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Fin dalla sua creazione, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è stata oggetto di critiche per quanto riguarda la sua gestione delle crisi. Le sue reazioni sono spesso considerate troppo affrettate o troppo lassiste. Questi ritardi nel processo decisionale sono dovuti all’eccessivo perso peso degli Stati membri o delle ricche fondazioni nel funzionamento dell’istituzione. Dagli anni ’80, l’OMS si è adattata alle ideologie dominanti e ha dovuto gradualmente integrare, sottoposta a pesanti condizionamenti finanziari, il settore privato nelle sue decisione. Una scelta gravida di conseguenze.

Il cambiamento di paradigma dell’OMS

Nel 1919, viene costituita l’Organizzazione per l’Igiene sotto l’egida della Fondazione Rockefeller e della Società delle Nazioni (SDN). Si tratta della reazione diretta all’epidemia dell’influenza spagnola; l’istituzione ha l’ambizione di coordinare le azioni dei paesi membri per rafforzare i sistemi sanitari mondiali. L’OMS moderna nascerà nel 1948, tre anni dopo l’adozione della Carta delle Nazioni Unite. All’epoca, l’organizzazione attingeva la maggior parte dei suoi finanziamenti dai contributi fissi dei suoi Stati membri. In piena guerra fredda Stati Uniti e Unione Sovietica si scontrano per il predominio in ambito umanitario. Da una parte si cerca di debellare la malaria, dall’altra si vogliono trovare soluzioni contro il vaiolo. Allo stesso tempo, le nuove nazioni africane decolonizzate degli anni ’60 sostengono la necessità di un approccio a lungo termine teso a rafforzare i loro sistemi sanitari. Se è vero che la competizione provocata dalla Guerra Fredda ha portato alcuni progressi di ordine sanitario, questo periodo è stato tutt’altro che impeccabile dal punto di vista della sanità. Il cambiamento di paradigma all’OMS a partire dagli anni ’80, minerà la capacità d’azione dell’istituzione.

I filantropi stanno indirizzando i programmi umanitari verso settori che non rappresentano un pericolo per il loro capitale.

Nel 1979 si sono incontrati a Bellagio i rappresentanti della Banca Mondiale, della Fondazione Ford e dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale. Questo incontro, sponsorizzato dalla Fondazione Rockefeller, getta le basi della politica di “Selective Primary Health Care“: riduzione dei costi e interventi di facile valutazione sono ormai i principi preconizzati. Parallelamente a questo cambiamento di politica, i sussidi statali fissi sono stati congelati nel 1982 dietro la pressione di donatori privati. Questi generosi filantropi sperano così di ottenere un ruolo maggiore nell’organizzazione. L’OMS controlla in effetti solo il budget fisso concesso dagli Stati e non ha alcun potere di controllo sui contributi volontari. I contributi volontari, tuttavia, sono passati dal 53% del budget totale dell’organizzazione nel 1998 a più dell’80% di oggi.

Il filantropocapitalismo indebolisce l’OMS

Se i filantropocapitalisti sostengono che il loro unico obiettivo è quello di utilizzare il loro patrimonio personale per risolvere i vari mali che affliggono l’umanità, questa gestione dell’interesse generale da parte degli ultra-ricchi non è così semplice. La vicenda della Fondazione Bill e Melinda Gates (BMGF) illustra assai bene questo fenomeno. Essendo recentemente diventata il primo contribuente dell’OMS, la fondazione della famiglia Gates esprime in modo palese i propri conflitti d’interesse con il mondo sanitario. Basti pensare, che il capitale di BMGF è composto per il 5% di azioni McDonalds e per il 7% di azioni Coca-Cola. Date queste premesse, come possiamo immaginare questa fondazione intesa a combattere il flagello sanitario dell’obesità, rischiando così di veder crollare il suo modello economico? La domanda ci sembra più che legittima. BMGF ha anche divere altre partecipazioni nell’industria degli alcolici, delle armi e dell’industria farmaceutica, tra cui GlaxoSmithKline, Sanofi-Aventis, Johnson & Johnson e Procter & Gamble.

