DeepSeek: la nuova “rivoluzione” tech cinese o l’ennesima operazione di regime? La glorificazione acritica dell’AI made in China nasconde strategie politiche di Xi Jinping all’insegna della grandeur.
Continuo a monitorare gli sviluppi relativi a DeepSeek, il nuovo modello AI cinese, dopo le mie prime analisi successive al suo lancio (la precedente serie di articoli di febbraio su questo tema“DeepSeek: tra realtà e mito” – Parte 1, Parte 2 e Parte 3). Il contesto complessivo della sua introduzione sta emergendo con maggiore chiarezza, elemento fondamentale per guardare alla realtà senza limitarsi alla narrativa superficiale e infondata del “piccolo Davide cinese contro il Golia tech americano” che sarebbe riuscito a rivoluzionare l’AI.
Innanzitutto, i risultati di Nvidia e le previsioni di altri osservatori per il 2025 evidenziano un vero boom nella domanda di chips, con un aumento dell’80% dei ricavi dell’azienda statunitense anno su anno, fino a 39 miliardi di dollari. Se è vero che questo dato riguarda l’ultimo trimestre 2024, precedente al lancio di DeepSeek R1, è altrettanto vero che dopo due mesi di questo primo trimestre 2025, le proiezioni indicano un ulteriore e paragonabile aumento, fino a 43 miliardi entro fine marzo. Anche osservando l’andamento del titolo Nvidia in borsa negli ultimi dodici mesi (si veda l’immagine qui sotto), risulta evidente che il “crollo” di fine gennaio rappresenta semplicemente uno dei tanti episodi di oscillazione di un titolo per sua natura altamente speculativo, e non una svolta. D’altronde, sta diventando sempre più chiaro che le soluzioni adottate da DeepSeek R1, pur consentendo di snellire il processo di creazione dei modelli AI (non solo quelli di DeepSeek, trattandosi di soluzioni facilmente replicabili) con un risparmio sui costi non esattamente quantificabile, ma certamente non “rivoluzionario”, comportano al contempo un significativo aumento delle spese, poiché i modelli “ragionanti” come quello di DeepSeek consumano molta più potenza in termini di chip avanzate ed energia rispetto ad altri modelli analoghi.
Al di là di questi aspetti tecnico-economici, il significato del “fenomeno DeepSeek” non può essere compreso a livello politico senza considerare il contesto cinese, superando la prospettiva etnocentrica occidentale. Avevo già notato come, proprio lo stesso giorno del lancio di DeepSeek, il proprietario dell’azienda produttrice, Liang Wenfeng, avesse incontrato pubblicamente il premier Li Qiang. Recentemente, lo stesso Liang si è esibito in una calorosa stretta di mano con Xi Jinping durante l’incontro organizzato da quest’ultimo con i “titani del tech” cinesi, al quale è comparso perfino un semi-riabilitato Jack Ma di Alibaba. Un incontro prevedibile, considerando che DeepSeek ha sede nello Zhejiang, provincia che ha lanciato la carriera di Xi e che oggi rappresenta il principale hub dell’high-tech e dell’innovazione cinese, anche grazie alle continue sovvenzioni statali. L’aspetto politico fondamentale è che il lancio di DeepSeek si inserisce perfettamente in una tendenza di consolidamento interno del controllo personale di Xi all’insegna della grandeur.
Nei mesi precedenti il lancio di DeepSeek, Xi aveva già scelto di affrontare la crisi sistemica provocata dal crollo del settore immobiliare cinese non attraverso un aumento dei salari e del welfare – che avrebbe potenziato la capacità di consumo della popolazione, inclusi i 300 milioni di lavoratori migranti ipersfruttati e privi dei diritti minimi – bensì mediante un’ennesima mega-iniziativa industriale a fondo perso, questa volta nel campo tecnologico. Come già osservato, il lancio di DeepSeek R1 si inserisce in una sequenza coreografica evidentemente studiata con estrema attenzione in questo preciso contesto. Dal lancio del modello DeepSeek V3 poco prima di Natale, che non ha ottenuto la risonanza sperata, si è passati a quello di DeepSeek R1, per il quale l’ossessivo battage pubblicitario ha invece prodotto effetti globali, rappresentando un enorme successo per il regime cinese. Il lancio è avvenuto esattamente nel giorno dell’insediamento di Trump e appena prima del capodanno lunare, la principale festività cinese, celebrata quest’anno in un contesto di grandi difficoltà economiche. Non considero casuali queste coincidenze, come non la considero quella che illustro qui di seguito.
Contemporaneamente all’ultimo modello R1, è stato distribuito anche il film d’animazione “Nezha 2”, oggetto di un’analoga campagna pubblicitaria ossessiva promossa dal regime. Il film è stato celebrato come un incredibile avanzamento tecnico e cinematografico, con numerose aziende e uffici pubblici che hanno acquistato biglietti da offrire gratuitamente ai dipendenti. L’obiettivo è chiaro: fare della Cina la patria del film con i più alti incassi nella storia del cinema. Circolano persino video di scolaresche elementari portate a vedere “Nezha 2” mentre cantano l’inno nazionale in piedi durante la proiezione e/o con striscioni rossi recanti slogan patriottici. Qualcosa di simile sta accadendo anche per DeepSeek: il regime del Partito Comunista spinge amministrazioni locali, aziende statali e private, nonché istituzioni educative, ad adottarlo per motivazioni patriottiche. I media cinesi sono saturi da un mese di articoli che esaltano i successi ottenuti dalla nazione con DeepSeek e “Nezha 2”. In questi giorni, il portavoce del ministero della difesa cinese, Wu Qian, ha formulato minacce nei confronti della dirigenza politica taiwanese, utilizzando ad arte una delle frasi più note pronunciate dal portagonista di “Nezha 2” nel film: “Un giorno verremo a prendervi”.
Le intenzioni del regime con queste due iniziative sono lampanti: implementare un nuovo gigantesco piano burocratico, questa volta tecnologico, che sostituisca il ruolo precedentemente svolto dal settore immobiliare (con la probabile conseguenza di generare una nuova megabolla e un altro settore in sovraproduzione); puntare all’autosufficienza tecnologica come strumento difensivo contro le sanzioni americane ma anche come preparativo a un possibile conflitto; mobilitare il sentimento patriottico della popolazione sia per fronteggiare un sistema economico in crisi sia per prepararla a una guerra futura, ma non troppo lontana.
È interessante notare come in Occidente, dove certamente non manca la paranoia anticinese e dove la diffidenza verso Pechino è ormai diffusa, la narrativa della “rivoluzione DeepSeek” abbia goduto di un’enorme e acritica diffusione. Per un quarto di secolo il sistema occidentale si è ampiamente basato sull’alleanza economica con la Cina, e l’estasi per la “potenza cinese” rimane ancora ben radicata, soprattutto tra giornalisti e ambienti di sinistra. Al di là dei risultati conseguiti dal modello AI, degni di nota ma non certo rivoluzionari, si perde di vista il significato contestuale del suo lancio. Oggi ci si entusiasma per la grandeur cinese, senza rendersi conto che, vista la situazione attuale, in un futuro non lontano potremmo ritrovarci anche noi, come i piccoli studenti cinesi, costretti a cantare “Fratelli d’Italia” di fronte all’ultimo incredibile successo di regime.
*articolo apparso sul blog substack.com il 4 marzo 2025.