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L’incontro tra Vladimir Putin e Kim Jong-un del 19 giugno scorso ha alterato alcune importanti carte in tavola non solo sullo scenario fondamentale dell’Asia Orientale, ma anche più in generale su quello mondiale. In particolare, il fatto che abbia portato all’inattesa firma di un trattato che stabilisce un’alleanza militare tra Russia e Corea del Nord costituisce un balzo qualitativo di processi avviati già da mesi. Per capire a fondo il significato e le conseguenze degli ultimi sviluppi sulla linea Mosca-Pyongyang è necessario ricostruirli nei dettagli e porli nel loro più ampio contesto internazionale.

Il summit Putin-Kim, il nuovo trattato

Putin è giunto a Pyongyang nelle primissime ore del 19 giugno e durante il suo breve soggiorno gli sono stati riservati i più grandi onori. Nel corso della visita è stato firmato un “Trattato generale di partnership strategica” che Kim Jong-un ha subito definito una “alleanza”, mentre il Cremlino non ha usato tale termine, ma ha comunque ripreso nei propri dispacci la sua menzione da parte del leader nord-coreano. Il regime nord-coreano ha ampiamente utilizzato il termine “alleanza” anche nella propaganda interna, vincolandosi quindi ufficialmente a una tale interpretazione di fronte alla propria popolazione. Da rilevare inoltre che Kim ha affermato durante l’incontro che la Russia “è la migliore amica della Corea del Nord”, parole che implicitamente relegano il paese di Xi Jinping in secondo piano rispetto a quello di Putin.

In un primo tempo il testo del trattato non è stato reso pubblico, ma, dopo che molti osservatori ne avevano sminuito l’importanza in considerazione del fatto che Mosca, a differenza di Pyongyang, non aveva usato il termine alleanza, la parte nord-coreana lo ha pubblicato integralmente, senza proteste o smentite di quella russa. L’articolo che più ha sorpreso tutti e che comporta una vera e propria svolta qualitativa è il n. 4, che prevede un reciproco impegno di Russia e Corea del Nord a fornirsi immediatamente assistenza militare “con tutti i mezzi disponibili” nel caso in cui una delle due parti dovesse essere aggredita da un altro paese. Trattandosi di due potenze nucleari, “tutti i mezzi disponibili” include necessariamente anche armi di tale natura.

Tra gli altri articoli, molti dei quali riguardanti collaborazioni in campo economico, ne vanno segnalati in particolare due. Il n. 8 parla di “meccanismi per l’adozione di passi congiunti mirati a rafforzare le capacità di difesa al fine di prevenire la guerra, garantendo la pace e la sicurezza a livello regionale e globale” e va nella direzione non solo di un proseguimento delle forniture militari da parte di Pyongyang a Mosca per la guerra di Putin (la “pace e sicurezza” nel linguaggio orwelliano del Cremlino), ma anche più in generale di investimenti russi nell’industria militare nord-coreana, di manovre congiunte, addestramenti, aiuti per il programma missilistico e altri accordi di natura militare. Il n. 10 parla di collaborazione in campo satellitare e di nucleare “pacifico”: nel primo caso è chiaro il riferimento ad aiuti fondamentali per il programma di satelliti-spia di Pyongyang, nel secondo, alla luce dell’esperienza passata, è chiaro che aiuti al nucleare “pacifico” comportano uno sviluppo parallelo anche di quello “non pacifico”. Nel complesso, la visita di Putin e la firma del trattato comportano il pieno riconoscimento della Corea del Nord come potenza nucleare da parte della Russia.

Il passato e il presente dei trattati della Corea del Nord

In passato, nel 1961, la Corea del Nord aveva firmato con l’Unione Sovietica un trattato di reciproca assistenza militare con termini pressoché uguali a quelli degli accordi firmati tra Putin e Kim. Tale trattato era stato annullato nel 1990, quando Mosca aveva avviato relazioni diplomatiche con la Corea del Sud. Nel 2000 Russia e Corea del Nord avevano infine firmato un nuovo trattato, in vigore fino a ieri, che prevedeva in caso di aggressione militare contro uno dei due paesi solamente l’avvio di reciproche consultazioni.

