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Le Officine stanno diventando sempre più un prodotto allettante da promuovere, a seconda degli appetiti delle multiformi comparse miranti al più remunerativo ruolo di attore protagonista.

Leggo sul “Corriere del Ticino” di mercoledì 17 ottobre un annuncio a pagamento del Plr Castione dal titolo “Officine a Castione: Sac e Dichiarazione d’intenti tra Uffici federali” che impone doverose precisazioni riguardo le zone Sac in relazione allo Stabilimento industriale delle Officine Ffs.

In risposta leggo sul “Corriere del Ticino” di sabato 20 ottobre un altro annuncio titolato “Quale ubicazione per le future Officine Ffs?”, dell’avvocato Franco Gianoni in veste di patrocinatore del Gruppo Marti/Scerri. A pagamento anche questo.

Il fatto che siano utilizzate inserzioni pubblicitarie la dice lunga sulle ramificazioni di interessi particolari che distolgono l’attenzione dai punti focali del bene comune, a quanto si nota, abilmente oscurato.

Le Officine di Bellinzona con la loro tradizione, i posti di lavoro e la tanto ambita ubicazione, che, se ci fosse una volontà vera, è certo si riuscirebbe a mantenerle in loco, salvaguardando e persino potenziando il personale. Le Officine sono l’anima pulsante cittadina che va offuscandosi da quando compiacenti politici si sono inchinati e prostrati innanzi alla divinità Ffs, per spalleggiare una barbarica speculazione sul sedime che storicamente le ospita. Storia e origini cancellate con un colpo di spugna.

Le zone Sac sono terreni il cui scopo è nell’interesse dell’intera popolazione in caso, non poi così remoto come taluni vogliono far credere, della necessità di sussistenza alimentare. Palese quindi il tentativo di imbrogliare le carte sugli effettivi ettari.

Il Ticino, per legge, deve poter contare su 3500 ettari Sac. A oggi sono, iscritte formalmente a piano regolatore dei comuni, circa 3200 ettari, per la precisione 3199.96 mentre gli ulteriori 784 ettari sbandierati non hanno ancora nessun vincolo per cui modificarne l’utilizzo non risulterebbe poi così difficile.

Affermare che ci sia un esubero di terreni Sac e che quindi non si pone neppure il problema di dezonare per sopperire alla perdita appare palesemente in malafede.

In relazione a un eventuale contributo pecuniario sostitutivo, come già avvenuto in altre altrettanto deplorevoli circostanze, c’è da chiedersi se è stato compreso il concetto di Sac e a cosa questa continua erosione di terreno agricolo possa portare nel futuro sulle nostre tavole: piatti colmi di banconote?

Significativo il diniego con cui viene definito questo tipo di territorio: pregiate superfici agricole adibite esclusivamente a sfalcio e pascolo.

Eh sì, come fanno a essere “pregiate” se non servono a rimpinguare il conto in banca?

Non dimentichiamo le trascurate e omertate bonifiche dei siti contaminati o inquinati che dir si voglia, della ex Monteforno e non solo quelli. Vanno risanati. Punto. E questa problematica va affrontata indipendentemente dalle Officine. Si firma un assegno plurimilionario alle Ffs e non si spende un centesimo continuando a giocare, imperterriti, alla roulette russa con la salute di coloro che nelle regioni tossiche vivono?

E la tanto luccicante “Dichiarazione di intenti”? Non è altro che un tipico accordo “do ut des”, come è stato dimostrato dai diligenti e servizievoli, eccezion fatta per qualche scheggia “cogito ergo sum”, consiglieri comunali cittadini.

L’affare del Secolo tra correnti comunicanti intercambiabili sotterranee.