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Le banche usano metriche finanziarie compiacenti per “truccare” le emissioni prodotte e raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione

Gli obiettivi di decarbonizzazione fissati dalle grandi banche internazionali sono in gran parte poco efficaci. E per questo dovrebbero essere ripensati. A tale conclusione è giunto un rapporto curato dall’organizzazione non governativa Reclaim Finance, pubblicato il 19 settembre. Il documento ha analizzato gli obiettivi settoriali dei 30 più grandi istituti di credito che hanno aderito alla Net Zero Banking Alliance (Nzba). Una coalizione di attori del mondo della finanza che punta (o almeno dovrebbe) a portare il settore su adatta a limitare il riscaldamento globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali.

«Gli obiettivi delle banche inutilmente complessi, confusi e opachi»

Le banche che vi hanno aderito hanno adottato tredici categorie di target. Ebbene, di queste, solamente due appaiono davvero in grado di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra nell’economia reale. Per tutti gli altri, appunto, secondo Reclaim Finance a mancare è un approccio corretto al problema. Capace di rendere davvero utili i piani di transizione delle banche. Una constatazione che già in passato la stessa organizzazione aveva avanzato, senza evidentemente essere ascoltata.

Il rapporto si è concentrato in particolare su 243 obiettivi di decarbonizzazione, che avrebbero dovuto agire sui settori che risultano maggiormente responsabili di emissioni climalteranti: dalla produzione e consumo di fonti fossili all’acciaio, dall’alluminio al comparto edile. «Complessivamente, tali impegni sono inutilmente complessi, confusi e opachi – spiega la Ong -. La maggior parte non permette di stabilire un legame diretto con una riduzione delle emissioni da parte delle imprese. Poiché le metriche utilizzate sono veramente finanziarie senza alcun rapporto diretto con le emissioni stesse. Inoltre, in molti casi vengono mescolati differenti settori, diverse unità di misura e servizi finanziari».

Un caos, dunque, che rende impossibile valutare davvero quali siano gli effetti concreti degli impegni adottati in pompa magna dalle banche. «Vengono raggruppate diverse misure, utilizzate categorie confuse e obiettivi incoerenti. Siamo anni luce distanti dalla trasparenza necessaria», ha commentato Paddy McCully, analista presso Reclaim Finance.

Contabilità climatica, le banche al salone di bellezza

Nel mirino del rapporto ci sono in particolare i target di decarbonizzazione basati sulle cosiddette “emissioni finanziate” (prestiti esclusi) e quelle “facilitate” (attraverso attività sui mercati). Come già accaduto in passato, infatti, le riduzioni delle emissioni sono calcolate sulla base di una serie di variabili finanziarie, in rapporto ad esempio al valore della singola impresa. In altre parole, se aumenta il valore delle aziende presenti nel portafoglio di una data banca, il totale delle “emissioni finanziate” può diminuire senza che siano scese realmente le emissioni, per ragioni meramente contabili.

In termini ancor più semplici: immaginiamo che il valore delle “emissioni finanziate” da una banca attraverso le attività che svolge sui mercati, in riferimento a una data azienda quotata in Borsa, sia pari a 500. Aggiungiamo che il valore della stessa azienda sia 150. Il rapporto tra “emissioni finanziate” e valore dell’impresa sarà dunque 500/150, con le prime che valgono perciò 3,3.

Ora immaginiamo che la banca continui ad operare sul mercato senza alcuna modifica. E che anche l’azienda continui ad emettere lo stesso quantitativo di CO2, con gli stessi business effettuati nello stesso modo. Tuttavia, al contempo l’azienda vede il suo valore in Borsa crescere da 150 a 200. Il rapporto diventa dunque 500/200. E il dato relativo alle “emissioni finanziate” scende da 3,3 a 2,5. Senza che per il clima sia stato fatto, in realtà, assolutamente nulla.

Solo 5 delle 30 banche analizzate non usa queste metriche “compiacenti”

Per gli istituti di credito, però, si tratta di un’ottima notizia, poiché potranno vantare risultati numerici di decarbonizzazione lusinghieri, ancorché del tutto di facciata e fini a loro stessi. E visto che le bolle speculative continuano a far crescere indefinitamente i valori delle aziende quotate in Borsa (anche in modo meramente speculativo), il risultato è che chi ha aderito alla Nzba può fare bella figura, senza sforzo alcuno. Se si aggiunge che soltanto 5 delle 30 banche analizzate non utilizzano questo tipo metriche, si comprende con grande facilità la portata del problema. Tanto più che anche quelle che volessero fare le cose in modo corretto e efficace, ad oggi, hanno di fatto a disposizione soltanto questo tipo di metrica.

*articolo apparso su https://valori.it il 24 settembre 2024.