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Qualunque sia l’assurdo scenario che Emmanuel Macron abbia architettato annunciando lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale la sera stessa delle elezioni europee, esso avrà avuto l’effetto concreto di stendere un tappeto rosso per il Rassemblement National (RN) offrendogli la possibilità di conquistare la maggioranza dei seggi in Parlamento il 9 luglio.

Da lunedì scorso, tutto il movimento operaio e le forze sociali e politiche che difendono i diritti democratici sono sul piede di guerra per impedire che, a 80 anni dalla loro estromissione dal potere in Francia, l’estrema destra di Pétain e i fascisti della Milice, tornino, attraverso la vittoria dei loro discendenti politici, ad imporre una politica fondata sulla “preferenza nazionale”, sulla discriminazione razzista e su un indebolimento dei diritti sociali e democratici, favorendo al contempo gli interessi dei grandi gruppi capitalistici, come fanno tutti i regimi fatti della stessa pasta in paesi come l’Argentina, l’Italia o l’Ungheria.

Nelle prossime settimane verrà il momento di trarre tutte le lezioni politiche di quanto successo negli ultimi anni, durante i quali abbiamo assistito ad una costante ascesa dell’estrema destra; tuttavia, già ora, dobbiamo fare una semplice constatazione: il Rassemblement National e i suoi alleati Les Republicains -LR  (la destra “classica”) o di Reconquête (partito di estrema destra fondato da Eric Zemmour) hanno ottenuto il 33,18% dei voti espressi, pari a oltre 10 milioni di voti.

Il Nouveau Front populaire (NFP)) è arrivato in seconda posizione, ottenendo il 28,1% dei voti, mentre i candidati e le candidate di Macron al terzo posto, con il 21,60%.

Il Rassemblement National capitalizza

Questo risultato si è manifestato tre settimane dopo quello delle elezioni europee, che hanno visto la lista RN già in netto vantaggio con il 30,5% dei voti, più del doppio della lista presidenziale (14%), guidata da Valérie Hayer, presidente del gruppo Renaissaince al Parlamento europeo.

Per quanto riguarda la sinistra, i partiti LFI (La France Insoumise), PS, Verdi e PCF, che correvano in ordine sparso nonostante fossero tutti precedentemente uniti nella NUPES (La Nouvelle Union populaire écologique et sociale). Questo ha un po’ frenato la sinistra, nonostante i partiti della NUPES abbiano ottenuto il 30,7% dei voti.

Di fronte a una sinistra frammentata, il RN è stato in grado di capitalizzare il ruolo svolto negli ultimi due anni all’interno del  panorama politico francese.

Come molte altre forze di estrema destra in Europa, il RN ha applicato quella che potremmo chiamare la “strategia del doppio petto”, presentandosi come una forza politica rispettosa delle istituzioni e, soprattutto, pronta a governare nel rispetto delle regole europee, seguendo l’esempio di Giorgia Meloni in Italia. Questo atteggiamento non le ha impedito tuttavia di compiere un intenso sforzo per inculcare nella testa dei suoi quadri i fondamenti della difesa dell’identità europea della Nouvelle Droite, del GRECE o dell’Institut Iliade (1), i custodi dell’ideologia di estrema destra.

Tutto questo lavoro di smussamento è andato di pari passo con la volontà di apparire come l’unica forza di opposizione a Macron in occasione di ampi movimenti sociali che hanno caratterizzato gli ultimi due anni, in particolare la mobilitazione contro la riforma delle pensioni nei primi 6 mesi del 2023 o quello dei  contadini dello scorso inverno. Nei suoi sforzi, il RN ha beneficiato del sostegno rappresentato dalla linea editoriale dei principali media, che hanno giocato a fondo la carta della “de-diabolizzazione”.

