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Sono stati tanti, anzi, tantissimi i pubblici dipendenti ginevrini che nel pomeriggio del 15 ottobre hanno incrociato le braccia e son scesi nelle piazze -in più di 6’000 secondo la polizia- per una nuova prova di forza con il governo cantonale.

La posta in gioco è altissima: sono 500 milioni di tagli ai salari che Consiglio di Stato e Parlamento vorrebbero imporre a quelle lavoratrici e lavoratori che, pochi mesi fa, si applaudivano sera dopo sera dai balconi.

Altro che l’1%!

È per far fronte ad un deficit che dovrebbe quest’anno raggiungere l’astronomica somma di un miliardo di franchi che il governo vorrebbe imporre tre misure che cambierebbero definitivamente i rapporti salariali nella funzione pubblica ginevrina.

Oltre ad una riduzione dell’1% del salario nominale, il governo ha infatti intenzione di sopprimere gli scatti automatici previsti dalla legge -la cosiddetta anzianità di servizio e di ridurre – dal 63 al 53% – il suo contributo alla cassa pensione dei funzionari che dovrebbero quindi assumere la parte che verrebbe a mancare attraverso nuove deduzioni sui loro salari.

Concretamente, secondo i calcoli effettuati tramite un metodo messo in rete dalla VPOD, il «modico sacrificio dell’1%» tanto sbandierato dal governo e dalla stampa si tradurrebbe in una perdita netta di reddito compresa tra il 6,8 ed il 9,82% in quattro anni. Altro che 1%!

E non dimentichiamo poi gli effetti indotti nella misura in cui la diminuzione del salario nominale avrà effetti a lunghissimo termine sulle pensioni, su quel secondo pilastro dei cosiddetti «privilegiati», i funzionari, che la popolazione ginevrina ha deciso, in una votazione del maggio del 2019, di rifinanziare secondo un progetto presentato dalla parte sindacale.

E, ciliegina sulla torta, è di ieri l’annuncio fatto dalla sedicente socialista alla testa del Dipartimento della pubblica istruzione, Anne Torracinta – la stessa che nell’affare delle magliette è stata capace di mettere sullo stesso piano l’ombelico di una ragazzina e le T-shirt comportanti scritte omofobe, razziste  o naziste- secondo la quale gli insegnanti messi in quarantena in caso di rischio COVID dovranno considerare le ore di quarantena come…ore dovute, dunque da rimborsare !

Innominabili e Innominate

La spiegazione dell’esplodere del debito pubblico è stata subito trovata e contrabbandata in forza dal governo e dalla stampa di regime: quel miliardo risulterebbe dal costo della ricapitalizzazione – voluta dal popolo- della cassa pensione…dei pubblici dipendenti, dagli effetti della pandemia che ha rallentato l’economia e da non meglio precisate decisioni prese nel 2019 in materia di fiscalità.

A definirle, però queste decisioni sono chiare e si capisce perché non le si voglia proprio nominare. Per «decisioni in materia fiscale» è da comprendere l’adozione, purtroppo, da parte dell’elettorato della Riforma del finanziamento delle ditte e dell’AVS, la RFFA che, smentendo le previsioni più che ottimistiche del dipartimento delle finanze, provoca già nel primo anno della sua entrata in vigore una carenza di introiti fiscali dell’ordine di 500 milioni di franchi.

Tutto questo mentre è ancora nella mente di tutti la grande povertà emersa durante il lock-down – quando, d’un colpo, si videro più di tremila persone fare la coda ogni sabato mattina per ricevere una borsa di prodotti di prima necessità – e la propaganda ufficiale chiede uno «sforzo di solidarietà», rammentare quei 500 milioni è un dovere sacrosanto!

Perché non è a quanti possono ancora disporre di un lavoro con il quale vivere bene o male e far vivere figli e figlie che è da imporre tale sforzo di solidarietà; ma a quanti incassano i frutti dei capitali investiti beneficiando di regali dell’ordine, per l’appunto, di miliardi.

Segnale di partenza?

In questo senso, la sospensione della RFFA – e delle misure fiscali che proteggono chi investe- per poter rispondere ai bisogni preponderanti della maggioranza della popolazione è una necessità urgente.

Così come l’istituzione di un’imposta provvisoria di solidarietà sui grandi patrimoni diventa un imperativo nel momento in cui Nathalie Fontanet, capa PLR del Dipartimento cantonale delle finanze, sogna ad alta voce nelle colonne del quotidiano Le Temps la soppressione dell’imposta sulla fortuna…

Chiamato a presentare un preavviso di sciopero riconducibile per il 29 ottobre, il personale dei servizi pubblici potrebbe dare il segnale di partenza di un ciclo di mobilitazioni sociali che – convergendo con quelle delle donne, del clima e dell’antirazzismo – potrebbe aprire la via ad un’uscita dalla crisi verso l’alto. (15 ottobre 2020)

*nostro corrispondente da Ginevra