Sono le classiche lacrime di coccodrillo quelle che stanno piangendo aziende elettriche ticinesi e classe politica.
Ci riferiamo alla vicenda della fornitura di energia elettrica che vede coinvolta la Posta (ma anche altre grandi aziende consumatrici di energia elettrica).
È infatti a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico (e quindi della possibilità – già in atto – di scegliere liberamente sul mercato il proprio fornitore) che la Posta ha deciso di attribuire ad aziende della Svizzera tedesca la fornitura di energia elettrica per alcuni grandi uffici postali della Svizzera tra i quali quelli di Bellinzona, Locarno e Chiasso.
Le aziende locali, come detto, sono rimaste tagliate fuori e, a quanto si sa, per una cifra piuttosto contenuta.
La vicenda ha scatenato, come ci si poteva immaginare, la reazione delle aziende produttrici cantonali che si sono rivolte alla Posta chiedendo di ritornare sulla decisione, in particolare poiché la loro linea potrebbe essere seguita da altre aziende “pubbliche” che stanno procedendo, in materia di attribuzione di contratti di fornitura di energia elettrica, nella stessa direzione. FFS e Swisscom hanno infatti proceduto alla messa in concorso di forniture di energia elettrica in alcuni punti della loro rete.
Il dibattito si è poi allargato ai rappresentanti politici che hanno esternato la loro più ferma condanna per questo atto che, ancora volta secondo loro, vede il Ticino vittima della politica discriminatoria della aziende ex-pubbliche federali.
Naturalmente, come detto, non sono che lacrime di coccodrillo. Certo, perché sono proprio loro, questi stessi partiti ad aver sostenuto il processo di liberalizzazione del mercato elettrico attraverso l’approvazione delle due versioni della nuova legge sul mercato elettrico. La prima, come si ricorderà, venne bocciata da un referendum popolare. La seconda (a detta di alcuni tra i primi referendisti) è stata ancora peggiore della prima. Ma i referendisti della prima legge ( Unione Sindacale Svizzera – USS in testa) si sono dichiarati soddisfatti della seconda versione e l’hanno accolta senza opposizione.
I commenti dei responsabili di questi partiti poi, mostrano in maniera anche un po’ spudorata il loro gioco, che oscilla tra menzogna ed ignoranza. Così le loro severe critiche alla Posta, al suo comportamento non sono altro che il tentativo di nascondere le proprie responsabilità nella creazione di una situazione giuridica che permette tutto questo.
Comincia Saverio Lurati che, fresco fresco, dichiara: “Il problema parte da chi ha voluto e accettato la liberalizzazione del mercato dell’energia. Quindi dei partiti borghesi e più in generale della destra”. Peccato, come detto, che l’attuale versione della Legge che permette questa liberalizzazione sia stata votata dal suo partito a livello federale quasi unanime. Fosse dipeso dalla maggioranza del gruppo parlamentare del suo partito (compresi i parlamentari ticinesi) sarebbe stata accettata anche la prima versione: solo la determinazione di una minoranza del PS (legata all’ora segretario sindacale Maillard) rimise in discussione questa posizione e permise la costituzione di un ampio fronte che vinse il referendum. Poi la nuova versione della legge, pessima per usare le parole utilizzare proprio su Solidarietà non molto tempo fa da Werner Carobbio, approvata a piene mani dal suo partito e la rinuncia sindacale al referendum. Sarà anche colpa della destra: ma con la collaborazione attiva del PSS.
E nemmeno i Verdi (che oggi dichiarano con il loro leader Savoia che “È una vergogna! La Posta non può prendere in giro così i ticinesi. Un’azienda parapubblica deve avere una spiccata sensibilità verso le regioni periferiche. Ma è chiaro che ancora una volta questi dimostrano di non avere alcuna sensibilità”) possono chiamarsi fuori. Furono tra i più entusiasti sostenitori di questa legge liberalizzatrice. Proprio perché la legge permette di accedere ad energia “pulita” e perché è previsto un cospicuo finanziamento delle energie rinnovabili.
A rendere la cosa ancora più ridicola, o tragica scegliete voi, ci pensa il presidente del governo Borradori che dichiara, dopo aver espresso la propria perplessità per la decisione della Posta: “E’ certo, in ogni caso che questa tendenza mette in difficoltà le aziende elettriche ticinesi e potrebbe indebolire alcuni provvedimenti del Piano energetico cantonale. Penso, in particolare, al previsto Fondo energie rinnovabili: il rischio è che diventi troppo oneroso alimentarlo. D’altra parte, a livello federale si sta pensando di esentare i grandi consumatori – quindi anche la Posta – dal prelievo sul consumo oggi in vigore, destinato a finanziare gli incentivi federali. Se si dovesse andare in questa direzione si creerebbe di fatto una disparità di trattamento con i piccoli consumatori, poiché i grandi potrebbero beneficiare di incentivi, pur non finanziandoli”. Cornuti e mazziati. Come dire che del processo di liberalizzazione alla fine rischiano di rimanerci sul groppone solo gli aspetti negativi e non vedremo nemmeno l’ombra di quelli che erano stati presentati come passi in avanti significativi nel campo del sostegno alle energie alternative.
A non scomporsi e a confermare di quale pasta sia fatto è il neopresidente del PLRT, nonché ex- consigliere di amministrazione della Posta, per il quale “Se hanno scelto di servirsi oltre Gottardo vuol dire che da noi non hanno trovato le condizioni favorevoli. Evidentemente le nostre aziende non sono state sufficientemente concorrenziali. Questo è il mercato ed è così che funziona”. È il mercato, bellezza!