Strage di migranti a Cutro e karaoke con Salvini a Milano. Ci sono pochi dubbi sul significato reazionario ma anche fascista di quel che rappresenta il governo attuale. Per questo facciamo fatica a capire quale “sonno della ragione” abbia spinto la direzione della CGIL a invitare al congresso Giorgia Meloni.
Giorno dopo giorno, provvedimento dopo provvedimento, dichiarazione dopo dichiarazione, tra il cupo consiglio dei ministri di Cutro e le invereconde scene di baldoria di Milano mentre il mare continua a restituire i corpi delle piccole vittime del naufragio, Giorgia Meloni e i suoi sodali squadernano davanti al paese lo sprofondo politico e morale del governo delle estreme destre, i loro progetti, le loro concezioni reazionarie ed apertamente razziste, la loro inumanità, la rinuncia stessa a nascondersi dietro formule ipocrite per affermare invece il loro incontenibile istinto alla prepotenza e alla sopraffazione nella gestione del potere.
I nuovi mostri, anzi i vecchi mostri, sono tornati e le immagini della conferenza stampa a Cutro ne sono la rappresentazione visiva plastica che non può essere sottovalutata, come da troppi è stato fatto in questi mesi e come ancora viene fatto, e contro cui dobbiamo prepararci più che mai a combattere come le manifestazioni a Firenze e sulla spiaggia calabra indicano.
Ci sono pochi dubbi sul significato reazionario ma anche fascista di quel che rappresenta il governo attuale; in questi mesi, troppi hanno concepito il fascismo e le sue ideologie solo nelle vecchie forme esteriori del ventennio, dimenticandosi di quanto alcuni anni fa Umberto Eco in un suo saggio aveva lucidamente individuato:
Ritengo sia possibile indicare una lista di caratteristiche tipiche di quello che vorrei chiamare l’‘Ur-Fascismo”, o il “fascismo eterno”. L’Ur-Fascismo è ancora intorno a noi, talvolta in abiti civili. Sarebbe così confortevole, per noi, se qualcuno si affacciasse sulla scena del mondo e dicesse: ”Voglio riaprire Auschwitz, voglio che le camicie nere sfilino ancora in parata sulle piazze italiane!’ Ahimè, la vita non è così facile. L’Ur-Fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti. Il nostro dovere è di smascherarlo e di puntare l’indice su ognuna delle sue nuove forme – ogni giorno, in ogni parte del mondo.”[1]
Giustamente “in ogni parte del mondo”, perché le profonde contraddizioni del capitalismo di questa fase storica stanno producendo in tanti paesi lo sviluppo e l’affermazione di movimenti non solo di estrema destra, ma anche più direttamente riconducibili al fascismo, alcuni dei quali sono giunti al governo.
Quello che i “nuovi mostri” italiani hanno fatto di fronte alla tragedia di Cutro è terrificante:
hanno lasciato, anzi hanno voluto, che la strage di migranti avvenisse, l’hanno utilizzata per inasprire ancor più le misure contro i migranti stessi e i loro soccorritori, hanno incolpato le vittime di essere le responsabili della morte dei loro figli, hanno trattato i superstiti come bestie, hanno vilipeso i morti stessi, hanno voltato le spalle al dolore e alle legittime richieste dei parenti delle vittime e dopo un sinistro consiglio dei ministri, hanno inscenato, senza ritegno alcuno, la sguaiata festa di compleanno del parvenu della Lega.
Brutti, sporchi e cattivi
Alla mente mi è ritornato il titolo di un vecchio film di Ettore Scola, “ Brutti, sporchi e cattivi”, solo che oggi non stiamo assistendo a un classico della commedia all’italiana che si svolge in una baraccopoli romana descrivendo tutte le miserie morali e materiali dei suoi personaggi, ma abbiamo di fronte il governo di un grande paese capitalista e le scelte scellerate di un ceto politico reazionario e revanscista, rappresentante della razza padrona.[2]
Sono Brutti per i loro progetti di società violentemente di classe e di sfruttamento e il loro ruolo di servi dei padroni e custodi dei loro interessi e delle forme più pesanti di sfruttamento del lavoro, brutti per la loro naturale adesione all’ideologia della guerra e della sopraffazione; Sporchi nella loro anima nera e razzista e nel disprezzo per ogni sentimento umano di solidarietà e giustizia; Cattivi per il loro cinismo e il loro carico di violenza verso le classi subalterne, verso i più deboli, verso i migranti, costruttori di muri e di una società poliziesca ben rappresentata dal questurino del Viminale, dal gretto piccolo borghese della Lega, dal filo nero col passato della fiamma tricolore della Meloni.
Come ha potuto il paese cadere così in basso?
Perché non si è voluto sentire che stavano arrivando?
Trenta anni di politiche liberiste hanno massacrato le conquiste e i diritti delle classi lavoratrici attraverso le “agende economiche” che si sono succedute governo dopo governo; tante “agende Draghi” che hanno ributtato indietro la condizione delle classi subalterne e frammento e individualizzato all’estremo la società.
