Tempo di lettura: 6 minuti

Nel settembre del 2018 (cioè quasi sei anni fa) Ugo Palheta, sociologo, condirettore della rivista Contretemps e conduttore del podcast “Minuit dans le siècle” pubblicava un interessante libro dal titolo “La possibilité du fascisme. France, la trajectoire du désastre”. Intervistato da Manon Boltansky, nei giorni seguenti il risultato delle elezioni europee e lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, Ugo Palheta analizza la situazione , ricordando la sua analisi sul Front National del 2018, alla luce delle prospettive elettorali.
Oggi, queste sue osservazioni appaiono ancora più utili per interpretare quanto successo: dal successo elettorale del FN all’emergenza del Nouveau Front Populaire e la crisi elettorale del macronismo. Il nostro sito ha pubblicato anche un recensione (Ascesa globale della destra fascista e capitalismo * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch)) di un’altra opera di Palheta dedicata all’ascesa internazionale della destra fascista. (Red)

Parlare di “possibilità del fascismo” nel 2018 è la stessa cosa che parlarne oggi?

Ho scritto il libro tra il 2016 e l’inizio del 2018, vista la mancanza di reazioni all’ascesa del Front National (FN, il partito progenitore del Rassemblement national, ndt), in particolare quando Marine Le Pen si è arrivata al secondo turno delle elezioni presidenziali.

Dopo il movimento per il diritto del lavoro e le iniziative de la Nuit Debout del 2016, alcune correnti della sinistra hanno insistito unilateralmente sulla dimensione del rilancio delle lotte. Il conflitto sociale era diminuito bruscamente dopo la sconfitta del 2010 per la controriforma delle pensioni di Sarkozy, che aveva eliminato la pensione di 60 anni, ed è vero che il 2016 è stato un rimbalzo. Ma credo che siamo stati troppo inclini a dimenticare una serie di cose.

In primo luogo, c’era un’altra forza dinamica: l’estrema destra. Quando ho scritto il libro, la sua portata elettorale era già passata da circa il 6% nelle elezioni europee del 2009 al 20-25% a metà degli anni 2010. E da allora, tra il 2017 e il 2024, l’unica forza che è cresciuta elettoralmente è l’estrema destra, raggiungendo oggi il 40% se includiamo tutte le sue componenti.

La sinistra, anche includendo le forze social-liberali (in particolare il PS), non ha mai rappresentato più di un terzo dell’elettorato dal 2017. E la base sociale ed elettorale del macronismo è sempre stata molto ristretta.

Il secondo aspetto è la radicalizzazione della destra che la campagna di Fillon ha espresso nel 2017. La dinamica sarkozista, iniziata nel 2002, consisteva nello spostare la destra verso l’estrema destra per riconquistare il terreno perso a favore del FN. Ma c’è stata una vera e propria convergenza ideologica e militante alla base del “popolo della destra”, che si è manifestata in un grande movimento di piazza in cui la destra e l’estrema destra si sono riunite: la Manif pour tous, nel 2013.

Il terzo aspetto è che, poiché le stesse cause producono gli stessi effetti: la continuazione delle politiche perseguite dalla classe dirigente francese – politiche neoliberiste, razziste e autoritarie – aveva tutte le possibilità di portare a un ulteriore aumento dei numeri dell’estrema destra. 40 anni di politiche antisociali e razziste significano il 40% per l’estrema destra!

E va detto che Macron, nel 2017, non ha mentito sul suo piano: mettere la Francia in sintonia con il calendario europeo neoliberale, cosa che tutte le classi dirigenti hanno fatto in Europa fino alla fine, e che non è stata possibile in Francia a causa del vigore delle lotte sociali.

La difficoltà per la sinistra – e in particolare per la sinistra che vuole rompere con il passato – è quella di emergere come alternativa a livello di massa, o addirittura con una maggioranza della popolazione, e quindi in grado di competere con il FN anche sulla scena elettorale.

Oggi, dopo la vittoria del RN alle elezioni europee, l’annuncio di Macron di scioglimento, a che punto siamo?

Nel 2017, al primo turno delle elezioni presidenziali, c’erano quattro forze che avevano più o meno la stessa forza elettorale, intorno al 20%, un fatto assolutamente inedito nella storia della V Repubblica. C’era Macron, la destra con Fillon (20%), Mélenchon (20% con il sostegno del Partito Comunista) e, leggermente avanti, Le Pen.

Il macronismo ha rapidamente preso una direzione molto di destra. Pur essendo il presidente eletto con il minore sostegno nella storia della V Repubblica, Macron scommette sull’aggregazione di settori del centro e sulla riconfigurazione del campo politico intorno alla contrapposizione tra un progetto neoliberista-progressista, o meglio con una facciata vagamente progressista (che dal 2017 è completamente crollata), e un polo neoliberista-reazionario, razzista e di estrema destra.

