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testataSenatoPubblichiamo l’ interessante articolo di Gianni Ferrara apparso su Il Manifesto che mette in luce la natura autoritaria delle riforme istituzionali proposte dal governo Renzi.

Con­ti­nua da giorni con­vulsi e da notti sof­ferte l’ostruzionismo che sulla «riforma della Costi­tu­zione» pro­po­sta da Renzi e in discus­sione al Senato, oppone alla furia del revi­sio­ni­smo senza prin­cipi, i prin­cipi del costi­tu­zio­na­li­smo. Quelli dei limiti al potere e delle isti­tu­zioni del con­tro­po­tere. L’impronta musco­lare impressa da Renzi al con­flitto rischia di offu­scarne le ragioni. È bene per­ciò ripro­porle. Atten­gono alla democrazia.

Renzi, a fronte delle riserve, obie­zioni, cri­ti­che, espresse sulla sua «riforma», afferma che defi­nirla svolta auto­ri­ta­ria «signi­fica liti­gare con la realtà». Ma è la realtà che lo smen­ti­sce. Ne rivela la verità. La trae da come fu con­ce­pita e da chi, dal modo come è dise­gnata e la si vuole defi­nire, dal come ver­rebbe con­fi­gu­rato l’organo che ne è l’oggetto, dagli effetti che sull’intero appa­rato sta­tale deri­ve­reb­bero dalla sua approvazione.

Non si può elu­dere un fatto incon­tro­ver­ti­bile. Il governo Renzi si è costi­tuito in una situa­zione di grave e strut­tu­rale crisi dello stato ita­liano, quella di dover otte­nere la fidu­cia da un Par­la­mento com­po­sto in con­for­mità ad una legge elet­to­rale dichia­rata ille­git­tima dalla Corte costi­tu­zio­nale. Un governo quindi di evi­dente e mas­sima emer­genza, dalla durata stret­ta­mente cor­ri­spon­dente al tempo neces­sa­rio al ripri­stino della lega­lità costi­tu­zio­nale con l’elezione di un Par­la­mento con legge elet­to­rale non sospet­ta­bile di inco­sti­tu­zio­na­lità.
Il governo Renzi avrebbe dovuto, e dovrebbe, per­ciò carat­te­riz­zarsi come prov­vi­so­rio, a fun­zio­na­lità limitata.

E allora: non è, quanto meno auto­ri­ta­ri­smo, quel che per­vade l’intero appa­rato della Repub­blica nel tol­le­rare l’illegittima durata in carica di tale governo, e, con essa, la pre­tesa del suo Pre­si­dente del Con­si­glio di eser­ci­tare l’iniziativa legi­sla­tiva costi­tu­zio­nale, finora riser­vata, con norma con­sue­tu­di­na­ria, ai soli mem­bri di cia­scuna delle due Camere?

Non è quindi auto­ri­ta­ri­smo l’appropriazione da parte del Governo di un potere che va oltre quello di indi­rizzo poli­tico, il solo spet­tante, in regime par­la­men­tare, al rap­porto maggioranza–governo, con la pre­sen­ta­zione di un dise­gno di legge mirante a tra­sfor­mare radi­cal­mente la strut­tu­ra­zione del Par­la­mento, i rap­porti stato-regioni, gli isti­tuti di demo­cra­zia diretta?

Non è auto­ri­ta­ri­smo inter­ve­nire sulla com­po­si­zione di una Com­mis­sione par­la­men­tare per otte­nere che, per l’esame del dise­gno di legge di «riforma», si sosti­tuisse un suo mem­bro con un altro di sicura sot­to­mis­sione alla volontà del Pre­si­dente del Consiglio?

Non è auto­ri­ta­ri­smo imporre che emen­da­menti al sud­detto dise­gno di legge costi­tu­zio­nale fos­sero discussi ed appro­vati in Com­mis­sione solo se prov­vi­sti del «visto» del Governo? È o non è auto­ri­ta­ri­smo pre­ten­dere l’intangibilità del testo del dise­gno di legge gover­na­tivo da parte dell’Assemblea ple­na­ria di un ramo del Parlamento?

Non è auto­ri­ta­ri­smo la con­fi­gu­ra­zione degli organi del Par­la­mento come appa­rati di ser­vi­zio del Governo e del suo Pre­si­dente del Con­si­glio? Quel ser­vi­zio che Renzi vuole imporre da adesso al Senato per sot­to­porlo in via defi­ni­tiva al Governo ridu­cen­dolo ad ema­na­zione di enti (le Regioni e i Comuni) che dal governo rice­vono la gran parte delle risorse neces­sa­rie all’esercizio delle loro funzioni?

Quello stesso ser­vi­zio cui è desti­nata la Camera dei depu­tati, eletta col sistema appro­vato qual­che mese fa? Un sistema a coa­zione duplice, bipo­lare e mag­gio­ri­ta­ria e che fal­si­fica que­sti due ter­mini. Fal­si­fica il bipo­la­ri­smo due altre volte ancora, sia per­ché impone una soglia di voti minima enorme (la con­trad­di­zione è auto evi­dente) per otte­nere una qual­che pre­senza in quella sede, sia per­ché deter­mina una ridu­zione mas­sic­cia dei seggi spet­tanti ad ogni for­ma­zione elet­to­rale che abbia avuto anche un solo voto in meno della seconda delle for­ma­zioni mag­giori (qua­lun­que possa essere poi la somma dei voti otte­nuti da tutte le for­ma­zioni minori). Fal­si­fica il con­cetto di mag­gio­ranza che si iden­ti­fica nel con­se­gui­mento della metà più uno dei voti espressi e che viene invece inter­pre­tato come coin­ci­dente col numero dei voti più alto con­se­guito da una delle mino­ranze. Pri­vi­le­gia tale mino­ranza rispetto a tutte le altre con­fe­ren­dole un pre­mio in seggi, seggi che sot­trae a tutte le altre.

La tra­sforma in una entità che tale mino­ranza avrebbe mirato ad essere ma che il corpo elet­to­rale le ha negato di diven­tare. Un dispo­si­tivo che pro­duce effetti con­trari alla volontà espressa dal corpo elet­to­rale infe­ri­sce un vul­nus insa­na­bile alla demo­cra­zia. Non lo atte­nue­reb­bero né le pre­fe­renze, né la ridu­zione delle soglie. In nes­sun caso potrebbe otte­nere una qual­che legit­ti­ma­zione demo­cra­tica. Lo si pone invece a fon­da­mento del potere di governo, un potere che non incon­tra limiti.

È liti­gare con la realtà defi­nire que­sta riforma come svolta auto­ri­ta­ria? È lecito chie­dere a Renzi quali siano e dove i con­tro­po­teri che ne esclu­de­reb­bero l’autoritarismo?

A pro­po­sito dei fon­da­menti, gli si può doman­dare, per cor­te­sia, da dove e verso dove si pos­sono intra­ve­dere del sistema che vuole instau­rare tracce di quella rap­pre­sen­tanza che iden­ti­fica lo stato moderno e ne legit­tima il potere?