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L’avevano arrestata, imprigionata ma non l’avevano fermata. La coraggiosa avvocatessa per i diritti umani in Turchia Ebru Timtik ha portato la sua lotta anche nelle celle della prigione di Silivri dove era stata portata dopo l’arresto che aveva coinvolto lei e altri 18 colleghi impegnati nella difesa dei diritti civili in Turchia. Dal 12 settembre 2018 continuava la sua battaglia da lì assieme al collega Aytaç Ünsal. I due erano stati accusati di «appartenere all’organizzazione terroristica Dhkp-c» e condannati per questo lei a 13 anni e 6 mesi e Aytaç Ünsal a 10 anni e 6 mesi. Una condanna farsa figlia di un processo farsa contro il quale i due avevano intrapreso 238 giorni or sono lo sciopero della fame. Uno sciopero che alla fine ha tolto la vita a una donna esemplare e coraggiosa, Ebru Timtik.

«Durante le udienze era il procuratore a ricordare al testimone certe sue dichiarazioni. Inoltre si tratta di una persona che è stata utilizzata in circa 100 processi tra cui anche il maxi processo che riguarda la rivolta popolare del Parco Gezi del 2013. Questo fatto non ha nessuna base giuridica»: così il presidente dell’Albo dei Legali di Istanbul, Mehmet Durakoglu, descriveva il processo che aveva sancito la condanna per Ebru Timtik, un processo basato su un singolo testimone, un processo che l’avvocatessa non poteva accettare. Lei che aveva difeso i diritti dei minatori sfruttati, dei familiari degli operai vittime degli incidenti nei grandi cantieri edili, dei contadini che resistono contro le centrali idroelettriche che distruggono i campi agricoli e le acque dell’Anatolia, delle donne vittime di violenza maschile sempre più diffusa e non punita, e dei cittadini che hanno alzato la testa contro il governo durante la rivolta popolare di Gezi, si era trovata a dover difendere se stessa contro un processo che di legale non aveva assolutamente nulla e che, essenzialmente, la condannava per il suo stesso lavoro.

Non era sola però Ebru Timtik. Al suo fianco naturalmente il collega e compagno di prigionia Aytaç Ünsal ma anche avvocati, associazioni, politici e semplici cittadini che da tutto il Pianeta hanno seguito le sue vicende cercando di porre rimedio a ciò che l’ingiustizia aveva creato.

Quando in protesta contro le condizioni carcerarie e le violazioni dei diritti di cui era stata vittima nel corso del suo assurdo processo, Ebru Timtik intraprese lo sciopero della fame 238 giorni fa in molti si mobilitarono per salvarle la vita. A tutti era chiaro come si trattasse di un percorso segnato, di una via con la morte come unico possibile approdo.

Quando il 14 agosto la Corte di cassazione turca ha respinto il ricorso per la liberazione di Ebru dichiarando che non c’erano prove che fosse in pericolo di vita o che ci fossero rischi per la sua incolumità fisica, l’avvocatessa pesava 30 chili.

Le ingiustizie di questa storia risultano palesi agli occhi del mondo intero e sono le stesse ingiustizie contro le quali questa combattente per i diritti umani si era da sempre battuta.

ERDOGAN ASSASSINO!

MORTE AL REGIME ISLAMOFASCISTA TURCO!

LIBERTA’ PER TUTTI I PRIGIONIERI POLITICI DI QUELL’IMMENSO CARCERE CHE È DIVENTATA LA TURCHIA!