Non si è voluto sentire che stavano arrivando perché sono state le forze del centro sinistra a prepararne le condizioni, a pavimentarne la strada con le loro scelte economiche e sociali ed è stato un ministro del PD nel 2017 a introdurre nelle politiche dei migranti, le pratiche della disumanità.[3]
E sono riusciti anche a fare una legge antidemocratica su misura per le destre che si è combinata con scelte politiche insensate del PD, preoccupato solo e sempre di essere il partito che gestisce gli affari della borghesia. Adesso l’agenda Draghi della borghesia la garantisce direttamente FdI.
Il capitalismo con le sue contraddizioni più profonde è gravido di involuzioni reazionarie e di ritorni al passato, compreso il fascismo che si aggiorna e si rimodula nelle sue forme e in alcuni dei suoi contenuti. La storia italiana è ben carica della presenza di fenomeni sociali e di movimenti profondamento reazionari, espressione della classe dominante e/o dei suoi settori più estremi.. La vittoria della Resistenza e il grande sviluppo del movimento operaio aveva ricacciato ai margini i fascisti (sopravvissuti però in diverse forme negli apparati statali e nella società stessa), ma le sconfitte delle lavoratrici e dei lavoratori prodottesi negli ultimi decenni nel quadro di una forte demoralizzazione politica hanno riportato a galla il peggio della società italiana.
E’ impressionante quanto ha già fatto e sta facendo il governo della Meloni: criminalizzazione dei migranti e di chi li soccorre, la distruzione del cosiddetto reddito di cittadinanza che metterà alla fame centinaia di migliaia di famiglie e di singole persone, misure che garantiranno ancor più la precarietà del lavoro, cioè la totale mano libera di padroni e padroncini nello sfruttamento selvaggio della forza lavoro, nuovi regali ai capitalisti e ai ricchi, con l’ulteriore controriforma fiscale che riduce le aliquote e la progressiva scomparsa dell’Irap, quella imposizione fiscale sulle attività produttive, tanto odiata dai padroni, ma che era stata introdotta proprio per garantire maggiori risorse alla sanità pubblica. Sono tutte misure che ridurranno sempre più le disponibilità della spesa pubblica, a partire dalla sanità che diventa sempre più il terreno fertile di profitti e colonizzazione da parte del privato a scapito del benessere di tutta la popolazione. E beninteso una bella partecipazione al riarmo imperialista.
Davvero il governo della Meloni mostra come le destre revansciste siano al 100% al servizio del capitale. Senza dimenticarsi quello che è il loro marchio di fabbrica, le leggi repressive per
colpire tutte le forme dissidenti e anticonformiste della società, dei giovani e dei diversi, con l’obiettivo di fondo di avere gli strumenti per colpire quello che più temono, per se stessi e per chi rappresentano, il ritorno della lotta sociale e delle lotte operaie su ampia scala. Se in tanti si sono dimenticati che l’inizio della sconfitta del fascismo è cominciata nel marzo del ’43 con gli scioperi della Fiat, di certo non se lo scordano gli eredi del MSI al governo; costoro hanno a mente quale sia stata la forza delle lotte operaie e antifasciste negli anni’60 e 70 e come qualcuno della loro parte abbia cercato allora, per fortuna senza successo, di stroncarle con gli attentati e la strage di stato. Meloni e soci sanno bene che il loro nemico principale è la classe operaia e la sua possibile e rinnovata organizzazione di lotta.
Gli Dei accecano coloro che vogliono perdere
In questo quadro il congresso della CGIL che si sta aprendo, se volesse essere in continuità con lo spirito della manifestazione di Firenze del 4 marzo e della dolorosa manifestazione lungo la spiaggia calabra dell’11 marzo, e nel quadro delle grandi manifestazioni transfemministe dell’8 marzo, dovrebbe decidere l’apertura di una vasta campagna di lotte e di mobilitazioni per la difesa delle condizioni di vita della classe lavoratrice, quella indigena e quella migrante e della sua unità, quindi contro la classe padronale e, sul piano politico lo scontro aperto totale e antifascista contro il governo e le sue politiche antipopolari. Lasciare andare avanti il governo per la sua strada senza una dura contrapposizione che segnali all’intera società il pericolo che si sta correndo, non sarebbe altro che una forma collettiva di quella indifferenza, tanto odiata da Gramsci, che spianò la strada al fascismo.
Chi pensa di poter aspettare 5 anni per battere poi nelle urne la Meloni, non ha o non vuole avere alcuna percezione della realtà concreta della lotta tra le classi e della storia stessa. Tra 4-5 anni ci troveremmo di fronte un’altra società, rimodellata dal disegno reazionario del governo, un altro mondo, per di più segnato dai crescenti scontri, non solo economici, ma anche militari dei diversi imperialismi.
Per questo facciamo fatica a capire quale “sonno della ragione” abbia spinto la direzione della CGIL a invitare al congresso il suo principale nemico politico, nemico dell’organizzazione CGIL e della classe lavoratrice.