Tuttavia, il quadro di riferimento per l’impegno con gli attori non statali adottato dall’OMS nel 2016 non mette in alcun modo in discussione questi conflitti di interesse.

Perché questi ricchi capitalisti decidono di spendere i propri soldi in organizzazioni non-profit? Ci sono tre risposte principali a questa decisiva domanda.

In primo luogo, la filantropia è un modo per trasformare una parte di capitale finanziario in una buona reputazione presso il pubblico. I programmi umanitari sono progettati in modo da non mettere in pericolo la fortuna dei filantropi. Prendiamo, ad esempio, il programma di eradicazione della polio, il più grande progetto dell’OMS (27% del budget nel 2016 per 894,5 milioni di dollari). Quest’ultimo è stato in gran parte finanziato dal BMGF. Nello stesso anno, l’OMS ha pubblicato un elenco delle dieci principali cause di morte nei paesi più poveri. La poliomielite non è inclusa in questo elenco. Bill Gates promuove così piani a breve e medio termine, il cui successo è molto più facile da dimostrare e quantificare. L’OMS non ha alcun controllo sui contributi volontari, lasciando che la maggior parte dei programmi a lungo termine siano sottofinanziati. E ciò malgrado il fatto che questi ultimi siano i più efficaci poiché permettono di aumentare la capacità di resistenza dei sistemi sanitari, soprattutto nei paesi più poveri.

Un’altra caratteristica del filantropocapitalismo è rappresentata dai ripetuti tentativi di questi ricchi donatori di eludere l’amministrazione fiscale. La Gates Foundation, attraverso le sue strategie di ottimizzazione ed evasione fiscale, sottrae ogni anno al Tesoro degli Stati Uniti fino a 4,5 miliardi di dollari. Una situazione totalmente paradossale visto che le imposte dovrebbero servire, al pari di quanto fanno o dovrebbero fare le fondazioni, a finanziare programmi e infrastrutture vitali per l’interesse generale. Quando, nel 2006, Warren Buffett, una delle persone più ricche del mondo, ha donato 30 miliardi di dollari alla BMGF, ha chiarito di averlo fatto perché non voleva consegnare questa enorme somma allo Stato americano.

Ancora più preoccupante è il fatto che anche le aziende private possono sfruttare a proprio vantaggio la loro posizione dominante in queste organizzazioni. Ci sono molti documenti che mostrano l’interferenza dell’industria farmaceutica nella gestione dell’epidemia di influenza H1N1 nel 2009. Ciò ha messo in evidenza i legami tra alcuni esperti dell’OMS e le multinazionali del settore sanitario. L’istituzione ha sopravvalutato l’impatto del virus qualificandolo troppo rapidamente come pandemia, a vantaggio dei laboratori produttori di vaccini. L’OMS pubblicherà solo un anno dopo la crisi, dietro pressione dei media, l’elenco delle persone che hanno partecipato a questa frettolosa azione. Un rapporto del Senato USA del 2009 mostra il ruolo importante svolto da Roy M. Anderson. Questo consulente del governo britannico ha partecipato attivamente allo sviluppo di una nuova definizione della pandemia da parte dell’OMS; quest’ultima tiene conto dei criteri geografici di una malattia, ma presta poca attenzione alla sua gravità. Quando il primo caso di H1N1 è comparso in Messico, Anderson ha raccomandato due farmaci antivirali per curare l’influenza, che ha immediatamente etichettato come pandemia. Tuttavia, l’epidemiologo non ha menzionato di essere anche un lobbista del laboratorio GlaxoSmithKline (di cui BMGF è azionista) che commercializza questi antivirali.

L’importanza di una OMS indipendente

In un momento in cui le minacce per la salute dell’umanità sono in aumento, la cooperazione internazionale attraverso il coinvolgimento dell’OMS è essenziale. L’istituzione sta già producendo rapporti sulle cause e le cure per le nuove malattie causate dalle perturbazioni ambientali. L’inquinamento atmosferico, ad esempio, ha causato 3,7 milioni di morti premature nel 2012, la maggior parte nei Paesi a basso reddito. L’aumento della frequenza delle ondate di calore metterà a rischio anche una parte crescente della popolazione: ondate di calore di entità simile a quelle del 2003 stanno diventando la norma. La vicinanza tra città e aree naturali aumenterà il ripetersi di epidemie zoonotiche in cui il serbatoio infettivo è costituito da animali. Naturalmente, questo elenco delle conseguenze del capitalocene non è esaustivo.

