del lavoro svolto nell’insegnamento a distanza: ma solo se questi ultimi risultati non peggiorano il risultato ottenuto nel primo semestre.
Ci sembra una soluzione saggia, che per molti aspetti si avvicina a quanto, come ricorderanno i fedeli lettori e le fedeli lettrici del nostro bollettino, avevamo proposto una decina di giorni fa.
Si apre a questo punto una contraddizione evidente tra questa saggia soluzione e l’assurda ipotesi, sulla quale ancora non vi è stata una decisione, di riaprire le scuole dell’obbligo a partire dall’11 maggio. Al di là della ragioni sanitarie (che abbiamo a più riprese evocate) vi sono quelle legate alla famosa “continuità didattica”: dopo il passaggio dall’insegnamento in presenza a quello a distanza (per il quale sta partendo, proprio in queste ore, una nuova fase con nuove direttive), per poi passare nuovamente – tra tre settimane – di nuovo all’insegnamento in presenza…
I ragazzi e le ragazze non potrebbero che sentirsi confusi, sballottati tra esigenze, metodi e finalità diverse: non renderemmo certo loro un bel servizio in questa per loro difficilissima fase da un punto di vista psicologico. E non certo in una condizione migliore si sentirebbero i docenti.
E allora, forza Bertoli, ancora un piccolo passo: annunciamo che la scuole non riapriranno e prepariamoci ad affrontare al meglio queste ultime settimane, in particolare potenziando la presa a carico sociale e psicologica degli studenti; e, soprattutto, cominciano a discutere su come organizzare il rientro (coronavirus permettendo) di settembre.
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Interpellanza al Consiglio di Stato
I licenziamenti alla Mikron, quelli in arrivo e la “irresponsabilità sociale” delle imprese
Alcuni mesi fa, ben lontani dalla crisi del Covid-19, avevamo già interpellato il Consiglio di Stato sull’azienda Mikron.
Chiedevamo come fosse possibile che la Mikron da un lato ricorresse al lavoro ridotto e, allo stesso tempo, procedesse a dei licenziamenti (allora si trattava di una ventina di dipendenti, pari a circa 7% della forza lavoro).
Eravamo nella seconda parte dello scorso anno e la Mikron veniva da un 1918 nel corso del quale aveva conseguito un utile netto di utile netto di 14 milioni di franchi; risultato positivo che si è comunque ripetuto, malgrado segni di flessione, nel 2019 con un utile netto di 8 milioni da cui la prima proposta, poi ritirata, del versamento del dividendo suindicato.
A completare il quadro devono essere ricordati gli sgravi fiscali dei quali questa importante azienda, al pari di molte altre, potrà usufruire a seguito delle riforme fiscali approvate sia in sede cantonale che federale (RFFA).
Partendo da un quadro di riferimento di questo genere, non possiamo non andare con la mente ai discorsi, che spesso sentiamo fare dal governo e dai responsabili dei partiti maggiori, sulla responsabilità sociale delle imprese: per constatare che siamo palesemente confrontati con un atto di grave irresponsabilità!
Che il Virus abbia scoperchiato una crisi che già aleggiava da qualche anno (prova ne sia che la stessa azienda non addossa all’attuale crisi sanitaria la flessione delle proprie attività) è cosa nota. Ci pare importante però sottolineare come, ormai da anni, governo e Parlamento stiano facendo di tutto per sostenere le aziende, con denaro pubblico (poco importa se sussidi, incentivi o sgravi fiscali, o miglioramento delle condizioni quadro), e queste rispondano sempre più spesso con lo stesso metodo utilizzato dalla Mikron (potremmo citare, altro caso d’attualità il comportamento della Philippe Plein. Preoccupazione ribadita proprio all’inizio di questa crisi pandemica; non abbiamo dimenticato come dalla prima conferenza stampa del governo il messaggio principale uscito dalla bocca del presidente del governo sia stato “non lasceremo soli i nostri imprenditori”.
Alla luce di queste considerazioni, chiediamo al Consiglio di stato:
1. Corrisponde al vero che la Mikron ha chiesto il lavoro ridotto durante l’emergenza Covid-19 per almeno 260 dipendenti, lavorando quindi a regime ridotto con 70 lavoratori?
2. Come giudica questa politica, ritenuto che ha già annunciato la soppressione di 110 dipendenti?
3. Il capo del DFE e del governo Christian Vitta, che ha buoni rapporti con le aziende (nelle quali si reca per visite pastorali: ricordiamo proprio quella alla Mikron dell’agosto 2015, a soli quattro mesi dalla propria elezione in Consiglio di Stato), ritiene – garantire le misure di igiene e di stanziamento sociale – fare una nuova visita all’azienda, per valutare la situazione e richiamarla alle proprie “responsabilità sociali”, chiedendo che l’azienda ritiri i 110 licenziamenti?
4. Alla luce dell’evoluzione della situazione occupazionale in questi ultimi mesi (con le due ondate di licenziamenti), non ritiene il governo che vi sia un interesse generale e pubblico preponderante tale da giustificare la pubblicazione relativa all’apporto fiscale dell’azienda negli ultimi cinque anni?
5. Di questo passo sempre più aziende si troveranno in condizioni di poter licenziare il personale senza nessun tipo di vera necessità e senza nessun controllo e limite. Non ritiene il governo di dover emanare della indicazioni all’attenzione delle imprese, invitandole a dare prova della tanto invocata “responsabilità sociale” in un momento così difficile? Non ritiene di dover proporre delle disposizioni di legge o regolamentari che, attraverso l’utilizzazione di strumenti già esistenti (ad esempio ispettorato del lavoro), esercitino una pressione sulle aziende affinché non procedano a licenziamenti il cui obiettivo è principalmente il mantenimento di utili e tassi di redditività soddisfacenti?