Dopo il fallimento dell’iniziativa per la fissazione di un tetto massimo ai premi dell’assicurazione malattia, ci stiamo avviando verso una ripetizione della stessa situazione? Oppure riusciremo ad avviare una mobilitazione sociale per un’assicurazione malattia pubblica e solidale?
I risultati sulle iniziative popolari federali in materia sanitaria del 9 giugno 2024 sono arrivati. L’iniziativa del Partito Socialista Svizzero (PSS) per limitare i premi dell’assicurazione malattia al 10% del reddito è stata respinta dal 55,5% dei votanti; l’iniziativa del Centro per porre un “freno ai costi”, cioè alle spese finanziate dall’assicurazione malattia ha subito un destino simile, con un 62,8% di no.
Questi risultati potrebbero far pensare che l’iniziativa del Centro abbia subito la sconfitta più grave. Il bilancio politico è, per il momento, diverso. I messaggi che hanno dominato i dibattiti che hanno preceduto il voto sono stati ben riassunti, ancora una volta, dalla consigliera federale “socialista” Elisabeth Baume-Schneider, nel suo intervento al Forum de la Première di Radio Suisse Romande il 9 giugno: “Le due iniziative erano effettivamente correlate perché possiamo agire sui premi solo agendo sul controllo dei costi. […] L’iniziativa del Centro ha avuto il pregio di dire che possiamo e dobbiamo risparmiare, senza correre rischi in termini di qualità. In altre parole, la questione dell’onere dei premi sanitari, come quella dello sviluppo del sistema sanitario, è rimasta subordinata alla presunta “necessità” del “contenimento dei costi“, e questo ha giocato un ruolo cruciale nel fallimento dell’iniziativa PSS.
È fondamentale prendere spunto da questa constatazione per comprendere le dinamiche che si svilupperanno nella sanità nei prossimi mesi e anni e per riflettere su come rilanciare la lotta per l’assicurazione malattia sociale.
3 marzo – 9 giugno: insegnamenti che emergono da un confronto
Analizziamo brevemente, prima di tutto, i risultati di questo voto. Tre mesi dopo la vittoria dei sindacati, il 3 marzo, per la loro iniziativa che chiedeva l’introduzione di una tredicesima mensilità per l’AVS (Assicurazione vecchiaia e superstiti), appare inevitabile confrontare la sconfitta dell’iniziativa del PSS sull’assicurazione malattia con il successo dei sindacati. Una discrepanza illustra la differenza tra le due votazioni: il 9 giugno quasi 770’000 persone in meno (1’116’910 contro 1’884’096), ovvero il 40%, hanno votato per l’iniziativa per imporre il limite del 10% ai premi dell’assicurazione malattia rispetto a quella sulla tredicesima mensilità AVS lo scorso 3 marzo. Questo divario è il risultato di due fattori. Da un lato, l’affluenza alle urne è stata significativamente più bassa il 9 giugno: solo il 45,4% degli elettori si è presentato il 9 giugno, rispetto al 58,4% di marzo; dall’altro, la tredicesima mensilità AVS ha ottenuto il 58,2% dei voti e la maggioranza in 16 cantoni e semicantoni, contro meno del 45% e 8 cantoni o semicantoni per la limitazione dei premi. Tre fattori principali hanno probabilmente contribuito ad aumentare questo divario.
In primo luogo, la differenza strutturale tra la costruzione dell’AVS e quella dell’assicurazione malattia e i suoi effetti sulla percezione delle persone. L’AVS unisce la maggioranza della popolazione. Il sistema è uguale per tutti. Tutti contribuiscono al suo finanziamento con la stessa percentuale sul salario e tutti hanno diritto a una pensione, con differenze molto limitate: la differenza è, al massimo, il doppio. Questa “convergenza” di situazioni è la grande forza dell’AVS e ciò che la rende particolarmente detestabile agli occhi della destra, dei datori di lavoro e degli “ambienti economici”. L’assicurazione malattia, invece, è una macchina che crea costantemente più differenze e disuguaglianze. I premi cambiano da cassa a cassa, da un modello di assicurazione sanitaria all’altro. Ma anche da Cantone a Cantone.
