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Alla terza votazione (quella in cui bastava la maggioranza relativa) è stata eletta presidente dell’Assemblea quella che ne era stata presidente anche nella legislatura precedente, Yaël Braun-Pivet, una fedelissima di Macron, anche lei ex socialista e poi passata con il “capo” a La République en marche, la formazione centrista formata da Macron dopo la sua elezione alla massima carica francese.

La deputata, ora nel gruppo macroniano della Renaissance, ha ricevuto 220 voti contro i 207 del comunista André Chassaigne, candidato sostenuto dal Nuovo Fronte popolare (NFP), che ha ottenuto 12 voti in più di quelli di cui disponeva sulla carta. Il neofascista del Rassemblement National (RN) Sébastien Chenu ha ricevuto 141 voti.

Il candidato del NFP, indicato unitariamente da tutte le componenti della coalizione, il comunista André Chassaigne, pur se di stretta misura (13 voti), non è quindi riuscito a passare. È un risultato molto deludente per gli elettori di sinistra, presenti in forze a place de la République durante le votazioni, in una manifestazione convocata dalla federazione dei ferrovieri della CGT, ma a cui hanno partecipato anche i sindacati SUD/SolidairesForce Ouvrière e FSU, e a cui hanno parlato Sophie Binet, la segretaria generale della CGT, Patrick Beaudouin della Lega per i diritti dell’uomo, un esponente di Attac, e altri.

La continuità che vuole Macron

La delusione non è solo per il risultato numerico del voto in aula, ma per il segno di “continuità” che la conferma della presidente uscente rappresenta, come se nelle ultime settimane non fosse successo nulla. È la continuazione del modo di governare di Emmanuel Macron, nonostante che una parte preponderante del popolo francese abbia detto che occorre un cambiamento profondo.

Il risultato, seppure solennemente confermato in aula sembra essere ancora sub iudice perché diversi deputati di sinistra hanno ipotizzato un ricorso. Infatti la costituzione della Quinta Repubblica prevede l’incompatibilità tra essere ministro ed essere deputato, mentre grande parte dei ministri del governo Attal, seppure dimissionari come l’intero esecutivo, ma comunque in carica “per gli affari correnti”, in quanto deputati hanno partecipato al voto e hanno evidentemente votato per la Braun-Pivet.

L’eurodeputata LFI Manon Aubry, una delle esponenti di punta dell’organizzazione di Mélenchon, ha criticato il voto dei ministri in Assemblea: “È una violazione del principio della separazione dei poteri tutelato dalla nostra Costituzione”.

La prospettiva del governo

Ma l’amarezza della base della sinistra non è solo per il segnale di continuismo macroniano, per il patente disprezzo per l’espressione del voto delle cittadine e dei cittadini, ma soprattutto perché quel risultato è il frutto di un accordo, al momento ancora sotterraneo, tra i macroniani e la cosiddetta “destra repubblicana”, cioè quei gollisti che si sono sottratti all’alleanza con l’estrema destra.

L’alleanza tra Républicains e macroniani è basata sulla paura sociale delle classi dominanti, che temono come la peste l’ipotesi di un governo del NFP, un governo che, sulla base di una forte spinta di massa, sarebbe chiamato a aumentare i salari, ad abrogare la controriforma delle pensioni, a fermare la distruzione della scuola e della sanità pubbliche…

La “destra repubblicana”, cioè quei gollisti che hanno rotto con il loro precedente leader Eric Ciotti e che sono ora guidati da Laurent Wauquiez, altrettanto reazionario del suo predecessore, oggi costituiscono una cricca residua del partito del generale De Gaulle. Peraltro tutti gli esperti nello studio dei flussi di voto attestano che il residuo elettorato postgollista in grande maggioranza nei ballottaggi ha scelto di sostenere i candidati di estrema destra contro quelli di sinistra.

Ora si apre la partita per l’elezione delle altre cariche di gestione del parlamento (sei vicepresidenti, tre questori e dodici segretari). Per queste cariche, LFI aveva proposto di utilizzare il criterio del “fronte repubblicano” per evitare che esponenti neofascisti accedessero a cariche parlamentari importanti, ma il colpo di mano macroniano per l’elezione della presidente sembra sconvolgere i progetti.