Il primo importante trattato però la Corea del Nord lo aveva firmato con la Cina nel 1953, dopo la firma dell’armistizio siglato tra Sud e Nord che ha posto fine alle ostilità della Guerra di Corea iniziata nel 1950. Tale trattato, in vigore ancora oggi, prevede il reciproco impegno alla fornitura immediata di assistenza militare “con tutti i mezzi disponibili” in caso di aggressione contro uno dei due paesi. È stato rinnovato per l’ultima volta nel 2021. Tuttavia, nell’ultimo decennio alcune voci del Partito Comunista cinese lo hanno interpretato in modo riduttivo e, giudicando dall’andamento delle relazioni tra i due paesi, molti osservatori mettono in dubbio che Pechino interverrebbe con tutto il proprio peso in aiuto di Pyongyang, soprattutto dopo che la Corea del Nord è diventata una potenza nucleare.

Va infine aggiunto che è in vigore anche un trattato di assistenza militare tra Corea del Sud e Stati Uniti. Tale patto non prevede alcun obbligo reciproco di intervento automatico in caso di aggressione: “ogni parte agirà per far fronte a un pericolo comune in conformità alle proprie procedure costituzionali” vale a dire, nel caso degli Usa, chiedendo l’approvazione del Congresso. Va tuttavia precisato che mentre Corea del Nord, Russia e Cina non hanno alcuna presenza di reciproche basi militari sui rispettivi territori, gli Usa hanno svariate basi in Corea del Sud (tra le quali una, Camp Humphreys, e la più grande loro base all’estero), nelle quali stazionano 28.500 soldati. Pertanto vi è un’alta probabilità che un attacco alla Corea del Sud comporterebbe un attacco anche contro queste basi, che farebbe automaticamente scattare una risposta degli Usa.

I mesi precedenti il summit

Per capire la reale portata dell’incontro Putin-Kim è indispensabile passare in rassegna anche gli sviluppi che lo hanno preceduto. I primi scambi di visite ufficiali di alto livello tra Russia e Corea del Nord si sono svolti nell’estate del 2023 e sono culminati nella visita di Kim Jong-un in Russia del settembre dello stesso anno. Visita che è stata seguita da intensi scambi diplomatici a tutti i livelli: militare, economico, scientifico, turistico, culturale. A fine 2023 sono anche emerse le prime prove delle forniture di munizioni nord-coreane alla Russia. Sempre a fine 2023, e poi più marcatamente a inizio 2024, Kim Jong-un ha decretato un’importante svolta politica, di portata potenzialmente epocale per il paese, che nella sostanza fa della Corea del Sud uno stato nemico per sua natura, con il quale quindi è da escludersi ogni processo di unificazione o anche solo di distensione (sugli importanti dettagli di quest’ultimo sviluppo rimando al mio testo pubblicato nello scorso gennaio – link nel primo commento). A livello interno, Kim Jong-un sembra andare verso una riduzione progressiva del culto verso i “padri della patria” (suo nonno e suo padre) e la promozione di un culto esclusivo nei propri confronti. Ne è un esempio tra i tanti l’ultimo plenum del Partito dei Lavoratori, durante il quale i delegati indossavano sulle proprie giacche per la prima volta distintivi che ritraevano esclusivamente lui, e non quelli tradizionali raffiguranti solo suo nonno e suo padre. In termini più generali, Kim negli ultimissimi anni ha aumentato le repressioni interne (per es. nei confronti dei giovani interessati ai prodotti culturali del Sud) e ridotto drasticamente il ruolo dell’economia di mercato e dell’imprenditoria privata.

