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La mozione di censura votata l’altroieri dal parlamento francese che ha costretto alle dimissioni il brevissimo governo Barnier è sostanzialmente frutto del nuovo patto di stabilità europeo che, con le sue regole stringenti e nel quadro di stagnazione/recessione in cui vive l’economia del continente, ha obbligato anche la Francia a prospettare una pesantissima manovra di bilancio.

I circa 60 miliardi di tagli e di nuove tasse che il progetto di bilancio di Barnier proponeva hanno messo in gravissima difficoltà la tattica di “non sfiducia” adottata dal Rassemblement National di Marine Le Pen e di Jordan Bardella.

Il partito neofascista è riuscito giusto per tre mesi a traccheggiare nella sua politica di tacito consenso verso gli orientamenti sempre più razzisti e di destra del governo macroniano. Ma non poteva far finta di niente di fronte alla presentazione di un progetto di bilancio che taglia pesantemente i servizi sociali, la sanità e la scuola, blocca le pensioni (fortemente erose dall’inflazione) e promette duri colpi contro il pubblico impiego, peraltro nel contesto di diffuse vertenze contro pesanti procedure di licenziamento in importanti aziende private. E così l’estrema destra ha dovuto scegliere di sommare i propri voti a quelli della sinistra del Nuovo Fronte Popolare nel sostenere la mozione di censura che ha mandato a casa il governo.

Dunque a censurare il governo Barnier non è stata l’inedita “convergenza tra gli estremi”, come analizzano i politologi, ma piuttosto la totale indigeribilità sociale di un progetto di bilancio imposto dall’Unione europea e adottato dal macronismo in crisi terminale.

E’ da mesi in corso nel paese transalpino un’azione dei datori di lavoro privato, che, per difendere i loro profitti di fronte alla concorrenza globale, hanno sferrato un’offensiva coordinata contro l’occupazione nei settori commerciali e manufatturieri. Si tratta di ben 180 procedure di licenziamento collettivo già avviate che stanno producendo la perdita di oltre 150.000 posti di lavoro diretti e indiretti nei subappalti. E tutto fa pensare che questo non sia che l’inizio (nell’immagine in alto la cartina elaborata dalla CGT, con tutte le vertenze per licenziamenti collettivi aperti in Francia).

La classe lavoratrice e le masse popolari francesi stanno rispondendo a quell’offensiva con importanti mobilitazioni sindacali, e la presentazione di una legge di bilancio così antisociale non poteva che gettare benzina sul fuoco. Così, Marine Le Pen e i suoi hanno ritenuto che non fosse possibile, con la loro “non sfiducia”, apparire così platealmente complici dell’offensiva governativa e di quelle che loro chiamano le “élite”.

Ma Macron, dopo aver ignorato la maggioranza, seppur relativa, conquista dalla sinistra alle elezioni di luglio, oggi preannuncia di voler aggirare anche questa clamorosa anche se scontata sconfessione parlamentare della sua politica. Con tutta probabilità questa sera presenterà un nuovo primo ministro, forse un “tecnico” (“à l’italienne”, come dicono a Parigi), che, quasi certamente, provvederà a rendere operativa la legge antipopolare di bilancio con lo strumento dell’ordinanza prevista dalla costituzione gollista del 1958. 

Così, l’intero fronte padronale sarà soddisfatto: l’Unione europea che vedrà i conti francesi “in ordine”, Macron che riterrà di poter restare in sella fino alla fine del suo mandato (2027) e il Rassemblement National che penserà di aver evitato il proprio coinvolgimento nella manovra macronista. 

Ora la soluzione torna ad essere quella sul terreno della lotta di classe, per opporsi insieme all’attacco congiunto del governo e del padronato. Nel settore pubblico, un vasto movimento intersindacale oggi 5 dicembre scende in sciopero, in difesa dell’occupazione e dei servizi sociali. Tra giusto una settimana, il 12 dicembre il sindacato CGT ha indetto una giornata nazionale di scioperi e di lotta nel privato, con l’obiettivo di ricomporre le mobilitazioni contro i licenziamenti e contro le chiusure di aziende. Nelle ferrovie francesi (SNCF) è stato lanciato un appello per uno sciopero ad oltranza a partire da mercoledì 11 dicembre

Le forti tensioni politiche, frazionistiche e leaderistiche che travagliano il Nuovo Fronte Popolare hanno dunque l’occasione per ricomporsi proprio sul terreno della mobilitazione sociale e del rilancio del programma radicale che aveva funzionato così bene nelle elezioni di luglio.

E’ proprio con questa preoccupazione che le compagne e i compagni dell’NPA hanno invitato tutte le organizzazioni del movimento operaio ad agire congiuntamente di fronte all’offensiva padronale e governativa e alle manovre di Macron. Un’azione unitaria tanto più necessaria anche per smascherare l’atteggiamento spregiudicato ed ipocrita dell’estrema destra. E, ancor più in generale, l’unità della sinistra e del fronte del lavoro sarà indispensabile se le manovre di Macron e dei suoi non riuscissero a evitare il precipitare di una vera e propria crisi delle istituzioni della Quinta repubblica.

*articolo apparso sul sito Refrattario e Controcorrente il 5 dicembre 2024. Invitiamo anche a leggere il comunicato  dell’NPA-Anticapitaliste del 4 dicembre 2024.