Con la vittoria del Labour di Starmer, molti commentatori hanno rilanciato l’idea che la “sinistra”, per vincere, debba ritrovare la via del “riformismo” rappresentata dall’attuale direzione del Labour. Non si sa bene cosa i commentatori intendano, concretamente, con questo termine: sappiamo però che negli ultimi decenni “riforma” è spesso stato il termine con il quale si sono indicate e giustificate le peggiori contro-riforme, tese a piegare la realtà sociale alle esigenze del capitalismo neoliberale. Abbiamo avuto così “riforme” delle pensioni, dei servizi pubblici, della legislazione sul lavoro, della sicurezza sociale, delle finanze pubbliche e delle leggi fiscali. Quali conseguenze tutto questo abbia avuto sulle condizioni di vita della grande maggioranza della popolazione è sotto gli occhi di tutti: aumento della povertà, dell’esclusione sociale, aumento della precarietà lavorativa e reddituale per non citarne che alcune. Complessivamente, un degrado della situazione della stragrande maggioranza della popolazione che ha aperto la strada alla estrema destra.
Quella che segue è un’analisi molto lucida di un tipo di “riforma” che il Labour di Starmer oggi al governo intende promuovere per rispondere ai bisogni sociali più urgenti in vari ambiti: alloggio, formazione, sanità. Una logica di privatizzazione, altro che “riformismo”. (Red)
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Il Labour ha un piano per il suo ritorno al potere: chiederà a BlackRock di ricostruire la Gran Bretagna. Il ragionamento del Labour di Keir Starmer è semplice. Un governo in difficoltà economiche che vuole evitare aumenti di tasse o austerità non ha altra scelta se non quella di collaborare con la grande finanza, attirando investimenti privati per ricostruire le infrastrutture che si stanno sgretolando dopo anni di investimenti insufficienti da parte dei conservatori. Il Labour ha già fatto i conti: per raccogliere 3 sterline di capitale privato da investitori istituzionali, bisogna offrire loro 1 sterlina di sovvenzione pubblica. Ma ogni volta che sentite i laburisti annunciare una partnership per le infrastrutture, pensate alle implicazioni di queste politiche. BlackRock sta per privatizzare la Gran Bretagna – le nostre case, la nostra istruzione, la nostra salute, la nostra natura e la nostra energia verde – con i soldi dei contribuenti come dolcificante.
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BlackRock [alla fine del 2023 avrà più di 10’000 miliardi di dollari in gestione, circa tre volte il PIL della Gran Bretagna] ha da tempo promosso l’idea dei partenariati pubblico-privato (PPP) (1) per le infrastrutture, il clima e lo sviluppo. Tuttavia, il suo slancio politico è aumentato di recente. Quando il suo presidente, Larry Fink [CEO dal 1988], il finanziere più potente del mondo, si è seduto al tavolo con i leader mondiali in occasione del vertice del G7 alla fine di giugno, ha promesso quanto segue: i Paesi ricchi hanno bisogno di crescita, gli investimenti in infrastrutture possono garantirla, ma il debito pubblico è troppo alto perché lo Stato possa investire da solo i 75’000 miliardi di dollari (59’000 miliardi di sterline) necessari entro il 2040 (Financial Times, 28 giugno 2024).
D’altro canto, trilioni di dollari sono a disposizione dei gestori patrimoniali che si occupano delle nostre pensioni e dei nostri contributi assicurativi: BlackRock, la più grande di queste società, gestisce circa 10’000 miliardi di dollari, mentre uno “Stato sociale” in declino spinge noi – futuri pensionati – tra le sue braccia!
“Se i governi collaborano con le grandi società finanziarie“, ha spiegato Larry Fink, “possono sbloccare questi trilioni di dollari. Ma per farlo, dovranno trasformare le infrastrutture pubbliche in attività investibili che possano generare rendimenti regolari per gli investitori“. Perché BlackRock ha bisogno del governo, perché non può investire trilioni senza l’aiuto del governo? L’opinione pubblica britannica ricorda fin troppo bene le iniziative di finanziamento privato (PFI) [1]. Queste iniziative di finanza privata hanno fatto sì che lo Stato finisse per pagare somme esorbitanti (Financial Times, 25 ottobre 2023) ad appaltatori privati che progettavano, costruivano, finanziavano o gestivano servizi pubblici come prigioni, scuole e ospedali, prima di riconsegnarli allo Stato, spesso in cattive condizioni (Institute for Government, 3 gennaio 2024).
