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È duplice la ragione per la quale non possiamo aderire al Preventivo che ci viene proposto.
La prima è sintetizzata nella serie di emendamenti che abbiamo presentato e che toccano alcuni degli aspetti più problematici che la pandemia (che ormai sta per compiere l’anno) ci obbliga ad affrontare e che il Preventivo non affronta.
Pensiamo alla situazione reddituale di molte persone: salariati (che hanno subito e subiscono il lavoro ridotto); indipendenti che hanno dovuto affrontare una importante riduzione di attività non sempre coperta dalle misure prese; salariati che hanno perso il lavoro a causa dell’emergere della crisi.
Ma accanto a problemi reddituali vi sono altre questioni: pensiamo, ad esempio, al modo in cui la crisi pandemica (ed economica ad essa collegata) abbia colpito le donne (un dato incontrovertibile); oppure alle difficoltà per reperire posti di tirocinio di qualità; o, ancora, tutte le questioni legate alla gestione del sistema sanitario.
Su tutti questi aspetti, centrali nel prossimo anno, il Preventivo glissa, limitandosi a includere quelli che sono stati gli interventi dettati dall’emergenza sanitaria, senza pensare a misure e a una politica in grado di dare risposte adeguate a questi temi.
Il riferimento a quanto verrà messo a disposizione per i cosiddetti casi di rigore (la legislazione federale verrà messa a punto in via definitiva questa settimana), così come per il sostegno ai cittadini previsto dal messaggio 7906 sono e saranno veramente poca cosa per avere la pretesa di rappresentare un intervento capace di rilanciare in qualche modo l’economia cantonale, né tantomeno di portare un concreto e massiccio sostegno al declino della capacità reddituale di una buona parte della popolazione.
La seconda ragione di fondo che ci vede opposti a questo Preventivo è che esso (e lo si vede in modo esplicito nelle considerazioni della commissione della gestione) preannuncia una strada di austerità finanziaria e sociale assolutamente inaccettabile, con le solite dichiarazioni su spesa pubblica, contenimento del debito, ecc.; dichiarazioni che oggi nessun governo serio, in Europa e altrove, si sognerebbe di fare di fronte alla crisi pandemica ed economica che ha investito e investirà sempre di più il mondo capitalista.
La logica che si intravvede è chiara ed è la solita: una politica di austerità finanziaria che, alla fine, andrà a toccare in modo importante la spesa pubblica, con le logiche di sempre: taglio dei contributi, diminuzione del personale, ecc.; vi sarebbe da tagliare, leggiamo, “il superfluo e il non necessario al funzionamento e al servizio alla popolazione”: senza, come al solito, dire che cosa viene considerato non necessario e superfluo.
Alla fine, ci pare che, ancora una volta, il discorso sia quello di sempre, di fronte ad una crisi che, se è particolare negli elementi che l’hanno scatenata, non differisce molto da quelle che hanno colpito in passato il mondo capitalista.
E che, in breve, possiamo così riassumere: dalla crisi escono e usciranno vincenti i grandi gruppi bancari, del commercio e di alcuni settori industriali; usciranno sconfitti i salariati, coloro che vivono del proprio salario (e che rappresentano i tre quarti della popolazione) e coloro che (indipendenti, piccoli commercianti, ecc.) non hanno la solidità finanziaria per far fronte alla crisi.
Ed è evidente che non vi sarà alcuna uscita da questa crisi se non si procederà ad una redistribuzione della ricchezza tra capitale e lavoro. È un’evidenza che non può essere contraddetta dalle proposte fumose di aiuto, di redistribuzione, di sostegno che vengono qua e là immaginate.
Uno degli emendamenti che abbiamo presentato abbozza una piccola proposta in questo senso, proponendo di chiedere un maggiore contributo a coloro che traggono un profitto fiscale dal loro domicilio in Ticino (parliamo dei globalisti). Sarebbe un piccolo contributo, ma che mostra in quale direzione si deve andare proprio nella prospettiva di una redistribuzione della ricchezza tra capitale e lavoro.
Ma questa prospettiva richiede, evidentemente, ben altro che una forte opposizione parlamentare. Necessità una trasformazione radicale del sistema nel quale viviamo e una contestazione del suo ordine sociale, economico e ambientale.
La crisi del Covid ha messo all’ordine del giorno la necessità di questi radicali cambiamenti, unitamente a quelli messi in mostra dalla crisi ambientale e da quella economica e sociale. È in questa prospettiva che noi ci muoviamo; è in questa prospettiva che rientra, per quanto possa essere utile, la nostra opposizione al Preventivo 2021.

*testo dell’intervento di entrata in materia.