La Meloni e i suoi accoliti sono ben coscienti che per portare a termine i loro progetti l’ostacolo più grande è costituito proprio dalla classe lavoratrice e dalle sue forme organizzative, strutturalmente antagoniste; è questo l’unico soggetto che ha la forza potenziale per batterli polarizzando altri vasti settori sociali e popolari per una alternativa politica e di società. Quando i fascisti hanno assaltato la sede nazionale della CGIL un anno e mezzo fa, proprio questo avevano in testa, ben individuando il loro nemico storico.
Gli dei accecano coloro che vogliono perdere, ma Landini, invitando la Meloni, non solo dà credibilità a un nemico pericolosissimo, svilisce il senso del congresso, dimentica lo spirito della manifestazione di Firenze e rischia di portare a perdizione la CGIL stessa e ancor più la classe che vuole organizzare e rappresentare.
Non sappiamo se nella testa dei dirigenti della CGIL stia operando, davanti alla vittoria elettorale delle destre, una versione italica della sindrome di Stoccolma, o se questi sono così folli e disperati da pensare che mostrando la forza organizzativa congressuale della Confederazione, la Meloni sarà costretta a più miti consigli, o se siano così opportunisti da cercare semplicemente di salvare l’apparato burocratico. Di certo l’unico risultato sarà quello di confondere e indebolire ancor più le lavoratrici e dei lavoratori.
Il tempo della svolta radicale
Quando Landini nelle interviste proclama che bisogna dare lavoro, salari decenti, sanità, diritti e servizi sociali, non capiamo a chi si rivolge. Se parla a questo governo e ai padroni, è uno scenario che non esiste in natura e non esiste nella lotta delle classi, oggi duramente praticata dalla borghesia contro le classi lavoratrici.
Se vuole svolgere la sua funzionale fondamentale e decisiva, essendo la più grande organizzazione di massa ancora presente nel paese la CGIL, che è non solo il suo gruppo dirigente burocratico, ma milioni di lavoratrici e lavoratori, è chiamata, come da tempo invoca la sua sinistra, insieme a tutte le espressioni dei sindacati conflittuali a ricostruire un ampio movimento di lotta sociale antifascista, antirazzista e antipadronale, cercando di riunire tutte le resistenze e lotte, tutte le aspirazioni e rivendicazioni di giustizia ancora presenti nel paese, in un quadro unitario di obiettivi e mobilitazioni, che ridia speranza e progetto di una alternativa all’attuale sistema. Bisogna fare sul serio, come in Francia, sarebbe un grande aiuto per noi, ma anche per loro, una nuova unità internazionale della classe operaia contro le politiche liberiste dell’Unione Europea capitalista.
I tempi stringono per perseguire questa strada.
*Sinistra Anticapitalista
[1] Alcuni intellettuali e torinesi nel loro appello “All’armi son fascisti” così caratterizzano la natura del governo di Fdi:
“La presidente del Consiglio e il suo partito sono gli eredi diretti del fascismo di ieri. Lo sono per esplicite rivendicazioni, per i simboli a cui fanno riferimento, per la cultura che esprimono, per il linguaggio che usano, per le immagini del passato che portano con sé. Non ingannino le prese di distanze di maniera né l’inevitabile condanna delle leggi razziali, che avvengono in assenza di una lettura seria e approfondita del fascismo nei suoi fondamenti e nelle sue pratiche: di quel fascismo che è stato la stella polare del Movimento Sociale e che continua a esserlo nella fiamma del simbolo di Fratelli d’Italia. E non ingannino neppure le diverse modalità con cui il fascismo di oggi si presenta rispetto a quello di ieri, anch’esse inevitabili, dato il mutare dei tempi.
La presidente del Consiglio e il suo partito sono gli eredi diretti del fascismo di ieri anche per ulteriori, altrettanto decisive, ragioni. In particolare per il blocco sociale ed economico di cui sono espressione e per le politiche che praticano: il respingimento dei poveri dalla pelle scura, una scuola del merito che giudica ed esclude, lo smantellamento della sanità pubblica, le mani libere di chi vuole fare i propri affari, un fisco profondamente iniquo, il prevalere del privato sul pubblico, lo stravolgimento della Costituzione in senso presidenzialista, la secessione dei ricchi con l’autonomia differenziata, l’ulteriore precarizzazione del lavoro, il nazionalismo e l’aumento delle spese militari, la contrazione dei diritti delle donne e dei “diversi”.
[2] Questo film grottesco (premiato al Festival di Cannes nel 1976), che si avvale della straordinaria interpretazione di Nino Manfredi, è ambientato in una baraccopoli ai margini di Roma e descrive impietosamente le miserie materiali e morali di cui soffrono i poveri che la abitano. Tredici anni prima, nel 1963, era stato Dino Risi a dirigere un altro classico della commedia italiana con Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi, per l’appunto “I mostri”.
[3] Ma i segnali delle politiche di respingimento arrivano anche da prima; ricordiamo la strage della Kater i Rades, speronata dalla motovedetta “Sibilla” della Marina Militare nel Canale d’Otranto, in cui morirono 81 migranti nel 1997 ( Romano Prodi presidente del Consiglio) e la strage di Lampedusa del 3 ottobre del 2013, che costò la vita a 368 profughi (Enrico Letta presidente del Consiglio).