D’altra parte, per varie ragioni, negli ultimi due anni le componenti del NUPES non hanno contribuito a sviluppare questa alleanza di partiti di sinistra come una forza militante comune, accompagnata dalla ricerca di una convergenza militante con le forze del movimento sociale e sindacale. Dal 2022, anche durante la mobilitazione contro la riforma delle pensioni, la sinistra è certo intervenuta nella mobilitazioni di piazza e nelle assemblee convocate per bloccare l’estensione dell’età pensionabile, ma non è stata capace di presentarsi unita intorno a un piano di misure sociali commisurate all’esasperazione sociale e alla più potente mobilitazione degli ultimi 20 anni, e senza prendere alcuna iniziativa unitaria per affermarsi politicamente durante il movimento.

Peggio ancora, i partiti della NUPES hanno annunciato apertamente la fine della loro alleanza proprio nel momento in cui, dopo la vertenza sulle pensioni, l’inflazione e la crescente insicurezza del lavoro rendevano ancora più urgente la costruzione di un fronte per una politica in linea con le esigenze sociali.

Da allora, né nei quartieri popolari né nelle zone rurali – e indipendentemente dal lavoro di base svolto da molti attivisti – la sinistra politica è emersa come forza nazionale in grado di cambiare la vita quotidiana e di aspirare a incarnare un’alternativa politica a Macron e all’estrema destra. Per di più, il governo non ha mai smesso di cercare di legittimare il Rassemblement National come un’opposizione rispettabile e di demonizzare, al contrario, la France insoumise, presentata come una minaccia per la democrazia, con l’obiettivo di spingere una parte della sinistra a “rompere con Mélenchon e la LFI“.

Le preoccupazioni delle classi lavoratrici sono ovviamente in primo luogo il potere d’acquisto, i salari e i prezzi dell’energia, la salute e l’alloggio, e la soppressione di servizi pubblici, in particolare nelle aree rurali e suburbane e nei quartieri popolari dei grandi agglomerati urbani. Tutto questo, in un momento in cui l’ingiustizia sociale, una politica fiscale e scelte di bilancio che avvantaggiano le classi ricche hanno ulteriormente accentuato le disuguaglianze.

Allo stesso tempo, la violenza di genere e la violenza di Stato hanno continuato a manifestarsi quotidianamente e la risposta dominante è stata la massiccia presenza della polizia, l’affermarsi e il diffondersi di un discorso islamofobico, orientato alla sicurezza e rivolto alle classi lavoratrici razzializzate.

L’estrema destra si è quindi trovata a suo agio nello sviluppare il proprio discorso, spesso riprendendo e sviluppando i temi proposti dal governo sull’immigrazione e l’insicurezza (lo stessa RN ha dato il “la” all’ultima versione della legge sull’immigrazione dello scorso gennaio). Inoltre, la campagna è stata in grado di capitalizzare il clima di ansia generato dai media 24 ore su 24, la cui linea editoriale riecheggiava le posizioni dell’estrema destra sul binomio insicurezza e immigrazione. È apparso evidente che l’obiettivo era di captare la rabbia sociale, anche quella emergente all’interno delle classi lavoratrici, prendendo di mira le popolazioni razzializzate e stendendo un velo di omertà sui veri responsabili della miseria sociale.

Bloccato all’Assemblea Nazionale dalla mancanza di una maggioranza, che limitava il suo spazio di manovra parlamentare, e di fronte alla sconfitta subita nelle elezioni europee, Macron ha fatto un calcolo politico disastroso per il suo stesso campo: mentre il RN cavalcava l’onda della propria vittoria elettorale e il suo stesso partito aveva appena subito una grave battuta d’arresto, Macron optava per la scelta suicida di sciogliere l’Assemblea Nazionale. Ha offerto al RN una campagna elettorale brevissima, in cui avrebbe potuto beneficiare dell’effetto trainante del risultato delle elezioni europee – proprio come i partiti presidenziali hanno spesso beneficiato in Francia: dal 2002, le elezioni presidenziali e quelle per l’Assemblea nazionale si tengono a distanza di poche settimane l’una dall’altra, dando un vantaggio quasi automatico al partito del presidente appena eletto. Questa volta, Macron ha consegnato al RN una situazione simile su un piatto d’argento. Forse sperava, con una sinistra disunita, di fare ancora una volta la parte del salvatore contro l’estrema destra, provocando lui stesso l’elettroshock della minaccia rappresentata dal possibile arrivo di Bardella e della Le Pen alla guida dello Stato.

