Lo scorso 14 aprile, la Lega dei Ticinesi ha depositato un’interrogazione in merito ai mandati pubblici assegnati senza concorso da parte del Cantone Ticino, i quali hanno raggiunto i 182 milioni di franchi. A parte la spennellata pesante dell’ormai tipica xenofobia leghista – Il Consiglio di Stato fa molto per gli asilanti e poco per trattare con parsimonia i soldi dei contribuenti –, il partito di via Monte Boglia chiede ragguagli in merito alle commesse dell’anno 2024 aggiudicate su invito o incarico diretto da parte del Cantone con importi superiori a franchi 5’000.
Secondo la Lega dei Ticinesi «la quantità e la natura di alcuni mandati sollevano legittimi interrogativi sull’opportunità di certe spese e sulla definizione di efficacia, economicità e parsimonia». In particolare il partitone del “prima i nostri” è urtato da «alcune spese rilevanti legate all’accoglienza di richiedenti d’asilo e profughi».
L’interrogazione leghista permette di formulare alcune considerazioni politiche di ampio respiro sulla questione delle commesse pubbliche su invito o incarico diretto.
I problemi di fondo legati alle commesse pubbliche
La Lega dei Ticinesi scrive che «in un momento in cui si parla di razionalizzazione della spesa pubblica, è lecito chiedersi se questi mandati siano sempre realmente prioritari, proporzionati nei costi e selezionati con criteri trasparenti». Effettivamente le commesse pubbliche su invito o incarico diretto sollevano parecchi dubbi; ma anche e soprattutto perché costituiscono un vettore privilegiato attorno al quale vengono costruiti i rapporti d’interesse fra politica e mondo imprenditoriale, una leva potente con la quale stimolare gli scambi di favori fra i partiti politici che controllano gli esecutivi e le loro amministrazioni e certi settori d’imprenditori che dalla “mammella pubblica” traggono importanti profitti.
Detto in altre parole, queste commesse concorrono a formare una commistione fra interessi pubblici e privati che è uno dei canali privilegiati alla base del clientelismo storico che affligge il Ticino. Il clientelismo, ricordiamolo, è una pratica sociale particolarmente pregnante nelle realtà contraddistinte da una struttura economica relativamente debole, nella quale i finanziamenti pubblici giocano un ruolo più importante rispetto ad altri contesti. Perciò il personale politico e amministrativo che gestisce le finanze pubbliche instaura un sistema di favoritismi e scambi, fondato soprattutto sull’assegnazione arbitraria o opaca di risorse o su forme varie forme di sovvenzionamento (diretto e indiretto) nei confronti di privati quale contropartita del sostegno dato al momento di scadenze elettorali ma anche alla gestione generale degli orientamenti politici dominanti.
Le commesse pubbliche su incarico diretto: un fenomeno dilagante a tutti i livelli
La Lega dei Ticinesi, ricorrendo alla sua ormai classica doppia morale di fustigatrice del malcostume ticinese e di partito dominante in quasi tutti i livelli politici (Comuni e Cantone), solleva dei dubbi solo nei confronti della gestione delle commesse pubbliche su invito o incarico diretto emesse dall’amministrazione cantonale. Naturalmente, questo partito dimentica di avere due consiglieri di Stato su cinque, quindi un controllo sul 40% dei servizi cantonali. Cosa che dovrebbe spingerla ad interrogarsi sul suo ruolo in questa “spartizione” delle risorse pubbliche. In questo giochetto del partito “barricadero nazional popolare” la Lega dei Ticinesi tace su un altro fattore determinante: il sistema delle commesse pubbliche riguarda tutti i livelli del potere politico-amministrativo, coinvolgendo ampiamente anche i comuni, i bastioni del potere dei partiti politici dominanti, quindi anche della Lega quale componente ormai strutturale del potere istituzionale borghese.
Il Cantone ha speso nel 2024, sotto forma di commesse pubbliche su invito o incarico diretto, la cifra di 182,1 milioni di franchi. Per dare un ordine di grandezza, ciò rappresenta il 4,1% di tutte le spese cantonali (4’422 milioni di franchi) ma ben il 40,6% delle uscite per investimenti (448,7 milioni) realizzati nel 2024 a livello cantonale. A queste cifre vanno aggiunte le commesse pubbliche su invito o incarico diretto pagate dai comuni ticinesi nel 2024. Queste hanno raggiunto il numero di 9’928 emissioni per la cospicua cifra di 274,1 milioni di franchi[1] (cfr. tabella allegata). Dunque, nel 2024 tra cantone e comuni sono state somministrate commesse pubbliche su invito o incarico per 451,6 milioni di franchi; quasi mezzo miliardo di franchi di risorse allocate sulla base di criteri la cui oggettività e il cui rispetto della legge sono di difficile controllo, ancora di più se non vi è alcuna volontà di farlo. E si tratta di un sistema ramificato che parte dal cantone e si estende a tutti i comuni del Ticino, ovviamente con intensità diverse.

La Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb) sistematicamente ignorata…
La Legge sulle commesse pubbliche (LCPubb), fissa il principio secondo il quale «le procedure di pubblico concorso o selettiva sono la regola» (art. 7, cpv. 1). I valori che abbiamo raccolto sconfessano questo principio, nella misura in cui le commesse su invito e su incarico diretto si sono ampiamente diffuse, ben oltre quanto fissato dalla legge e dalla volontà del legislatore.
Il giudice Matteo Cassina, presidente della sezione di diritto pubblico del Tribunale di appello, colloca le commesse su invito e su incarico fra le «procedure a concorrenza limitata». La prima tipologia si «caratterizza per il fatto che il committente decide lui stesso direttamente e senza pubblicazione del bando, quali offerenti possono presentare un’offerta entro un determinato termine. Nell’ambito delle procedure rette dal diritto cantonale, tale modo d’agire può essere adottato alternativamente se la commessa supera determinati valori soglia, se nell’ambito di una procedura libera o selettiva non vengono presentate offerte accettabili o se nessun offerente adempi i criteri di idoneità richiesti oppure ancora se la commessa richiede qualità e abilità professionali particolari, l’applicazione di provvedimenti o attrezzature speciali»[2]. Da questa citazione si desume facilmente come la procedura su invito sia una forma di commessa particolare, definita sulla base di precisi parametri e il cui uso per sua stessa natura non può che essere circoscritto.
Per la seconda casistica, le procedure su incarico diretto, il giudice Cassina traccia una definizione ancora più restrittiva: «si tratta del caso in cui il committente aggiudica direttamente la commessa ad un privato senza procedere alla pubblicazione del bando di concorso. In pratica è un “non-concorso” e per questo motivo tale procedura è applicabile soltanto nei casi particolari esaustivamente previsti dalle varie leggi applicabili. In una sua decisione del 3 novembre 2000 la Commissione federale di ricorso in materia di acquisti pubblici ha specificato che proprio per tenere conto dell’eccezionalità di questa procedura, le condizioni previste dalla legge per la sua applicazione devono essere interpretate in modo restrittivo. Tali condizioni sono ad esempio: l’esiguità del valore della commessa (…); se per le peculiarità tecniche od artistiche dell’offerta o se per motivi derivanti dalla protezione della proprietà intellettuale un solo concorrente entra in linea di conto; in caso di imprevedibile urgenza; se sono acquistati beni ad una borsa di merci; nel caso di commesse aggiudicate al vincitore di un concorso di progettazione; se il committente acquista dei prototipi o prestazioni nuove fabbricate a titolo sperimentale, di ricerca o di studio»[3]. Citazione estesa ma che ha il merito della chiarezza: la commessa su incarico diretto è un’eccezione chiaramente definita.
Per il giudice Cassina «il problema della procedura per incarico diretto è dato dalla mancanza di pubblicità verso l’esterno che rende difficoltosa l’opposizione da parte di altri potenziali offerenti»[4]. Più in generale, questa procedura rende estremamente difficoltoso qualsiasi controllo diretto e immediato della politica sulla gestione di queste ingenti risorse pubbliche. Nel migliore dei casi, la situazione può essere valutata a posteriori, un anno dopo, quando ormai le commesse sono già state assegnate. Alla stessa stregua, questa procedura impedisce la verifica oggettiva relativa ai prezzi praticati, i quali potrebbero essere più elevati di quelli comunemente praticati, provocando una maggior spesa pubblica. Infine, vi è il problema legato al fatto che le commesse su incarico diretto, a causa della loro totale discrezionalità e opacità, possono essere lo strumento perfetto con il quale consolidare le logiche clientelari, ossia lo scambio binario fra interessi politico-elettorali ed economici dei ceti sociali dominanti all’interno di una determinata realtà. Sulla base dall’analisi quantitativa proposta più sopra, è possibile concludere che in molti comuni e a livello cantonale, il principio legale alla base delle commesse pubbliche è stato ribaltato, trasformando l’eccezione nella regola. Di fatto si è instaurata un’infrazione sistematica della legge. E questo senza suscitare reazioni particolari.