Il successo nella rielezione della presidente del parlamento, costituisce anche un incoraggiamento per Macron e per la sua intenzione nominare un governo sulla base del medesimo blocco parlamentare formatosi ieri.

I contrasti all’interno del NFP

Ad agevolare il gioco di Macron, occorre riconoscerlo, sono state anche le divisioni e i veti incrociati che si sono palesati nel NFP, in particolare tra La France Insoumise e i socialisti, che hanno concesso a Macron tutto il tempo necessario per intessere la sua nuova coalizione conservatrice.

La divisione tra i due principali partiti del NFP riguarda la scelta del candidato a presiedere un eventuale governo di sinistra. Finora sono apparsi due nomi, entrambi femminili.

Una è Huguette Bello, l’attuale presidente del consiglio regionale dell’isola della Riunione, un dipartimento francese d’Oltremare, comunista ma da sempre favorevole all’accordo con La France Insoumise e con Jean-Luc Mélenchon. L’ha proposta il segretario del PCF e LFI, seppure infastidita dal metodo del fatto compiuto, l’ha accettata.

L’altra, proposta unilateralmente dal segretario socialista Olivier Faure, è Laurence Tubiana, diplomatica e docente universitaria di carriera, rappresentante della Francia alla conferenza di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, leader della Fondazione europea per il clima e della Convenzione civica sul clima, un organismo istituito nel 2019 dal governo macroniano.

È evidente la “compatibilità con il macronismo” di quest’ultima candidata (così è stata definita dagli esponenti della LFI).

Sandrine Rousseau, una delle principali deputate dei Verdi, ha proposto un “ticket Bello-Tubiana” che dia incarichi importanti a entrambe, il che “ci permetterebbe di avere il sostegno dell’intero spettro del Nuovo Fronte Popolare”.

Il NFP tra interrogativi sulla sua tenuta e pressione dal basso

Le divisioni sui nomi, comunque, non hanno fatto emergere divisioni sulle prospettive politiche. Nessun esponente di rilievo del NFP, almeno per il momento, ha manifestato aperture verso soluzioni governative di accordo con il blocco macroniano. Su questo occorre sottolineare che neanche i settori più moderati del PS e dei Verdi osano avanzare ipotesi di questo tipo, sapendo che ciò farebbe loro pagare prezzi molto cari vista la forte pressione dal basso verso un governo NFP basato sul programma del 14 giugno.

Per la base sociale ed elettorale del NFP, e più in generale per la maggioranza popolare che ha respinto le controriforme antisociali di Macron, la questione non è quella del nome del primo ministro, ma quella della soddisfazione delle rivendicazioni sociali e democratiche.

La discussione tra le varie componenti del NFP si basa anche sull’ipotesi tutt’altro che remota secondo cui un governo di sinistra, vista la sua base parlamentare minoritaria, non avrebbe vita lunga e sarebbe facilmente e rapidamente vittima di una “mozione di censura” (così si chiama in Francia la “sfiducia” parlamentare) da parte delle due del tutto scontate “opposizioni”, quella macroniana e quella neofascista.

Sotto sotto, al di là della partita sui nomi, tra il PS e LFI c’è un’obiettiva convergenza: i socialisti sono particolarmente interessati alla presidenza del consiglio, mentre Mélenchon punta alle presidenziali del 2027 (o prima, se Macron si dimettesse).

I socialisti propongono come metodo di scelta del candidato presidente del governo quello di far votare sui nomi tutti i deputati del NFP, forse sperando, nel segreto dell’urna, di capitalizzare il voto dei non pochi esponenti LFI insoddisfatti dall’intransigenza di Mélenchon.

Intanto nel paese si stanno sviluppando migliaia di piccole, grandi e grandissime riunioni, a volte semispontanee, a volte sollecitate dai sindacati e da associazioni locali, una sorta di autorganizzazione della pressione popolare, contro Macron e i neofascisti del RN, ma anche come forma di vigilanza sui leader del NFP.

*Articolo apparso il 19 luglio 2024 sul blog refrattario e controcorrente (https://andream94.wordpress.com/)