A questo primo strato di differenze se ne aggiunge un secondo, derivante dai sussidi cantonali, che variano da un Cantone all’altro. Lo stesso sistema di sussidi, all’interno dello stesso cantone, aumenta il divario tra coloro che ne hanno diritto e coloro che non ne hanno diritto, anche se i contributi per l’assicurazione sanitaria gravano pesantemente sui loro bilanci.
Ma le disuguaglianze aumentano anche in termini di accesso alle cure, a seconda della franchigia e del modello di assicurazione sanitaria “scelto”. In questo contesto, la destra ha potuto sfoderare il suo classico argomento “popolare”, del tipo: “I contadini del Canton Uri, che sono parsimoniosi nelle loro visite mediche, dovrebbero pagare i premi sanitari dei costosi funzionari di Basilea Città o di Ginevra?”
In secondo luogo, la campagna sindacale per la tredicesima AVS si è distinta per la capacità di mobilitare reti di attivisti e, più in generale, persone convinte del problema. Ciò si è riflesso nella distribuzione capillare di argomenti e altri materiali della campagna, nonché nella moltiplicazione del sostegno finanziario, che ha portato a un’affluenza al voto senza precedenti. Per il 9 giugno, il Partito Socialista non è stato in grado di riprodurre una dinamica simile, anche se aveva ritenuto possibile e utile farlo.
In terzo luogo, uno dei punti di forza decisivi della campagna sindacale e popolare per la tredicesima AVS è stato quello di aver affrontato di petto le argomentazioni tradizionali della destra e dei datori di lavoro sulle finanze dell’AVS, che sarebbero state “in pericolo“, e di averle messe in crisi con successo. Di fronte alla propaganda della destra, dei datori di lavoro e degli assicuratori sull’assicurazione malattia – “i premi della cassa malati seguono solo i costi, il vero problema sono i costi” – il PSS non ha fatto nulla di simile. E per una buona ragione: molti dei suoi leader hanno fatto propria questa narrazione. Elisabeth Baume-Schneider non fa eccezione, data la sua posizione di Consigliere federale. L’ex capo del gruppo parlamentare del PSS, il consigliere nazionale Roger Nordmann (Vaud), ha invitato a votare SÌ all’iniziativa del Centro, convalidando così la tesi borghese, e questo punto di vista non è rimasto isolato all’interno del PSS (1).
Capire il contesto delle battaglie future
La bocciatura dell’iniziativa per un tetto del 10% ai premi di casa malati faciliterà l’accentuazione delle dinamiche negative in atto nell’assicurazione malattia e nel sistema sanitario. Il peso dei premi di assicurazione malattia continuerà ad aumentare nei bilanci delle famiglie. Insieme a questa tendenza, aumenterà la pressione per il “controllo della spesa sanitaria“, con il Consiglio federale che ha ora l’autorità di fissare obiettivi quantificati ogni quattro anni. Di conseguenza, tre meccanismi già in atto rischiano di rafforzarsi e di rappresentare un vero e proprio salto di qualità. È necessario tenerne conto nel valutare il seguito da dare al voto del 9 giugno.
1. I vincoli finanziari per le istituzioni sanitarie sono destinati ad inasprirsi. Questo vale in particolare per gli ospedali, destabilizzati da oltre un decennio di finanziamenti inadeguati e dall’aumento della concorrenza. L’obiettivo è ora quello di trasformare questa pressione in chiusure di ospedali.
Un’argomentazione viene regolarmente avanzata dagli “esperti” per giustificare questi tagli: il tasso di occupazione dei letti ospedalieri è “solo dell’80%”, il che rappresenterebbe la “prova” che vi sarebbe un ampio margine di manovra per ristrutturare questo settore e renderlo più “efficiente”. I dati OCSE mostrano che questo tasso di occupazione, pari all’80,3% nel 2021 in Svizzera (ultimo anno disponibile), è in realtà quasi il più alto tra tutti i Paesi “industrializzati”. Il tasso di occupazione è più alto solo nel Regno Unito (80,9%), un Paese che soffre di un drammatico sottodimensionamento del sistema ospedaliero con tempi di attesa scandalosamente lunghi, e in Canada (86,7%). I dati dei Paesi europei vicini o comparabili sono i seguenti: Austria: 66,6%, Belgio: 64,5%, Francia: 71,9%, Germania: 69,9%, Italia: 71,3%, Paesi Bassi: 61,2%, Norvegia: 76,6%. Tuttavia, le richieste di chiusura degli ospedali si fanno sempre più pressanti.