Lugano capitale del sistema delle commesse pubbliche dirette…
Gli strali della Lega colpiscono il cantone ma tacciono, per esempio, sulla città di Lugano, ormai un feudo politico-amministrativo che controlla in maniera ferrea. Come principale città del Cantone, è scontato che Lugano si trovi in testa ai comuni con il maggior ricorso alle commesse pubbliche su invito o incarico con importi superiori a 5’000 franchi. Colpisce, però, l’importo versato a questo scopo nel 2024: ben 63,7 milioni di franchi, suddivisi in 2’190 commesse, pari a una media di 29’000 franchi per commessa. Sorprendente è anche l’evoluzione che ha conosciuto questa particolare forma di gestione delle risorse pubbliche sulle rive del Ceresio. A partire dal 2016 questo tipo di commesse ha raddoppiato il proprio valore, quasi triplicandolo nel 2024. Una vera e propria continua ascensione. Sempre nel 2024, Lugano ha erogato 2’190 commesse, contro le 4’013 del Cantone.

La città sul Ceresio ha concesso il 22,3% di tutte le commesse emesse dai comuni ticinesi. La dimensione numerica traduce l’importanza che ha assunto questa forma di finanziamento alle imprese private, con le potenziali derive che possono accompagnarla.
Non solo il principio generale è sistematicamente infranto ma addirittura si intravedono chiaramente i meccanismi di aggiramento dei “paletti” previsti dalla LCPubb per controllare l’ambigua procedura della commessa su incarico diretto. E ciò emerge oggettivamente dall’analisi qualitativa di queste commesse emesse dal comune di Lugano. Se ci si prende la briga di analizzare le 169 pagine di dati che concernono questa tipologia di commesse, dopo un primo momento di familiarizzazione, si intravedono chiaramente le infrazioni e le “tecniche” per aggirare la legge.
Per esempio, se prendiamo il criterio dell’urgenza, ritroviamo una pletora di commesse concesse per la pulizia di stabilimenti, dalle scuole alle palestre e piscine, passando per degli interi immobili di proprietà comunale. Si tratta, in sostanza, di attività di manutenzione, assolutamente pianificabili, ripetitive nel tempo e concesse anche su base annuale. Impossibile anche solo pensare che queste commesse siano concesse nell’urgenza. Un esempio concreto. La società di pulizie S & S Service & Service SA ha ricevuto dal 2013 al 2024 ben 190 commesse su incarico diretto per un valore complessivi di 2,647 milioni di franchi. Nel 2023, le commesse si sono elevate a 28 per un importo di 389’322 franchi, nel 2024 il loro numero è salito a 30 per 464’909 franchi. Importi considerevoli che avrebbero potuto interessare altre imprese di pulizia ma che invece sono state sottratte al confronto. Diverse commesse ricevute dalla S & S Service & Service SA hanno la dicitura “Pulizie PuntoCittà Balestra (per l’anno 2024)”, “Pulizie Ex Municipio Pambio-Noranco (per l’anno 2024)”, a dimostrazione del loro carattere pianificabile e non urgente. Come anche “Scuola elementare Besso – Opere di pulizia”, “Pulizia uffici Dicastero Sport, spogliatori e WC + skate park”, “Camere mortuarie – Opere di pulizia”, ossia infrastrutture esistenti e per le quali è scontato prevedere il bisogno di pulizie regolari. Anche nel settore dell’edilizia si delineano situazioni simili. Citiamo per esempio il caso della ditta Spalu SA, attiva in modo specifica nella pavimentazione stradale. Tra il 2020 e il 2024, questa società ha ricevuto 132 incarichi diretti per una somma complessiva di 6,908 milioni di franchi. Pure in questo frangente, molte delle commesse su incarico diretto appaiono in contraddizione con i principi della LCPubb. Nella maggioranza delle commesse elargite, solo il rispetto del parametro del valore rientra nei termini di legge: le opere di pulizia in questione sono infatti inferiori ai 150’000 franchi previsti per le prestazioni di servizio, così come le attività di pavimentazione stradale sottostanno al limite dei 300’000 franchi. Ma è anche vero che il comune di Lugano ha applicato un’estesa opera “affettamento” delle attività in questione, le quali, se ricomposte, superano ampiamente il tetto dei 150’000 franchi e, rispettivamente, dei 300’000 franchi. La legge in questo frangente è stata rispettata? Difficile dirlo. Le commesse cadauna sono inferiori ai limiti della legge, però il ricorso sistematico alla procedura su incarico diretto spesse volte, come nel caso della S & S Service & Service SA e della Spalu SA, infrange l’articolo 7 della LCPubb che determina l’eccezionalità di questa forma di commissione pubblica mentre la politica del comune di Lugano ne ha dato una dimensione di assoluta
normalità.