Quelli elencati fin qui sono i principali sviluppi che hanno preceduto l’incontro Putin-Kim e che riguardano strettamente le relazioni tra i due paesi. Per quanto riguarda il contesto internazionale più ampio si può riportare la seguente cronologia, che si commenta da sola:

* 28 marzo: La Russia manda un segnale forte ponendo il veto, in sede di Consiglio di sicurezza dell’ONU, al rinnovo del mandato del Comitato degli esperti sulle sanzioni contro la Corea del Nord (sanzioni che a suo tempo Mosca aveva avallato) – in pratica, l’Onu non può più sorvegliare chi rispetta e chi non rispetta dette sanzioni. La Cina si astiene.

* 13 aprile: Zhao Leji, numero tre della gerarchia politica cinese, incontra Kim Jong-un a Pyongyang. Si tratta della prima visita di un alto funzionario cinese nella Corea del Nord dal 2018. L’interpretazione generale è che la visita sia stata voluta da Pechino preoccupata dai sempre più stretti rapporti tra Corea del Nord e Russia.

* 24 aprile: Una delegazione nord-coreana si reca in visita in Iran. I contatti ufficiali tra Corea del Nord e Iran, che entrambi forniscono aiuti militari alla Russia, sono molto rari, l’ultimo risale a cinque anni fa. Svariati osservatori parlano dell’abbozzo della creazione di un asse Russia-Iran-Corea del Nord, con la Cina nel ruolo di “grande amica”.

* 25 aprile: Emergono prove del fatto che la Cina abbia ospitato nei suoi porti la nave Angara, che nei mesi precedenti aveva fatto la spola tra Corea del Nord e Russia trasportando munizioni destinate a quest’ultima.

* 16-17 maggio: Putin si reca in visita ufficiale da Xi Jinping a Pechino accompagnato da uno stuolo di alti funzionari, tra i quali responsabili del settore militare di primissimo piano come Belousov e Shoigu. Se molti osservatori minimizzano i risultati ottenuti da Putin citando il fatto che non sono stati fatti passi avanti per quanto riguarda il progetto dell’oleodotto Power of Siberia 2 (secondo il Financial Times perché Pechino, attualmente sicura dal punto di vista energetico, vuole che Mosca abbassi il prezzo delle future forniture), altri richiamano l’attenzione su sviluppi che vanno in un altro senso. La Cina non ha più formulato alcun ammonimento, nemmeno indiretto, riguardo alle reiterate minacce russe di utilizzare l’arma nucleare. Inoltre ha implicitamente condizionato il proseguimento del sostegno che sta dando alla Russia a un sostegno esplicito di quest’ultima per quanto riguarda la questione di Taiwan, sostegno che Putin ha dato a chiare lettere. Nel comunicato finale congiunto, riguardo alla guerra in Ucraina, si afferma che bisogna “rimuovere le radici della guerra”, che secondo le passate dichiarazioni ufficiali di entrambi i paesi è l’allargamento a est della Nato (si noti che Pechino ha recentemente cominciato a parlare del pericolo di una “nuova Nato asiatica” riferendosi all’intensificarsi delle relazioni tra Usa, Giappone e Corea del Sud). Più avanti c’è un riferimento al rispetto “degli interessi di sicurezza” delle parti in causa, che nel caso della Russia consistono, secondo i due paesi, nella difesa dalla Nato. Negli ultimi mesi si è inoltre fatto sempre più evidente che Pechino fornisce importanti aiuti a Mosca, utili anche per il suo sistema militare.

Da notare che Xi è reduce da un paio di mesi di intense e importanti visite diplomatiche: incontri con il premier olandese e quello tedesco, poi con il Segretario al Tesoro e Segretario di Stato Usa, seguiti da visite di Xi in Francia, Ungheria e Serbia, e dal recente incontro con Viktor Orban nel ruolo di autoproclamato “mediatore di pace”.

21 maggio: Appena dopo il ritorno di Putin dalla Cina, la Russia tiene, con espliciti riferimenti all’Ucraina, esercitazioni militari che simulano la preparazione al lancio di testate nucleari tattiche.

