I lavoratori migranti interni cinesi sono stati nei decenni, e lo sono ancora oggi, una delle principali forze propulsive dell’economia cinese. La maggior parte di essi è stata costretta a sopportare condizioni di vita e di lavoro estremamente dure: paghe bassissime, lavori rischiosi e dannosi per la salute, discriminazione, abbandono della propria famiglia e del proprio contesto sociale. Senza di loro, né i capitalisti cinesi né quelli statunitensi che ora, in crisi, si stanno facendo guerra con i dazi, avrebbero mai potuto accumulare le loro ricchezze e il loro potere.
L’Ufficio Nazionale di Statistica cinese ha in questi giorni tracciato una fotografia dello stato di questa categoria di lavoratori a fine 2024. In totale, sono quasi 300 milioni (per l’esattezza, 299,7 milioni), pari a circa il 40% della forza lavoro totale della Cina. Il loro numero continua a crescere: nel 2024 è aumentato dello 0,7% rispetto all’anno precedente. Il gruppo più consistente è quello di coloro che vivono al di fuori della loro provincia, 178 milioni, e la sua consistenza sta ancora crescendo a un ritmo più rapido rispetto ai lavoratori che sono emigrati all’interno della propria provincia, 121 milioni. Per la maggior parte si tratta di persone che provengono dalle regioni più povere, quella nord-orientale e quella centrale. Il numero degli uomini supera ampiamente quello delle donne (il 62% contro il 37% di donne).
L’età media dei lavoratori migranti cinesi continua a crescere ed è oggi pari a 43,2 anni. Quelli che sono rimasti nella loro provincia di origine hanno un’età più alta (46) rispetto a quelli emigrati più lontano (39). Nel 2024, la percentuale di lavoratori migranti con più di 50 anni ha raggiunto il 31,6% (94 milioni di persone), mentre nel 2008 era solo l’11,4% (25 milioni). In poco più di un decennio, il numero di lavoratori migranti anziani è aumentato di 69 milioni, quasi equivalente alla popolazione totale della Francia. Non va dimenticato che si tratta nella stragrande maggior parte di lavoratori che sono coperti da un’assistenza sanitaria e una previdenza pensionistica del tutto inadeguate, se non nulle in non rari casi.

Allo stesso tempo, si è verificata una grande riduzione dei lavoratori migranti giovani. Nel 2008, il numero di lavoratori migranti di età compresa tra 21 e 30 anni era di 79 milioni, ma nel 2024 risultava diminuita a 47 milioni. Questa fascia d’età è la più richiesta per le fabbriche di elettronica e la sua riduzione comporta grandi problemi per il reclutamento nel settore manifatturiero, con molte grandi fabbriche che hanno allentato i limiti di età, permettendo a persone di quaranta o cinquanta anni di lavorare sulla catena di montaggio.
In termini di macrosettori, il 54% dei lavoratori migranti è impiegato nel terziario (in aumento dello 0,8% rispetto all’anno precedente), mentre il 44% è impiegato nel settore secondario (in calo dello 0,8%). Tuttavia, guardando ai singoli settori specifici rimangono ai primi posti due settori del secondario (manifatturiero con il 28%, seguito da edilizia con il 14%), dietro ai quali vengono quelli del terziario come il commercio all’ingrosso e al dettaglio (13%), i trasporti (7%), l’alloggio e ristorazione (7%). Commercio e alloggio & ristorazione sono due settori con salari medi sensibilmente inferiori rispetto agli altri, rispettivamente 610 e 579 dollari a fronte di 804 per le costruzioni e 697 per il manifatturiero. In generale, il reddito medio mensile dei lavoratori migranti è di 694 dollari, con un aumento di 25,34 dollari o del 3,8% rispetto all’anno precedente.
Questa crescita del 3,8% è inferiore alla crescita del PIL cinese (5%) registrata nel 2024. Il dato evidenzia come la crescita economica non si sia tradotta in un equo aumento dei redditi per i lavoratori e che il tasso di crescita del reddito di quest’anno è il secondo più lento dal 2020. Dal punto di vista storico, dal 2009 al 2015, il tasso di crescita del reddito dei lavoratori migranti era risultato significativamente più alto del tasso di crescita del PIL, “recuperando” così parzialmente l’iniquità del precedente sviluppo economico. Dopo il 2008, le politiche nazionali avevano infatti prestato maggiore attenzione alla distribuzione del reddito. Ma questa tendenza non è durata a lungo, e negli ultimi due anni il tasso di crescita del PIL ha chiaramente superato il tasso di crescita del reddito.
Infine, le principali attività ricreative dei lavoratori migranti che vivono in città sono: navigare in Internet (53%), riposare (45%), incontrarsi con amici (34%) e guardare la TV (28%). La percentuale di navigazione in Internet e incontri con amici è aumentata rispettivamente del 6,0% e del 4,8% rispetto all’anno precedente.