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Alexis-Tsipras-per-il-manifesto-foto-Argiris-Panagopulos-all-rights-reservedAvevo perso ogni speranza di poter avere informazioni corrette sul dibattito nella sinistra greca attraverso i media italiani, e in particolare su “il manifesto”, che aveva invece lasciato ampio spazio a lunghi interventi sbilanciatissimi nel giustificare ad ogni costo e a volte esaltare l’operato di Alexis Tsipras dopo l’imprevista svolta della notte dopo il referendum, e la sua scelta di sottrarsi agli organi statutari di Syriza puntando sull’appello “al popolo”, cioè a elezioni affrettate per impedire o rendere difficile la presentazione di una lista comune della larghissima opposizione interna tagliata fuori da ogni rappresentanza.

Ne avevo parlato in polemica con Revelli in La Grecia vista da Marco Revelli ma in quel caso avevo concentrato l’attenzione su di lui più che sul “quotidiano comunista”, che lo aveva ospitato (e che ha pubblicato poi anche una sua imbarazzata risposta ad alcune lettere di critica). Ma vale la pena di parlarne ancora. Ogni tanto tra le lettere e anche nel dibattito su “C’è vita a sinistra” traspariva qualche punto di vista critico. Ad esempio Luciano Canfora all’interno del suo intervento su “La battaglia possibile” pubblicato il 26 agosto affermava che “il mec­ca­ni­smo elet­to­rale plu­ri­par­ti­tico (carat­te­ri­stica e vanto dell’Occidente) è defunto. Ciò gra­zie a dina­mi­che liber­ti­cide irre­ver­si­bili: delega dei poteri deci­sio­nali a strut­ture tec­ni­che non elet­tive, e per di più mas­sic­cia intro­du­zione di sistemi elet­to­rali di tipo mag­gio­ri­ta­rio. Il de pro­fun­dis è stato il for­male misco­no­sci­mento della volontà espressa dal refe­ren­dum greco di luglio da parte dello stesso governo che lo aveva indetto. Ciò, per ordine e ricatto di una entità priva di qua­lun­que legit­ti­ma­zione elet­to­rale quale l’Eurogruppo”.

Ma era difficile che il lettore de “il manifesto” venisse informato attraverso la pubblicazione di interventi degli esponenti della sinistra di Syriza. Per giunta le notizie sulla crisi politica in Syriza sono state filtrate da sostenitori incondizionati di Alexis Tsipras come Dimitri Deliolanes, o da giornalisti borghesi come Teodoro Andreadis Synghellakis,che scrive abitualmente anche su “il Messaggero”di Roma, a volte con maggiore spirito critico.

Tuttavia oggi su “il manifesto” è uscita (sia pure con vari tagli) una lettera di Ireo Bono che critica duramente Tsipras soprattutto per non aver voluto ascoltare la voce di quella che era e forse sarebbe ancora la maggioranza del partito, e per essersi assunto così la responsabilità di spaccare il partito. Ma soprattutto “il manifesto” ha pubblicato un intervento molto critico di Annamaria Rivera, una storica collaboratrice del quotidiano, che riporto integralmente qui di seguito, e che condivido pienamente, anche nella valutazione positiva del miglioramento relativo dell’informazione dovuto alle corrispondenze di Angelo Mastrandrea, divenute sempre più “puntuali” e di fatto in contraddizione con la linea editoriale complessiva del giornale. Ma aggiungerei una considerazione più generale.

I due punti su cui Annamaria Rivera si concentra, l’accordo con Israele e la penosa accoglienza dei profughi siriani sull’isola di Kos, pur essendo recentissimi, sono conseguenza diretta di due scelte precedenti di Tsipras: quella di delegare le delicatissime questioni militari (e quindi di fatto di politica internazionale) a un dubbio alleato di destra, e quella, più generale e forse ancor più grave, di “non parlare al popolo greco” (come scrive nella sua lettera Ireo Bono). Syriza, cioè, ha rinunciato a mobilitare la propria base sociale per contrastare le imposizioni delle cosiddette “istituzioni”. È questo che sfugge ai sostenitori acritici di Tsipras, convinti che non ci sia mai stata e non possa esserci altra strada che quella seguita da lui.

Non serviva a niente andare alle umilianti sedute dell’Eurogruppo o di qualche altra istituzione, e spiegare pazientemente le proprie ragioni a quei consessi di sordi, se al ritorno le dichiarazioni di Tsipras (ma anche di Yanis Varoufakis, che i giornali borghesi e la sinistra superficiale e orecchiante hanno ostinatamente presentato come l’alternativa e il rappresentante delle opposizioni, mentre fino a poco tempo fa non faceva neanche parte del partito) tranquillizzavano tutti assicurando che si era “vicinissimi a un accordo positivo”.

Certo, non potevano essere il premier o il ministro delle Finanze a spiegare che dall’altra parte del tavolo non c’erano giocatori onesti o rappresentanti degni dell’Europa, ma esponenti di quel capitalismo rapace che ha portato non solo la Grecia alla crisi attuale, doveva farlo il partito nel suo complesso, per preparare le masse a uno scontro che poteva essere inevitabile. Varoufakis, che non aveva esperienze di militanza in un’organizzazione rivoluzionaria (era stato consulente del governo Papandreu) aveva inteso il “Piano B” solo come tecnica di salvataggio, e per procurarsi i dati necessari aveva dovuto far ricorso ad un hacker per spezzare le barriere create dai veri padroni della Grecia e dell’Europa per impedire ai nuovi governanti di avere il polso della situazione. Ma il vero “Piano B” doveva essere la mobilitazione della popolazione contro un pericolo incombente, per rivolgersi grazie al suo appoggio ai popoli d’Europa oppressi dagli stessi nemici. È questa mobilitazione che è mancata, per responsabilità principale di Tsipras, ma anche delle incertezze e della moderazione dell’opposizione, che per questo è arrivata impreparata al colpo di mano di Tsipras, e sta ora faticosamente cercando di recuperare, in poche settimane e anzi pochi giorni, dati i tempi tecnici per preparare ex novo liste, programmi, tattiche elettorali.

Per questo, vale la pena di sostenere la battaglia di chi vuol salvare il patrimonio storico di Syriza: per questo raccomando anche a chi ha letto l’appello (Solidarietà al popolo greco e a chi si oppone al nuovo memorandum), e magari ha scritto su Face book “mi piace”, ma non ha ancora firmato, di inviare un’adesione formale all’indirizzo: nomemorandum@gmail.com , indicando nome e cognome, città, eventuali incarichi sindacali e/o politici.