Continua la mobilitazione tra le lavoratrici e i lavoratoti affiliati all’Istituto di Previdenza del Canton Ticino (IPCT), la cassa pensione pubblica alla quale sono affiliati (tra attivi e beneficiari di rendite) circa 27’000 persone (dipendenti del Cantone, Comuni e altri enti pubblici e parapubblici).
Il primo appuntamento è stata la giornata del 28 settembre che ha visto organizzare attività su diversi luoghi di lavoro e poi, a fine giornata, convergere a Bellinzona più di 3’000 persone che hanno animato una delle più importanti e combattive manifestazioni di salariati degli ultimi anni.
Un elemento di novità alla base di questa importante mobilitazione è senza dubbio la costituzione della Rete per la Difesa del Pensioni (ErreDiPi) che è stata in grado di cogliere il malessere tra i salariati e le salariate del settore pubblico e convogliarlo verso forme adeguate di mobilitazione. Una novità fondamentale, rispetto al passato – anche recente – caratterizzato dalla mancanza di risposta da parte dei lavoratori e delle lavoratrici ai molteplici appelli delle organizzazioni sindacali a mobilitarsi – anche sugli stessi temi. Ricordiamo, ad esempio, che solo un anno fa una manifestazione convocata dalla VPOD – sullo stesso tema, cioè la lotta contro l’abbassamento delle rendite annunciato dall’IPCT – aveva raccolto un centinaio di persone.
Rivendicazioni chiare
Come si spiega tutto questo? Certamente, con il declino e l’incapacità delle direzioni e degli apparati sindacali di entrare in sintonia con stati d’animo e aspirazioni dei salariati, insensibili ai richiami delle organizzazioni sindacali.
Ma, anche, con gli errori compiuti in passato da queste stesse organizzazioni. Basti ricordare che la prima diminuzione del 20% in media delle rendite si è avuto nel 2012, con l’approvazione della nuova legge concordata da governo, parlamento e organizzazioni sindacali. Una modifica che buttava a mare qualsiasi solidarietà intergenerazionale, suscitando divisione e scoraggiamento ancora oggi percepibili.
ErreDiPi è stata capace di prospettare agli assicurati IPCT un’analisi chiara della situazione, le conseguenze delle proposte del governo con esempi chiari, insistendo sulla necessità di mobilitarsi quale prerequisito fondamentale per qualsiasi trattativa, altrimenti destinata alla sconfitta.
È nata così la campagna che ha messo al centro la necessità di opporsi alla proposta del Consiglio di Amministrazione (CdA) di IPCT di diminuire il tasso di conversione, cioè quella percentuale che trasforma il capitale accumulato durante la carriera lavorativa in una rendita annuale. Gli organismi direttivi di IPCT vogliono diminuire questo tasso dall’attuale 6,17% al 5% (a tappe, su otto/dieci anni). Le conseguenze per le rendite sono evidenti: una perdita mediamente del 20% che, unitamente a quella subito nel 2012, rappresentano, per la stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori assicurati presso l’IPCT, la prospettiva di rendite inferiori del 35-40%.
Per questo, fin dall’inizio, ErreDiPi ha insistito sulla necessità di bloccare la decisione di diminuire il tasso di conversione, precondizione per qualsiasi discussione e trattativa. Il NO alla diminuzione del tasso di conversione è stata ed è la rivendicazione che ha permesso la costruzione di una così importante mobilitazione. E tutti i passi della mobilitazione – dalle assemblee fino alla manifestazione del 28 settembre – hanno fatto proprio questo punto di vista adottato in tutte le risoluzioni votate.
Chi rappresenta gli assicurati?
ErreDiPi ha tentato di convincere della giustezza di questa posizione i “rappresentanti” degli assicurati in seno al CdA di IPCT (si tratta di cinque rappresentanti eletti in rappresentanza dei sindacati VPOD, OCST e SIT). Costoro, invece e in sintonia con i rappresentati padronali (cioè altri cinque rappresentanti – capitanati da Christian Vitta – eletti dal consiglio di Stato in rappresentanza del Cantone e sulla base di rappresentanza partitiche), hanno votato, già la scorsa primavera, il principio della diminuzione del tasso di conversione dal 6,17% al 5%, rinviando alla modifica del regolamento percentuali precise e tappe di questa diminuzione che, in ogni caso, dovrebbe partire dal 1° gennaio 2024.
Proprio su questo punto si è concentrata la richiesta di ErreDiPi e del movimento che essa rappresenta: nessuna modificazione del regolamento (che significherebbe l’inizio concreto della diminuzione delle rendite) fino a quando non verranno adottate misure (di competenza del Gran Consiglio – su proposta del governo) che neutralizzino del tutto o in parte gli effetti della diminuzione del tasso di conversione sulle rendite: cioè misure che evitino la diminuzione delle rendite. Tra queste misure quella sicuramente più efficace – sul medio/lungo termine – potrebbe essere un aumento dei contributi (dell’ordine del 5-6%) a carico del datore di lavoro.
Ma i “rappresentanti” degli assicurati non ci sentono da questo orecchio e preferiscono allinearsi sulle posizioni del governo e dei suoi rappresentanti in seno al CdA, ribadendo che una diminuzione del tasso di conversione dovrà esserci a partire dal 1° gennaio 2024, pur dicendosi disponibili a discutere di misure di compensazione.
La “compensazione” che non c’è
Proprio il tema delle cosiddette “compensazioni” mostra i limiti di questa impostazione. Malgrado le preannunciate “disponibilità” di governo e Parlamento, di misure di compensazione non vi è nemmeno l’ombra. Né dal punto di vista quantitativo (quanti soldi governo e Parlamento sono disposti a mettere in campo) né sulle modalità di attuazione di queste misure.
Il capo del DFE (e membro del CdA di IPCT) ha d’altronde affermato chiaramente in una recente intervista televisiva che non vi saranno proposte del governo prima di maggio – giugno 2023; proposte che poi dovranno essere vagliate dal Gran Consiglio. A questo livello, la Lega dei Ticinesi (primo partito di governo) ha già fatto sapere che si opporrà (fino al referendum se necessario) a misure di compensazione: vuole che le rendite diminuiscano!
È in questo contesto – fatto di prospettive fumose, totalmente inconsistenti – che ErreDiPi ha ribadito la necessità che la decisione di principio presa dal CdA di IPCT di ridurre il tasso di conversione venga congelato fino a quanto non saranno adottate dal Parlamento misure di compensazione che evitino – per chi andrà in pensione tra molti anni ma anche per chi andrà in pensione nel 2024 – una diminuzione delle rendite. È un punto fondamentale che non va e non può essere abbandonato.
Continuare, approfondire e rafforzare la mobilitazione
È in questa prospettiva che ErreDiPi si muove e tenta di continuare e approfondire la mobilitazione dei salariati sottoposti a IPCT. Perché di una cosa si deve essere consapevoli: non vi saranno trattative, discussioni, accordi soddisfacenti per i salariati e le salariate, per le loro pensioni a breve, medio e lungo termine, senza una mobilitazione che riesca a continuare nella durata, ad approfondirsi e a stabilire un maggiore rapporto di forza.
Il prossimo appuntamento è ora quello del 14 dicembre, in concomitanza con la seduta del Gran Consiglio. Un’occasione per rivolgersi a coloro che potrebbero e dovrebbe decidere quelle misure che potrebbero impedire un nuovo taglio delle rendite, dopo quello già subito 10 anni fa.
È possibile andare in questa direzione. Ci vorrà l’impegno e la determinazione di tutti noi.