27 maggio: Si tiene a Seul un importante summit, preparato da tempo, tra Corea del Sud, Cina e Giappone. Nel comunicato congiunto finale c’è un riferimento alla necessità, in prospettiva, di una denuclearizzazione della penisola coreana, al quale Pyongyang reagisce rabbiosamente. In realtà in occasione dei due precedenti incontri tra i tre paesi vi è sempre stato nel comunicato conclusivo un riferimento a tale denuclearizzazione e questa volta è stato fatto con toni molto più moderati (per es. non si parla più di “denuclearizzazione completa”). Chiaramente Pyongyang ora è nervosa più che altro perché Pechino dimostra di essere interessata a mantenere una porta aperta con Seul, partner economico fondamentale e potenziale controbilancio, almeno parziale, all’ostilità degli Usa in campo economico e tecnologico.

Un giugno frenetico e barocco

Nel corso del mese di giugno si è registro un innalzarsi delle tensioni tra le due Coree: Pyongyang ha lanciato sulla Corea del Sud piccoli palloni aerostatici che trasportano rifiuti e addirittura feci – si tratta della risposta del Nord ai lanci di palloncini con materiale propagandistico effettuati da organizzazioni di destra del Sud. Vi è stato inoltre l’avvio della costruzione da parte dei nord-coreani di un muro lungo la frontiera tra i due paesi, mentre nel frattempo ci sono stati tre brevi sconfinamenti di soldati nord-coreani oltre la linea di demarcazione nella zona demilitarizzata che divide i due paesi. Appena prima del summit Putin-Kim si sono svolte grandi manovre militari congiunte Corea del Sud-Usa nei pressi del confine tra il Nord e il Sud, mentre subito dopo il vertice Pyongyang ha ripreso i propri lanci di missili.

A livello diplomatico, appena prima del summit, si era svolta in Svizzera la “conferenza di pace” sull’Ucraina, alla quale la Cina significativamente aveva infine rifiutato di partecipare, in ossequio ai desideri della Russia. Anche il Vietnam, visitato poi da Putin dopo Pyongyang, aveva declinato l’invito a partecipare. Praticamente in contemporanea con lo stesso summit Putin-Kim si sono svolti a Seul colloqui tra i viceministri degli esteri di Cina e Corea del Sud, quasi a segnalare il disagio di Pechino per l’eccessivo riavvicinamento tra Pyongyang e Mosca. Intanto quest’ultima, dopo avere pronunciato parole distensive nei confronti di Seul prima del summit, ha adottato una retorica virulentemente aggressiva dopo che il presidente sud-coreano Yoon Suk-yeol aveva affermato che, considerata la firma di un trattato di alleanza militare tra Russia e Corea del Nord, il suo paese, grande produttore di armi, prenderà in considerazione l’effettuazione di forniture militari direttamente all’Ucraina.

Va messo poi in evidenza che durante l’incontro tra il leader russo e quello della Corea del Nord, si è parlato con ottimismo di una possibile apertura dell’ultimo breve tratto del fiume Tuman al transito di navi cinesi. Tale fiume segna il confine prima tra Cina e Corea del Nord e poi tra quest’ultima e la Russia prima di sfociare nel Mar del Giappone. Si tratta di un’eventuale apertura di portata strategica, perché permetterebbe dopo circa 150 anni alla Cina di avere uno sbocco diretto sul Mar del Giappone. Se accompagnata dalla demolizione dell’attuale basso ponte tra Russia e Corea del Nord, che impedisce il passaggio a navi di grandi dimensioni, la decisione di autorizzare il transito consentirebbe alle navi della Guardia costiera cinese, diventata praticamente una seconda marina militare, di accedere ad acque immediatamente antistanti il Giappone, nonché di godere di un migliore accesso all’Artico. Pertanto, se Mosca e Pyongyang daranno il permesso a Pechino, demolendo il vecchio ponte per costruirne uno più moderno, si tratterà di un grande favore per la parte cinese.

