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Nel 1972, Richard Nixon aveva tessuto relazioni con la Cina di Mao allo scopo di isolare il suo concorrente dell’epoca, l’URSS. Oggi, Trump sta facendo delle avances alla Russia allo scopo di isolare la Cina. Con gli europei che si sentono abbandonati e corrono al riarmo…

Eppure…

L’abbandono appare assai relativo. Il presidente degli Stati Uniti è ben lungi dal considerare la possibilità di rinunciare alla presenza americana in Europa. Se mira a ridurre le spese militari dell’8% nei prossimi cinque anni, non rinuncia alla NATO. Chiede solo che la mancanza di finanziamenti statunitensi sia compensata dagli europei con spese militari pari al 5% del PIL.
Come? La ricetta è stata data dal vicepresidente J.D. Vance molto prima della rielezione di Trump: gli europei devono solo smettere di finanziare le loro «lussuose pensioni e altri programmi di aiuto». Ci sembra chiaro.
E ciò è chiaro e condiviso anche in Svizzera, dove la maggioranza delle Camere federali taglia le spese sociali e gli aiuti allo sviluppo per offrire 530 milioni in più all’esercito.

Gli Stati Uniti se ne vanno?

Inoltre, nulla è certo per quanto riguarda un eventuale ritiro delle truppe statunitensi dall’Europa. Secondo molti osservatori, dei circa 100’000 militari stazionati, solo i 20’000 schierati dopo febbraio 2022 dovrebbero tornare a casa, lasciando sul posto un contingente permanente – un minimo di 65’000 soldati dalla fine della guerra fredda – distribuito in 37 basi in sei paesi.
L’importanza geostrategica di queste basi risulta evidente. È inoltre difficile immaginare che gli Stati Uniti vi rinuncino; del resto, né Trump né i suoi generali hanno mai accennato a tale eventualità. Come non hanno immaginato di sospendere il previsto dispiegamento in Europa di centinaia di missili a lungo raggio.
È uno sforzo finanziario considerevole da parte degli europei, complementare al mantenimento delle basi statunitensi, quello che Trump richiede. Data l’incapacità dell’industria europea di soddisfare la domanda, in particolare di acciaio, lo sforzo si tradurrebbe in un massiccio aumento degli acquisti militari… negli Stati Uniti.

Doloroso

È in questo contesto che si sta diffondendo la propaganda a favore della “ripresa europea attraverso gli armamenti”, come fa, ad esempio, il quotidiano Le Temps (22.02.25). Secondo il suo editorialista, il Vecchio Continente dovrebbe “imparare a proprie spese a fare a meno del comodo ombrello americano”.
Polonia, studente modello con il 4,7% del PIL destinato alla difesa, illustra bene il concetto di scelta “dolorosa”. Infatti, il 59% dei suoi oltre 10 miliardi di dollari destinati alle spese militari finisce nelle tasche dei mercanti d’armi statunitensi, e di conseguenza la sua crescita è fortemente rallentata. Pur essendo uno dei paesi dell’OCSE con la più bassa speranza di vita, il paese ha intrapreso un forte tentativo di risanamento del bilancio, tagliando le spese sanitarie e quelle per l’istruzione.

Anche le proiezioni per la Francia sono edificanti: il rilancio di un programma di armamenti pari al 5% del PIL comporterebbe massicce riduzioni della spesa per istruzione, sanità e pensioni. Ecco il vero significato della parola “dolorosa”.

Quali pericoli?

Sovrastimare la forza del nemico è un classico. Alla fine della guerra fredda, l’ex comandante in capo della NATO William Rogers ha candidamente riconosciuto che le reali capacità militari dell’Unione Sovietica rappresentavano “al massimo un quarto” di ciò che la propaganda atlantista presentava all’opinione pubblica.
Perché dovrebbe essere diverso con Putin, con questo orso russo che ci dicono essere così vicino a invadere l’Europa? Dopo tre anni di guerra contro l’Ucraina, il plantigrado ha dimostrato la sua barbarie; ma ha anche mostrato una capacità di invasione tutto sommato assai relativa. Non avrebbe dovuto mangiarsi l’Ucraina in tre giorni?
Colpita dallo sforzo bellico, l’economia della Russia, un paese in cui la corruzione è diffusa e la cleptocrazia è diventata un sistema, non è necessariamente in grado di sostenere le ambizioni del Cremlino. Non è affatto sull’orlo del collasso, ma sta affrontando seri problemi – alta inflazione, mercato del lavoro molto teso, scarsità di beni di consumo, alto costo del denaro… – poco compatibili con uno sforzo bellico prolungato.
Citato da Le Temps (24.02.25), un famoso sociologo russo afferma che “il problema, come spesso accade in questo paese, è che i piani del Cremlino sono una cosa e la realtà è un’altra, completamente diversa”. Utile ricordarlo.
L’attuale stato dell’economia russa limita fortemente le sue capacità di rimilitarizzazione. Ciò non esclude tuttavia gravi pericoli.

Per contro…

Incapace di far fronte alla superiorità tecnologica che il riarmo dell’Europa potrebbe rappresentare, Putin potrebbe rispondere solo con l’unica vera arma di cui dispone: l’arma atomica.
Una minaccia, questa, drammaticamente reale.