Di fronte a queste sfide, sicuramente il mondo trarrebbe beneficio da un’Organizzazione Mondiale della Sanità veramente indipendente. Affidarsi agli ultra-ricchi, le cui fortune si basano spesso sullo sfruttamento delle risorse naturali, per arginare i problemi che essi stessi hanno creato non è evidentemente logico. Esistono soluzioni per sottrarre all’élite mondiale il controllo di uno dei nostri beni comuni più preziosi: la salute.

In primo luogo, mentre le multinazionali possono avere il diritto di osservare come vengono utilizzate le loro donazioni, non devono più essere in grado di controllare l’uso del loro denaro. Se sono pronte a versare all’OMS molte risorse, non dovrebbero anche fidarsi della capacità dell’istituzione di lavorare per il bene comune? I professionisti della sanità non sono forse i più preparati a risolvere mali di assoluta complessità? Naturalmente ciò presuppone che l’OMS sia in grado di guadagnarsi la fiducia dei propri donatori. Deve quindi diventare un’istituzione pienamente trasparente, come già pretende di essere, per evitare qualsiasi conflitto di interessi.

In secondo luogo, la politica neoliberale di congelare i sussidi fissi dei paesi membri deve essere riconosciuta per quello che è stato: un disastro. Questa decisione ha reso possibile la sostituzione degli Stati con il settore privato a tutela di un bene comune. I contributi fissi dei membri dell’OMS devono essere aumentati e resi obbligatori, seguiti da sanzioni e incentivi, che devono ancora essere definiti. Nel 1985 gli Stati Uniti hanno diminuito il loro contributo al bilancio delle Nazioni Unite dal 25 al 20%. Il paese ha cercato invano di premere affinché i voti degli Stati membri dell’ONU fossero ponderati in base ai loro sussidi all’organizzazione.

Tuttavia, non esiste una soluzione miracolosa: l’OMS rimane soggetta alla buona volontà dei suoi membri. Nulla può impedire agli Stati di utilizzare le organizzazioni transnazionali a loro vantaggio per proteggere le loro industrie e i loro interessi. L’OMS non avrebbe potuto evitare la pressione politica della Cina affinché l’organizzazione decretasse solo assai tardivamente il coronavirus come pandemia. Allo stesso modo, l’OMS non sarebbe mai in grado di condannare direttamente l’interferenza sui di lei di alcuni membri che fanno pressione per evitare di condannare l’uso di armi all’uranio impoverito. Dal 1959 esiste un accordo tra l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) e l’OMS. Questo accordo impedisce di fatto all’Agenzia sanitaria dell’ONU di interessarsi agli effetti nocivi dell’energia nucleare.

Il funzionamento opaco dell’istituzione dell’OMS è un indubbio vantaggio per gli attori che la sostengono finanziariamente. Più che un mezzo per fare del bene, l’organizzazione diventa una vetrina a basso costo di generosità per le aziende e i loro leader. I Paesi membri, dal canto loro, usano questa opacità come miccia in caso di crisi: Donald Trump ha recentemente accusato l’OMS di cattiva gestione della crisi Covid-19. Ritirando i suoi contributi all’organizzazione, egli nasconde le carenze della sua amministrazione nel controllo dell’epidemia. Nel 1938, il suo predecessore Franklin Delano Roosevelt osservava che “la libertà di una democrazia non è sicura se il popolo tollera la crescita del potere privato fino a diventare più forte del suo stesso stato democratico”. È tempo di imparare la lezione: se vogliamo tornare a della democrazie reali, dovremo sfidare irrimediabilmente il sistema filantrocapitalista.

* articolo pubblicato sul sito https://lvsl.f. La traduzione è stata curata dal segretariato MPS