In questo contesto di minaccia esistenziale, la concorrenza tra le strutture si sta intensificando e il concetto di servizio pubblico viene gradualmente cancellato nella maggior parte dei Cantoni, in linea con le successive riforme della Legge sull’assicurazione sanitaria (LAMal). Ciò consente al settore privato di espandere la propria presenza, non solo nel settore ospedaliero, ma anche alla frontiera tra cure ospedaliere e ambulatoriali, dove i cambiamenti sono più rapidi. Si stanno creando partenariati pubblico-privati per la chirurgia ambulatoriale, che è destinata a espandersi rapidamente. A Zurigo è stato appena avviato un progetto hopital@home, lanciato da un medico senior del gruppo privato Hirslanden. Infine, nel settore dell’assistenza domiciliare, le aziende private a scopo di lucro sono in aumento, con una quota di mercato passata dal 16% nel 2013 al 29% nel 2022, secondo l’Ufficio federale di statistica (UST).
Una conseguenza di questi sviluppi è già chiara: l’indispensabile miglioramento delle condizioni di lavoro, in particolare per gli infermieri e le infermiere, sta per essere insabbiato, a meno che non si imponga un cambiamento di rotta grazie alla mobilitazione del personale. La proposta presentata all’inizio di maggio dalla Consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider per l’attuazione dell’iniziativa “Per un’assistenza infermieristica forte” ne è un esempio: combina parole vuote, pseudo “progressi” che si limitano a registrare diritti acquisiti e prescrizioni “minime” che non sono in linea con il diritto pubblico o con i contratti collettivi di lavoro esistenti in molti cantoni e che quindi minacciano questi diritti acquisiti, come denunciato dal Sindacato dei Servi Pubblici (SSP/VPOD).
2. Continueranno anche le pressioni sugli assicurati affinché optino per modelli assicurativi più economici. Ciò significa una combinazione di franchigie elevate – con una schiera di “esperti” e politici che propone di aumentare ulteriormente – e di crescenti restrizioni all’accesso alle cure, attraverso una selezione sempre più restrittiva dei medici o dei servizi ospedalieri “approvati” dal modello assicurativo scelto.
La legge sul finanziamento uniforme delle prestazioni ambulatoriali e stazionarie (EFAS), sottoposta a votazione il prossimo inverno a seguito di un referendum lanciato dal sindacato SSP, consentirà di diffondere ulteriormente questo meccanismo, di cui finora si è parlato relativamente poco. Come spiega l’associazione Curafutura, che ha redatto la legge approvata dal Parlamento, il finanziamento uniforme dei servizi ambulatoriali e ospedalieri consentirà di aumentare gli sconti per le persone che scelgono i cosiddetti modelli assicurativi di “assistenza integrata“. Dovrebbe essere possibile aumentare questo sconto dall’attuale 20% del premio base al 30% in futuro. Il motivo è semplice. La maggior parte delle persone che scelgono i modelli di assistenza integrata tendono ad essere in buona salute e, di conseguenza, hanno raramente bisogno di essere ricoverate, a differenza delle persone con un’assicurazione illimitata.
Attualmente, il finanziamento cantonale, che copre solo i ricoveri ospedalieri ed è pari al 55% dei loro costi, riduce la differenza dei costi sostenuti dall’assicurazione sanitaria tra questi due profili di assicurati. Con un contributo cantonale uniforme ai costi, indipendentemente dal contesto in cui vengono fornite le cure, questo effetto scomparirà. Di conseguenza, gli assicuratori potranno ampliare il divario tra i premi da pagare per questi due modelli assicurativi e aumentare l’attrattiva dei modelli assicurativi con assistenza integrata per le persone con un budget limitato, comprese le persone con problemi di salute.