Mobilitazione e l’appello per un Fronte Popolare

Ma fin dalla sera del 30 giugno si è manifestata una grande reazione da parte dei movimenti sociali e sindacali, in particolare da Sophie Binet, segretaria generale del sindacato CGT, che ha invocato la necessità di un Fronte Popolare contro il RN. Mentre a sinistra si era ancora concentrati a fare i propri calcoli elettorali, questa pressione unitaria delle reti militanti ha imposto l’unità della sinistra per combattere insieme la minaccia. Contro ogni aspettativa, viste le passività accumulate nei mesi precedenti, l’unità è stata costruita attorno a un programma che riprende parte di quello elaborato nel 2022 per la NUPES e facendo propri gli elementi contenuti in una dichiarazione congiunta delle forze sindacali CGT, Solidaires, FSU, CFDT e UNSA. In meno di una settimana (c’erano solo cinque giorni di tempo per presentare le candidature in 577 circoscrizioni), l’accordo, il programma e l’assegnazione delle circoscrizioni sono stati completati. Gli appelli del campo di Macron affinché il Partito socialista, il Partito comunista e i Verdi non mettessero in pratica questo Nouveau Front Populaire (NPF) con LFI sono rimasti lettera morta.

Da quel momento in poi, lo scenario di Macron è crollato come un castello di carte e la sua “granata con la leva di sicurezza“, come ha definito la decisione del Presidente uno dei suoi amici più stretti, ha impiegato solo pochi giorni per esplodere nel bel mezzo del campo macronista. Il NPF è emerso come l’unica alternativa alla minaccia rappresentata dal RN, facendo leva sulla forza del rifiuto dell’estrema destra da parte della grande maggioranza dei sindacati, dei movimenti sociali e delle associazioni. Destabilizzati dalla sconfitta alle elezioni europee e dall’incomprensione della manovra presidenziale, i candidati dell’alleanza presidenziale Ensemble si sono lanciati senza convinzione in una campagna di pochi giorni. A destra, il partito LR (Les Républicains) è esploso a mezz’aria: il suo stesso presidente, Éric Ciotti, si è alleato con il RN per contribuire alla vittoria, così come aveva appena fatto Marion Maréchal, portavoce di Reconquête, accentuando la polarizzazione dell’estrema destra.

In pochi giorni, la posta in gioco di queste elezioni ha portato a una mobilitazione senza precedenti dell’elettorato. L’affluenza alle urne è stata del 66,71% degli elettori registrati, la più alta dal 1997.

Questa impennata dell’affluenza si è riflessa in una forte mobilitazione, anche se suddivisa tra i tre blocchi. Sono emersi due fenomeni contraddittori:

– Anche se il voto del RN non ha avuto un’impennata (rispetto alle elezioni europee), esso ha assorbito la maggior parte dell’elettorato di Renaissance (il parti di Macron) e i 2/5 di quello di LR, riuscendo così a raggiungere il 33% dei voti. L’omogeneizzazione territoriale del Rassemblement National è molto più marcata nelle zone rurali: in 577 circoscrizioni, il RN e i suoi alleati hanno eletto 39 deputati al primo turno. Sono arrivati in testa in 260 circoscrizioni e saranno presenti in 443 circoscrizioni nel secondo turno di domenica prossima.

– Il macronismo è crollato, con soli due eletti al primo turno, in testa al secondo turno in sole 68 circoscrizioni e in grado di resistere, in totale, in 321 circoscrizioni (prima delle desistenze di martedì sera).

– Il Nuovo Fronte Popolare ha eletto 31 deputati al primo turno ed è in testa in 128 circoscrizioni. Si è qualificato in 413 circoscrizioni, molte di più che nel 2022. L’aspetto più rilevante è la concentrazione urbana del voto per il NFP. 21 dei 31 eletti al primo turno si trovano nelle circoscrizioni della regione parigina, in particolare nei Dipartimenti 75, 93 e 94. Il NFP dovrebbe alla fine riuscire a conquistare i due terzi dei seggi disponibili a Parigi. Successi simili, anche se in misura minore, si registrano a Marsiglia, Bordeaux, Lyon, Toulouse, Nantes e Strasbourg. A livello regionale, il voto a favore del NFP si concentra anche in Bretagna, nel Sud-Ovest, nel Massiccio Centrale, nelle Antille e all’Ile de la Réunion, con 6 circoscrizioni su 7.