Sicuramente, però, non è stata rispettata la volontà del legislatore, né gli orientamenti della giurisprudenza. È infatti evidente che l’intento politico e legale era quello di limitare in maniera precisa il ricorso alla procedura su invito e su incarico diretto, per evitare una distorsione della concorrenza (intesa come possibilità garantita a tutti gli interessati di partecipare a delle gare d’appalto) e una perdita di controllo sulla gestione di consistenti mezzi finanziari pubblici. E noi aggiungiamo pure che si trattava di evitare la formazione rendite clientelari, il cui effetto è anche quello di un aumento e di uno sperpero delle risorse finanziarie pubbliche. Detto altrimenti, le opere di pulizie e di pavimentazione stradale invece di essere “spacchettate” e poi direttamente consegnate alle ditte citate, potevano e dovevano essere riunite in diversi lotti e fare l’oggetto di una gara d’appalto pubblica. Ciò avrebbe permesso di operare un maggiore controllo pubblico, di offrire eventuali possibilità di ricorso, ecc.
E il sistema va avanti nel silenzio accondiscendente generale…
La fotografia che abbiamo scattato, sia a livello generale che del comune di Lugano, fissa indelebilmente l’esistenza di un sistema di gestione delle risorse pubbliche problematico, tanto dal punto di vista legale che politico. Un sistema che andrebbe attentamente e criticamente scandagliato, nell’ottica di stabilire in che maniera le commesse pubbliche su invito e su incarico diretto rispondano a dei reali bisogni e in che misura, invece, concorrano ad alimentare dinamiche nocive, in termini di gestione degli interessi pubblici, fino al rischio che favoriscano la conformazione d’interessi clientelari fra politica e imprenditoria privata. La realtà ci dice che nessun organo pubblico, politico o giudiziario si interessa a questa problematica. Un immobilismo che fa comodo a tutti. Se questa è la situazione in un ambito comunque sottoposto a norme legali, dobbiamo chiederci cosa succeda laddove è lasciato un margine di manovra totale, laddove non esiste neppure l’obbligo di recensire queste commesse. Facciamo riferimento a quelle con un valore inferiore ai 5’000 franchi. A questo livello domina la totale opacità. Impossibile conoscere il loro montante totale, impossibile sapere con che frequenza siano destinate a certe imprese, impossibile valutare in che misura sia giustificate e se le cifre corrisposte rispettino i prezzi correnti. Nulla, tutto si perde nei meandri delle amministrazioni. I difensori del sistema diranno che qualsiasi forma di controllo è tecnicamente difficile e generatrice di burocrazia. Scusa di difficile difesa. Queste spese sono comunque conteggiate nella contabilità, si tratta semplicemente di costituire la stessa tabella che per le commesse superiori ai 5’000 franchi. È puramente una questione di volontà politica. Piuttosto di affrontare queste problematiche, si preferisce denunciare le commesse dirette elargite nell’ambito dell’assistenza ai richiedenti d’asilo, secondo il principio di focalizzare l’attenzione sui fatti marginali, nascondendo invece la dimensione sistemica di una gestione opaca delle risorse finanziarie pubbliche…
* Coordinatore MPS del Luganese
[1]A oggi, ben 12 comuni presentano ancora i dati del 2023 (e 3 comuni addirittura non li pubblicano online), infrangendo così la LCPubb che impone l’obbligo di pubblicazione entro il 31 marzo di ogni anno… Il risultato finale, comunque, per il 2024 non dovrebbe cambiare molto da quello indicato nel presente articolo.
[2] Cassina Matteo, Principali aspetti del diritto delle commesse pubbliche nel Cantone Ticino, Atti della serata di studio del 23 ottobre 2008, Bellinzona, 2008, pp. 24-25.
[3] Ivi, pp. 25-26.
[4] Ivi, p. 26.
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