Di fatto, stiamo assistendo all’imposizione silenziosa del sistema delle cure integrate, rifiutata dal 76% degli elettori nel giugno 2012. Dodici anni dopo, i due meccanismi che hanno portato al suo rifiuto stanno diventando comuni. Da un lato, è sempre più diffusa l’adesione a “reti sanitarie” che “offrono” uno sconto sui premi in cambio della rinuncia al diritto di scegliere il proprio medico; dall’altro, la selezione da parte degli assicuratori di liste ristrette di medici e istituzioni sanitarie approvate per un determinato modello di assicurazione malattia sta gradualmente mettendo in atto la “libertà contrattuale” richiesta dagli assicuratori nel 2012 e respinta allora nel voto referendario.
3. La fase successiva, che porterà questa dinamica alla sua conclusione, sta prendendo forma sotto i nostri occhi. Si tratta di un’assistenza completamente integrata, come nel modello assicurativo lanciato da Visana nella regione del Giura meridionale. Chi sottoscrive l’assicurazione Viva affida l’intera assistenza medica, dal medico all’ospedale, a un’unica struttura, in questo caso il Réseau de l’Arc, che è un’organizzazione mantello di ospedali, centri medici, centri di radiologia, ecc. L’assicuratore, da parte sua, è diventato azionista di questa società, insieme al gruppo di cliniche private Swiss Medical Network (SMN) e al Cantone di Berna. Di conseguenza, l’assicuratore è ora direttamente coinvolto nella sua gestione. Infine, il finanziamento dei servizi forniti dalla società sta passando dal metodo abituale di finanziamento per prestazione, calcolato a posteriori una volta terminato il trattamento, a un finanziamento forfettario per persona assicurata, determinato a priori, indipendentemente dalle esigenze che si presenteranno effettivamente. In questo modo, il vincolo di bilancio viene “internalizzato” nella gestione quotidiana del fornitore di cure. E, fin dall’inizio, condiziona le loro scelte quando si tratta di assistere persone che hanno accettato, con l’assicurazione stipulata, di servirsi solo dei loro servizi.
Il settore delle assicurazioni malattia sta monitorando attentamente questo esperimento: se si rivelerà un successo per Visana – il continuo aumento dei premi assicurativi aumenta le possibilità che ciò accada – allora questo tipo di modello si diffonderà ai quattro angoli della Svizzera. In questo modo si completerebbe la duplice acquisizione del settore sanitario da parte degli assicuratori.
Per quanto riguarda la popolazione: la parità di accesso alle cure e la libera scelta del medico verrebbero meno per tutti coloro per i quali è possibile finanziare solo i premi più bassi. Queste persone si ritroverebbero confinate in reti di assistenza integrate, focalizzate sulla riduzione dei costi e sull’adeguamento della qualità delle cure. Quanto più grandi saranno queste reti di assistenza integrata, tanto più diventeranno il punto di riferimento per l’intero sistema sanitario.
Per quanto riguarda i fornitori di cure, e i medici in particolare: per un numero crescente di loro, l’esercizio della professione sarà sempre meno indipendente e sempre più subordinato alle compagnie di assicurazione private, che faranno le loro scelte in base ai loro obiettivi finanziari e non dovranno rendere conto né al pubblico né ai fornitori di cure e alle loro associazioni professionali.
Invertire la prospettiva e costruire una coalizione sociale
“Contenimento dei costi”: è questo il blocco che la destra e gli assicuratori hanno messo in atto negli ultimi tre decenni per rendere inespugnabili le loro polizze sanitarie, e che ha portato alle tre dinamiche sopra descritte. È questo blocco che deve essere spezzato, invertendo la prospettiva con proposte che permettano la convergenza delle richieste di finanziamento solidale dell’assicurazione malattia, la difesa dell’accesso alle cure e il miglioramento delle condizioni di lavoro delle professioni sanitarie. Questo può portare a una convergenza di interessi sociali, in grado di rendere possibile una vittoria, che riunisca:
-la maggioranza della popolazione, dipendente o pensionata, schiacciata dai premi, costretta per motivi economici a scegliere modelli di assicurazione malattia che limitano sempre più l’accesso alle cure,
– il personale infermieristico e, più in generale, tutto il personale degli istituti di cura, le cui condizioni di lavoro si stanno deteriorando sotto gli effetti dei vincoli finanziari imposti dall’attuale politica sanitaria e dalle assicurazioni malattia,
– la parte della professione medica che non ha trasformato la propria attività in un’impresa e che vede il proprio lavoro professionale sempre più standardizzato o, addirittura, diretto dalle assicurazioni malattia.