Questi risultati mostrano quindi una forza nei quartieri popolari delle grandi città e una debolezza tra le popolazioni operaie delle aree rurali e suburbane.

Il secondo turno ha poi posto il problema di costruire un fronte democratico per impedire al RN di ottenere la maggioranza assoluta di 289 seggi all’Assemblea Nazionale.

– Il Front Populaire si è subito chiaramente posizionato ritirando i propri candidati arrivati in terza posizione nelle circoscrizioni nelle quali è in testa il RN.

– LR, presente in testa al secondo turno in sole 19 circoscrizioni, ha generalmente mostrato un rifiuto di scegliere tra il NFP e il RN, pur essendo chiaramente corteggiato dal RN.

– I leader macronisti, da parte loro, erano divisi sulle indicazioni di voto. Edouard Philippe, ex primo ministro, difende il “Né-Né” (non votare né per il RN né per i candidati della France Insoumise, i “due estremi“). Altri ex ministri, come Clément Beaune, sostengono il voto per il Nuovo Fronte Popolare. Infine, Gabriel Attal, il primo ministro uscente, invita a fare un “fuoco di sbarramento contro il FN“.

Queste significaive divergenze sono un segno evidente dell’agonia del movimento macronista.

Martedì, Ensemble ha ritirato 81 dei suoi 325 candidati al secondo turno. Con le 127 desistenze da parte della sinistra, si sono così ritirati in totale 210 candidati, il che lascia meno di 100 circoscrizioni con tre candidati (una “triangolare”) e 403 con un duello, nella stragrande maggioranza dei casi tra il NFP e il RN.

Nel corso della settimana, decine di migliaia di attivisti si sono mobilitati e il movimento sindacale si è espresso con forza per impedire che si realizzi la minaccia di una maggioranza RN.

Tuttavia, non dobbiamo escludere questa possibilità perché, in ogni caso, il numero di membri del RN sarà compreso tra 240 e 290, anche se la fascia superiore scende dopo le desistenze. È quindi compito del momento evitare questo rischio. E, nel caso in cui si riuscirà a evitare il peggio, sarà necessario non dissolvere la mobilitazione a sinistra in convergenze di nuove combinazioni politiche nelle quali senza dubbio Macron spera, con l’obiettivo di esserne ancora protagonista.

Si tratterà allora di mobilitarsi e di costruire un fronte sociale e politico di resistenza, contro l’estrema destra e tutte le combinazioni che permetterebbero di applicare le sue politiche o di ampliare quelle condotte da Macron negli ultimi anni. La cosa peggiore sarebbe ripetere la frammentazione sperimentata negli ultimi anni a sinistra. Sarà quindi responsabilità primaria del movimento sociale e sindacale imporre il mantenimento di un fronte unito, su scala nazionale e locale, delle forze militanti nelle aziende e nei quartieri per opporsi alla prepotenza dell’estrema destra e affermare più che mai la necessità e l’urgenza di un’alternativa unitaria e radicale che poggi sulla soddisfazione dei principali bisogni sociali.

*Léon Cremieux è membro dell’NPA-L’Anticapitaliste

1. Con l’espressione Nouvelle droite si fa riferimento a  un movimento che, a partire dagli anni 1970, ha sviluppato la ricerca di una nuova identità conservatrice, la cui principale tendenza fa riferimento agli scritti di Alain de Benoist.
Il GRECE (Groupement de recherche et d’études pour la civilisation européenne), è un laboratorio dell’estrema destra antiegualitaria, antiamericana e anticomunista.
L’Institut Iliade è un think tank francese di estrema destra appartenente alla mouvence della difesa della “razza bianca”. (N.d.T)