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di Léon Crémieux

Philippe Poutou e i militanti dell’NPA continuano a ricevere, direttamente o attraverso la rete, messaggi di simpatia per tutto quello che Philippe ha detto e fatto al tavolo del Grand Debat di martedì 4 aprile. Persino numerosi giornalisti hanno salutato la benefica sfuriata, la boccata d’aria fresca che, grazie a lui, ha attraversato questo dibattito. Al contrario, i servi abituali del mondo politico e mediatico e dei suoi codici di condotta e formali non hanno cessato di denunciare la blasfemia di cui Philippe si sarebbe reso colpevole.

Dalla collera popolare…
Ci rallegriamo di queste reazioni rivelatrici. Philippe ha semplicemente detto ad alta voce, quello che le classi popolari pensano sottovoce del mondo politico, questa immensa maggioranza che non ha che il suo salario o dei magri sostegni per vivere di fronte a una piccola minoranza che vive sulle nostre spalle, sia essi capitalisti, borghesi che vivono di rendita o politici professionali.
La parola è quella di un operaio, di un salariato, che scombina le regole stabilite rimettendo direttamente al loro posto i Fillon, Macron e Le Pen. Quest’ultima è stata colpita direttamente al tallone di Achille del FN: grande borghese, figlia del milionario Le Pen, la sedicente candidata del popolo, degli operai di fronte al sistema, è stata rimessa direttamente nel suo ruolo di politicante borghese che trae profitto dal sistema politico e dai soldi pubblici.
Philippe è il portavoce dell’esasperazione popolare e di milioni di persone che si sono, per lo meno su questa questione, riconosciuti in lui. Ma Philippe non è in questa campagna solo per essere il portavoce della collera e dell’esasperazione. Perché, troppo sovente da tanti anni, la classe dirigente e i media che controlla, perpetuano l’idea che, certo l’esasperazione è grande, porta spesso al rigetto della politica o a votare per “i populisti”, ma che non c’è alternativa alle politiche dell’austerità condotte in Europa, si possono solo addolcire o rinviare per qualche breve tempo.

… alle mobilitazioni sociali
Rovesciando questo discorso che porta all’impotenza, Philippe Poutou si è fatto portavoce delle lotte sociali, di tutti i grandi movimenti sociali che mostrano la strada per l’azione, e la mobilitazione popolare, così come ha fatto la popolazione della Guyana che ha ripreso il cammino aperto nel 2009 alle Antille e entrando in relazione con il possente movimento contro la legge El Khomri. Quando gli altri candidati dicono “io” o, “io, presidente”, Poutou parla della forza collettiva, della mobilitazione popolare, che sola può far cambiare le cose. E’ quanto hanno mostrato anche recentemente, le donne spagnole e polacche fermando gli attacchi reazionari contro il diritto all’aborto, le mobilitazioni della popolazione romena contro la corruzione o le centinaia di migliaia di persone nelle strade di Barcellona esigendo l’accoglienza delle/dei migranti.
Philippe Poutou non è “Contate su di me”, è “Contiamo su noi stessi”, prendiamo in mano il nostro destino, lottiamo per i nostri diritti, per l’occupazione, per l’apertura delle frontiere, contro le violenze poliziesche e le grandi opere inutili. Sono tutti discorsi insopportabili per i tailleur blu marino e i gessati in doppio petto che puntano al palazzo presidenziale.

Affrontare il potere reale, il sistema
Non è per una ripulitura di facciata che si battono Philippe e l’NPA. Il messaggio è chiaro: ci vuole una pulizia da cima a fondo per porre fine all’ingiustizia sociale e alla corruzione, all’arbitrio padronale, alla ripresa razzista e reazionaria, alle discriminazioni, all’accaparramento delle ricchezze da parte di una minoranza. Questa pulizia impone di attaccare il sistema capitalista stesso, la proprietà privata del mezzi di produzione, senza di questo, ogni velleità di riforma cozzerà contro il potere reale, quello dei capitalisti e dei banchieri.