Subito dopo il summit Putin-Kim, la Corea del Nord ha trasferito la trasmissione internazionale dei programmi della propria TV di stato da un satellite cinese a un satellite russo, una mossa dal forte significato simbolico. Nei giorni seguenti però si sono svolti ripetuti colloqui distesi tra l’ambasciatore russo a Pechino e i responsabili cinesi della politica verso le due Coree. Per completare il quadro internazionale va osservato che a partire dal 2 luglio Putin ha partecipato in gran pompa al vertice della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (voluta dalla Cina e alla quale, oltre la Russia, aderiscono anche India, Pakistan, Iran, Bielorussia e vari paesi dell’Asia Centrale), dove Xi gli ha lasciato ampi spazi, presentandosi insieme a lui come la coppia di leader che promuove all’unisono il “nuovo ordine multipolare” in funzione anti-Usa (sui viaggi di Putin torno più sotto). L’8 luglio, a sorpresa, si sono tenute in Bielorussia, al confine con la Polonia, manovre militari congiunte tra Bielorussia e Cina, un segnale molto preoccupante per la Nato, il cui vertice annuale cominciava esattamente il giorno successivo.

Come si noterà, a livello diplomatico, in particolare sull’asse Russia-Cina-Coree, vi è una notevole attività, ma su linee a volte convergenti, a volte divergenti. Sembra impossibile determinare con sicurezza dove vogliano dirigersi i singoli attori di questa “trilaterale”. Riassumendo a linee grossolane, la Russia sembra spingere per una “triplice alleanza” con Cina e Corea del Nord (“quadruplice”, se si aggiunge anche l’Iran). Pyongyang appare spingere moltissimo il pedale dell’alleanza Corea del Nord-Russia, ma è ancora presto per dire se sarà un’alleanza di lungo respiro o solo strumentale – appare comunque chiaro che in tutto ciò vi è un elemento di sfida nei confronti di Pechino. Quest’ultima rimane evidentemente cauta, promuove con energia ed enfasi i rapporti con la Russia, si sforza costantemente di coltivare i buoni rapporti con la Corea del Nord, ma mantiene sempre un approccio molto circospetto.

È opportuno a questo punto richiamare l’attenzione sul vero e proprio tour de force di viaggi e incontri di cui Vladimir Putin è stato protagonista da metà maggio. Ricordo che il presidente russo dal marzo 2023 è oggetto di un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale. Il primo viaggio di Putin dopo la sua rielezione a presidente ha avuto significativamente come destinazione Pechino, dove il 16 maggio ha incontrato Xi Jinping (il 10 giugno successivo c’è stato anche un incontro tra Lavrov e il suo omologo cinese Wang). Il 23 maggio il presidente russo si è recato in Bielorussia, poi il 26 maggio in Uzbekistan. Il 19 giugno ha incontrato Kim Jong Un a Pyongyang, il giorno successivo è arrivato in Vietnam, importante snodo delle supply-chain internazionali, dove ha incontrato le massime autorità. Il 2 luglio si è recato in Kazakistan per prendere parte al già citato vertice della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai al quale ha presenziato tra gli altri il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, e dove, oltre che con Xi Jinping, Putin ha avuto un lungo colloquio anche con il presidente turco Erdogan. Il 6 luglio ha incontrato nella capitale russa Viktor Orban, premier del paese che ha la presidenza di turno dell’Ue. Infine, l’8 e il 9 luglio Putin ha accolto a Mosca il presidente indiano Narendra Modi.

Salta agli occhi la grande differenza con la situazione di circa un anno e mezzo fa, quando Putin era stato ammonito o addirittura umiliato dai vari Xi e Modi in occasione del paio di rarissimi vertici al quale era riuscito allora a partecipare. In quel periodo le truppe russe in Ucraina arretravano di molto lasciando ampi spazi a un’avanzata di Kyiv. I suoi compagni di ventura “multipolaristi” erano profondamente irritati per il suo maldestro avventurismo, che aveva tra le altre cose provocato un ricompattamento del fronte occidentale fino a qualche mese prima impensabile. Oggi gli danno atto di avere saputo resistere e del fatto che sta lavorando alacremente per “la causa”. Ieri appariva ai loro occhi come uno sconsiderato capace solo di causare guai, oggi probabilmente come un leader che ha saputo osare più di loro.