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Ma per la grande finanza la posta in gioco è più alta. In questa età dell’oro del restauro e dell’ampliamento delle infrastrutture, i finanzieri stanno progettando di appropriarsi delle nostre infrastrutture e di trasformarle in una fonte di reddito regolare. Da quando BlackRock ha acquistato Global Infrastructure Partners [GIP, una società di private equity con sede a New York] nel gennaio del 2024, è diventata proprietaria di circa 150 miliardi di dollari di asset infrastrutturali, tra cui società statunitensi di energia rinnovabile, servizi di smaltimento delle acque reflue in Francia [attraverso la sua partecipazione in Suez] e aeroporti nel Regno Unito [insieme a Vinci] e in Australia [2]. Ha in programma un’espansione aggressiva, come altri fondi infrastrutturali privati. La proprietà diretta è la motivazione principale, ma non l’unica. Infatti, le grandi società finanziarie possono investire nelle infrastrutture anche indirettamente, concedendo prestiti a società infrastrutturali private. La chiave è il rendimento. Per raggiungere questo obiettivo, BlackRock vuole che lo Stato garantisca il “de-risking” di questi gli investimenti. Questo gergo finanziario è stato incluso nel Manifesto laburista 2024. In sostanza, implica l’intervento del governo per migliorare i rendimenti degli asset infrastrutturali.
Non si tratta semplicemente di una scelta tra finanziamento pubblico e privato di beni pubblici, ma se i cittadini britannici debbano tollerare che il governo fornisca sussidi pubblici per infrastrutture privatizzate. L’edilizia abitativa è solo un esempio di come questi investitori possano già essere individuati. I proprietari istituzionali – il più noto in questo settore è Blackstone, il fondo di private equity [creato nel 1985 da dirigenti di Lehman Brothers] – possono acquisire alloggi residenziali partecipando alla privatizzazione dell’edilizia pubblica. Dopo la crisi finanziaria globale [del 2008], Blackstone ha acquistato anche mutui ipotecari in sofferenza e da allora ha intrapreso una campagna di acquisti a livello globale, facendo incetta di case negli Stati Uniti e in Europa. L’anno scorso, Blackstone ha acquistato circa 1,4 miliardi di sterline di nuove case in affitto in Gran Bretagna dal costruttore Vistry [una delle principali società immobiliari del Regno Unito].
Dietro ai rendimenti di Blackstone – che derivano dagli affitti e dall’aumento dei prezzi degli immobili – c’è il l’intervento del governo che ha contribuito a garantire il “de-risking” di questi investimenti attraverso regolamenti che favoriscono i proprietari di asset rispetto agli affittuari, politiche economiche che favoriscono l’aumento dei prezzi delle case e la fornitura di un sostegno al reddito – come il sussidio per l’alloggio – che consente agli affittuari di continuare a pagare l’affitto di casa ai proprietari istituzionali. Anche se ci viene detto che la collaborazione con questi investitori è un modo per risolvere la crisi abitativa, tutto ciò spesso produce il contrario: affitti più alti, esclusione degli inquilini a basso reddito, spesso appartenenti a gruppi minoritari, e meno case a prezzi accessibili. Questo spiega la protesta contro questi proprietari istituzionali, da Copenaghen a Berlino, passando per Dublino e Madrid. Tuttavia, questa pressione pubblica sarà efficace solo quando lo Stato ricomincerà a costruire case popolari.
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La strategia del Labour solleva una serie di interrogativi ancor più ampi sul tipo di Stato che vogliamo. La visione di Keir Starmer di una politica governativa guidata da BlackRock riduce la definizione di capacità dello Stato alla questione di “convincere BlackRock a investire in attività infrastrutturali”. Questo modello implica che lo Stato stia di fatto sovvenzionando la privatizzazione della vita quotidiana. Questo non solo rende più difficile riportare i beni pubblici all’interno dello Stato, ma permette anche alle grandi aziende finanziarie di stringere la morsa sul “contratto sociale” con i cittadini e di diventare l’arbitro ultimo delle politiche climatiche, energetiche e di welfare, con profonde conseguenze distributive, strutturali e politiche.