Un’assicurazione malattia pubblica: sì, ma quale e come?
Nei prossimi mesi, la campagna contro il progetto EFAS potrebbe essere il primo passo verso la costruzione di una coalizione di questo tipo, decisa a porre fine all’aumento del potere conferito alle assicurazioni malattia sull’intero sistema sanitario.
A più lungo termine, la proposta di una cassa malattia unica e pubblica, finanziata sulla base della solidarietà, è inevitabile. Ma quale, e come?
In un comunicato stampa diramato il giorno stesso della votazione, il Partito Socialista Svizzero ha annunciato, da solo e senza indugi, che lancerà un’”iniziativa per un’assicurazione malattia pubblica” all’inizio del 2025; L’orientamento di fondo lascia perplessi: “Il PSS si concentrerà ora sulla lotta agli sprechi e ai profitti nel settore sanitario“. Intervistata dalla Neue Zürcher Zeitung (NZZ, 10.09.2024), Mattea Meyer, co-presidente del PSS, adotta un approccio difensivo al tema: “Non ci dovrebbe essere un premio unico nazionale, ma contributi differenziati a livello regionale…A differenza dell’iniziativa del 2014, la nostra iniziativa non prevede il passaggio a premi basati sul reddito, per non confondere le due questioni“. Alla domanda su cosa comporterebbe un unico assicuratore sanitario, ha risposto: “Un assicuratore sanitario pubblico porrebbe fine all’assurda pseudo-concorrenza tra 45 assicuratori sanitari. Impedirebbe ai loro manager di intascare stipendi milionari. Assicurerebbe che la prevenzione abbia finalmente il posto che merita“. È un’argomentazione che porta a chiederci quanto la co-presidente del PSS sia in sintonia con le preoccupazioni degli assicurati schiacciati dai premi o con il personale sanitario, sempre più sotto pressione.
Intervistato dal quotidiano 24 heures (10.6.2024) sullo stesso tema, Pierre-Yves Maillard, presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) e membro socialista del Consiglio degli Stati, sembra osservare le cose in una luce diversa: “Oggi i nostri avversari hanno voluto spaventare la gente evocando lo spettro di un aumento delle imposte. D’ora in poi dovranno spiegare come affrontare gli aumenti dei premi, perché essi continueranno. E anche questa è una forma di imposta. L’altro problema è che non sappiamo dove vanno a finire i soldi. In due anni i premi sono aumentati del 12%. Su un sistema che costa circa 35 miliardi di euro, si tratta di quasi 4 miliardi di euro. Eppure, ogni giorno sentiamo parlare di ospedali pubblici in deficit. Alcuni sono addirittura sull’orlo del fallimento. I medici di base dicono di non farcela più. I Pronto soccorso sono sempre più sovraccarichi. Dobbiamo quindi pensare a un testo che affronti la distribuzione del denaro, l’onere dei premi e una maggiore efficienza del sistema dell’assicurazione malattia”.
Il Consigliere di Stato socialista Baptiste Hürni (Neuchâtel) insiste su Le Courrier (10.09.2024) sul fatto che il contenuto dell’iniziativa deve ancora essere definito: “Abbiamo bisogno di un buon testo sostenuto da tutte le forze progressiste, comprese le associazioni dei consumatori e dei pazienti e, perché no, dei medici“.
Il dibattito è quindi aperto e pubblico, e lo sarà anche nei prossimi mesi. Su questi temi si sentiranno voci indipendenti dal PSS, dai sindacati, dalle parti sociali, dai politici e dal mondo medico, sia sul contenuto dei cambiamenti necessari, sia sul tipo di alleanze e di radicamento sociale da costruire per avere una possibilità di vittoria? Potrebbero contribuire a cambiare la dinamica scaturita dal voto del 9 giugno.
1.In Ticino, Maurizio Canetta, parlamentare e fresco membro della direzione del PS ha difeso la posizione del doppio SÌ (all’iniziativa sul 10% e all’iniziativa del Centro) in una tribuna apparsa sul Corriere del Ticino (N.d.T.).