Cosa pensa la Cina dell’alleanza Russia-Corea del Nord?

Il salto di qualità nei rapporti tra Russia e Corea del Nord pone la Cina in una nuova situazione. È impossibile capire con esattezza quale sia l’effettiva posizione di Pechino in merito. Non è addirittura da escludersi che non vi sia una sua posizione precisa e che i vertici cinesi stiano ancora cercando di adattarsi ai rapidi sviluppi, e/o che al loro interno, così come riguardo ad altre importanti problematiche, vi siano divisioni. La Cina si trova in una situazione ben diversa dalla Russia e dalla Corea del Nord. Queste ultime sono ormai entrambe relegate al ruolo di “stati canaglia” da parte delle economie avanzate, mentre la Cina, per quanto colpita da sanzioni, continua a essere legata a doppio filo ai paesi occidentali, in particolare come perno della produzione mondiale. Pertanto deve necessariamente essere più prudente.

Alcune testate hanno fornito alcuni spunti interpretativi su questi aspetti. Secondo “38 North”, Pechino chiaramente non vuole (per ora) una vera e propria triplice alleanza con Russia e Corea del Nord (quadruplice, se si aggiunge l’Iran), bensì rapporti che siano sì convergenti e coordinati, ma solo tra singoli paesi autonomi e a livello bilaterale. Ritiene in questa fase fondamentale mantenere relazioni utili con l’Occidente e in particolare, per motivi principalmente economici, con Ue, Giappone e Corea del Sud, tre paesi che si sforza continuamente di allettare, come testimoniato di recente dal tour europeo di Xi e dal suo summit con Kishida e Yoon. Il quotidiano sud-coreano “Hankyoreh” osserva da parte sua che mentre in passato la Cina considerava irragionevoli le impennate aggressive della Corea del Nord, oggi ritiene che stia giustificatamente reagendo a un contesto minaccioso. L’irrigidimento di Pyongyang e la sua alleanza con Mosca le tornano utili, perché distraggono gli Usa e i suoi alleati, ma teme allo stesso tempo che abbiano l’effetto di rafforzare l’asse Usa-Giappone-Corea del Sud il cui principale obiettivo rimane sempre la Cina. Ma in realtà a proposito potrebbe essere in atto una divisione dei compiti tra Mosca e Pechino: la prima “lavora” su Pyongyang per integrarla nella sfera multipolarista, la seconda si dà da fare per mantenere rapporti utili con Giappone e Corea del Sud, due potenze economiche e tecnologiche con le quali è indispensabile mantenere porte aperte. Secondo il quotidiano francese “Le Monde”, la Cina desidera essere sollevata dall’onere di essere “madrina protettrice” della Corea del Nord, perché è già impegnata su troppi fronti. Il fatto che Mosca aiuti Pyongyang sollevandola da imbarazzi le va quindi bene, ma così ha una minore influenza sulla Corea del Nord, già in passato difficilmente gestibile, e ciò potrebbe costituire presto un problema ancora maggiore se dovesse essere eletto un presidente Usa imprevedibile come Trump. Alla Cina torna utile che Pyongyang fornisca munizioni alla Russia, perché così l’occidente è costretto a continuare a consumare i suoi arsenali in aiuto all’Ucraina. Inoltre, per Pechino è conveniente osservare il “laboratorio russo” in termini di costruzione di un’economia di guerra e quello “russo-nordcoreano” in termini di aggiramento delle sanzioni, campo nel quale potrebbe prendere effettivamente in considerazione una “triplice alleanza”. L’escalation di Pyongyang in campo missilistico, che andrà aumentando con gli aiuti di Mosca, va bene a Pechino perché è una sfida aggiuntiva all’egemonia occidentale, ma è vero anche che la Cina non ha alcun controllo sull’uso di tali pericolose armi da parte della Corea del Nord.