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BlackRock sta già puntando a diventare un fornitore chiave di infrastrutture per l’energia verde, anche se il suo impegno effettivo nell’affrontare la crisi climatica no si spinge molto lontano. Infatti, la società ha esercitato forti pressioni contro le proposte europee di regolamentare i prestiti al settore dei combustibili fossili attraverso sanzioni. BlackRock si è espressa a favore di impegni climatici attuati su base rigorosamente volontaria. Sta cercando di aumentare rapidamente i suoi profitti nell’energia verde sfruttando i sussidi governativi che probabilmente arriveranno attraverso il Great British Energy di Keir Starmer [il piano laburista per gli investimenti nelle energie rinnovabili] e l’Inflation Reduction Act statunitense. [una legge approvata nel 2022, presentata come un modo per ridurre l’inflazione e affrontare la crisi climatica, ma che in realtà stanzia 400 miliardi di dollari di sussidi all’industria, sulla base di un forte dimensione protezionistica].
Ma i profitti che BlackRock spera di ottenere investendo nell’energia verde avranno probabilmente un costo enorme. In Gran Bretagna sappiamo che la proprietà pubblica dell’energia verde è più efficace nel ridurre le bollette dei consumatori, accelerare la transizione verde e creare buoni posti di lavoro. Il rischio non è solo che il nostro futuro climatico sia molto più costoso se guidato da società come BlackRock, ma anche che produca una società più diseguale, in cui i cittadini associno le misure verdi a servizi pubblici non accessibili. Questo potrebbe alimentare politiche autoritarie di estrema destra sui combustibili fossili che rifiutano la transizione verde e la presentano come un attacco al tenore di vita delle persone.
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Dovremmo invece prepararci in modo creativo a un futuro in cui gli eventi meteorologici estremi richiederanno l’intervento permanente dello Stato, sotto forma di controllo dei prezzi, di scorte cuscinetto [scorte di sicurezza in caso di problemi di approvvigionamento] o di proprietà pubblica. Abbiamo bisogno di un forte Stato verde. Per raggiungere questo obiettivo, dobbiamo innanzitutto porre rimedio a un grave fallimento dell’immaginazione nella politica macroeconomica, che ritiene che i fondi pubblici siano troppo scarsi per finanziare infrastrutture pubbliche trasformative. Ciò richiede una trasformazione radicale dello Stato. Infatti, per ottenere ciò che Rachel Reeves [Cancelliere dello Scacchiere nel Gabinetto Ombra di Starmer] – il probabile futuro Cancelliere – a volte suggerisce, dovremmo abbattere i muri neoliberali tra politica monetaria, fiscale e industriale, e rimuovere i regimi a bassa tassazione per le multinazionali e le persone ricche. In altre parole, uno Stato che riduca il potere della grande finanza. Sarebbe un’impresa enorme, ma è l’unica strada realistica da percorrere.
*Daniela Gabor è docente di Economia e Macrofinanza presso la University of the West of England (UWE) di Bristol. Questo articolo è apparso sul sito del quotidiano inglese The Guardian il 2 luglio 2024.
[1 ] La Private Finance Initiative (PFI) è stata una politica di appalti del governo britannico finalizzata alla creazione di “partenariati pubblico-privati” (PPP) in cui le imprese private sono incaricate di realizzare e gestire progetti pubblici. Inizialmente lanciata nel 1992 dal primo ministro John Major (Tory) e notevolmente ampliata dal governo di Tony Blair (New Labour), la politica PFI fa parte di un più ampio programma di privatizzazione e finanziarizzazione ed è presentata come un mezzo per aumentare la responsabilità e l’efficienza della spesa pubblica. (N.d.T.)
[2] In occasione di questa acquisizione, il quotidiano Les Echos, in data 12 gennaio 2024, citava le parole di Larry Fink: “Le infrastrutture sono una delle opportunità più interessanti per gli investimenti a lungo termine, in un momento in cui le transizioni strutturali stanno rimodellando il panorama dell’economia globale”. Les Echos continua: “Il CEO di BlackRock intende sfruttare lo slancio generato dai piani di investimento sul clima nelle principali economie, come l’IRA (Inflation Reduction Act) negli Stati Uniti. “I governi stanno appena iniziando a mettere in atto incentivi finanziari senza precedenti per i progetti infrastrutturali e le tecnologie”, afferma Larry Fink. “Secondo BlackRock, con 150 miliardi di dollari di asset in gestione, il gruppo diventerà il secondo gestore di infrastrutture al mondo, dopo Macquarie Infrastructure… Secondo il Boston Consulting Group, gli asset privati (immobili, infrastrutture, private equity e debito privato) rappresentano solo il 21% degli asset in gestione delle società di asset management, ma il 55% dei loro ricavi”. (N.d.T.)