Conclusione

Dall’ampio riassunto degli ultimi sviluppi sul fronte Russia-Corea del Nord letti sullo sfondo di quanto accaduto nell’ultimo paio d’anni nell’Asia Orientale, mi sembrano chiari tre elementi, in parte contraddittori, delle dinamiche in atto: 1) Vi è una continua escalation delle tensioni politiche e militari che, seppure progressivamente, sono giunte a livello che ancora solo tre o quattro anni fa erano del tutto impensabili; 2) Tale escalation ha dinamiche in parte molto nette. Ne sono un esempio sia la collaborazione militare tra Russia e Corea del Nord sia la progressione incessante dell’aggressività cinese nei confronti di Taiwan nonché la corsa al riarmo di tutti gli attori dell’area; 3) Allo stesso tempo però vi è una gran confusione nei reciproci posizionamenti strategici: ciò riguarda innanzitutto la Cina (cosa farà davvero con Taiwan? e riguardo al proseguimento del sostegno alla Russia per la guerra in Ucraina? cosa pensa davvero del patto Russia-Corea del Nord? e, su un altro fronte, intende andare a una rottura con gli Usa e, se sì, con quali tempistiche?), ma anche la Corea del Nord (l’alleanza con la Russia è solo temporanea? la rottura con il Sud, implicita nella rinuncia alle ipotesi di riunificazione, è irrimediabile? Kim intende davvero andare alla guerra?) e il fronte occidentale (ci sarà davvero e con quali tempistiche il decoupling dalla Cina? si intende davvero difendere militarmente Taiwan in caso di aggressione e se sì, in che modo, visto il contemporaneo impegno a sostegno dell’Ucraina? e come si reagirebbe di fronte ad altri scenari taiwanesi, come per es. un blocco dell’isola? l’assenza di una politica coerente sul tema della Corea del Nord rimarrà tale? le varie organizzazioni “sciolte” come QUAD, AUKUS e il rinnovato asse USA-Giappone-Corea del Sud, rimarranno tali o andranno verso una nuova “NATO asiatica”?). “Grande è la confusione sotto il cielo”: il detto di Mao torna attuale, ma solo nella sua prima parte e non nella seconda in cui aggiungeva “quindi la situazione è eccellente”. La situazione a cui assistiamo è pessima, foriera di guerra e di una guerra che oltretutto, se ci sarà, avrà caratteristiche mondiali per la terza volta nella storia, solo che adesso i principali attori sono tutti potenze nucleari, ivi compresa la piccola e povera Corea del Nord.

Infine un’aggiunta indispensabile. Oggi a essere protagoniste esclusive della scena in Asia Orientale sono le cancellerie dei vari stati e non più le grandi masse che rivendicavano più democrazia, attive in particolare nel periodo che può essere approssimativamente compreso tra il 2014 e il 2021, cioè dall’anno del movimento dei girasoli a Taiwan e quello degli ombrelli a Hong Kong, fino a quello dell’insurrezione popolare contro la giunta militare a Myanmar nel 2021). Certo, le proteste generalizzate di lavoratori, pensionati e piccola borghesia urbana in Cina tra fine 2022 e inizio 2023 sono ancora vicine nel tempo e, insieme ai successi che stanno ottenendo i coraggiosi quanto dimenticati da tutti insorti birmani, costituiscono ancora motivo di speranza. Ma in questo momento cruciale di sempre maggiore degenerazione guerrafondaia generalizzata (non va ovviamente dimenticata la carneficina di Israele nei confronti dei palestinesi) manca l’unico contrappeso che può aprire vie di uscita dall’esito positivo, cioè le mobilitazioni democratiche di massa.

*articolo apparso l’11 luglio 2024 sul blog https://crisiglobale.wordpress.com/