Non è quello che è successo grazie al vigore delle lotte popolari tra il 2016 e il 2023 e all’emergere a sinistra di un polo di rottura nel 2022. Mélenchon e La France Iinsoumise (LFI) non solo hanno ottenuto il 22% dei voti, ma sono anche riusciti a creare una coalizione di sinistra (la Nupes) che ha permesso di eleggere molti più deputati di sinistra di quanto si potesse immaginare sei mesi prima, evitando così un micidiale faccia a faccia tra macronismo e lepénismo.

Dalla sequenza del 2022 sono quindi emersi tre poli. Ma questo non poteva durare e ora stiamo assistendo a una forma di ribipolarizzazione: una contrapposizione molto netta tra una coalizione di sinistra che rimane egemonizzata da LFI (come si può vedere dal programma), e un’estrema destra che sembra trionfare, perché ha ampiamente superato il macronismo nella realtà, e non parlo nemmeno dei Républicains (gli ex gollisti, ndt), che si stanno disgregando a un ritmo molto rapido.

Il RN è un pericolo fascista o un partito di estrema destra che si è calmato? Cosa rappresenta oggi?

Marine Le Pen si è spinta il più avanti possibile con la strategia presente fin dall’inizio del Front National, quella della rispettabilità, prendendo le distanze dagli elementi più visibili di continuità con il fascismo storico (violenza fisica, negazione dell’Olocausto, simboli, ecc.), ma il suo progetto e la maggior parte dei suoi quadri rimangono radicati nell’ideologia fascista, in particolare perché sono stati formati dai vecchi petainisti, ex-OAS o ex collaborazionisti presenti nel FN negli anni ’70-’80, quando Marine Le Pen, ad esempio, ha iniziato la sua militanza.

Non si tratta di un partito di estrema destra che si è calmato, ma di un partito con un progetto neofascista che si è adattato a un nuovo contesto. I partiti fascisti del periodo tra le due guerre avevano tutti milizie armate di massa. Se questo non è il caso delle forze di estrema destra di oggi, è perché non ne hanno un bisogno imperativo per svilupparsi e perché si affidano alla polizia per attuare le loro politiche razziste, ultra-autoritarie e a favore dei padroni.

Ma questo significa che se domani l’estrema destra andrà al potere sarà fascismo?

Tanto per cominciare, significa consegnare all’estrema destra l’apparato repressivo dello stato. E dato il progetto fondamentale del RN, che non è qualitativamente diverso da quello del Front National, il pericolo è evidente (qualunque cosa si pensi della definizione di “fascista”).

Quindi una vittoria elettorale dell’estrema destra sarebbe una sconfitta molto grave per il nostro campo, ma non significherebbe l’instaurazione immediata di un regime fascista. C’è un intero periodo di battaglie sociali e politiche tra il momento in cui possono vincere elettoralmente e il momento in cui sono in grado di costruire davvero un governo di tipo fascista.

Nell’equazione, dobbiamo anche tenere presente che la Francia è un sistema altamente centralizzato, con una costituzione bonapartista derivante dal colpo di stato gollista del 1958, con un’enorme quantità di potere per l’esecutivo: la capacità di sciogliere l’Assemblea nazionale, di dichiarare lo stato d’assedio o di ottenere pieni poteri, e quindi di rinunciare a qualsiasi forma di controllo parlamentare, per quanto minimo, e di governare tramite referendum, ecc.

Dati i loro piani, il pericolo con il RN al potere non è semplicemente un’intensificazione della repressione delle manifestazioni (come sotto Macron). Avranno l’apparato repressivo e una certa legittimità politica per avviare, ad esempio, lo scioglimento di organizzazioni con pretesti fasulli, senza dubbio su scala ancora maggiore rispetto al governo macronista.

Ci lamentiamo già dello spazio che hanno nei media privati, ma l’estrema destra avrà accesso anche a tutto l’apparato ideologico – le scuole, per esempio – ma anche alla radiotelevisione pubblica (che almeno in parte sarà privatizzata e consegnata ai loro amici miliardari, Bolloré in particolare). Questo avrà effetti politici, ideologici e intellettuali sulla nostra capacità di difendere un altro progetto.

Quali sono le prospettive del Nuovo Fronte Popolare?

I compiti immediati sono difensivi. L’antifascismo è una leva importante nella reazione del nostro campo sociale, che può riprendere il controllo di fronte al pericolo. Dal punto di vista del NPA, mi sembra che ci sia un equilibrio da trovare tra le forme di unità da costruire in una situazione come questa, il sostegno al polo di rottura costituito da LFI all’interno del NFP e l’affermazione del nostro progetto di emancipazione in totale rottura con quella che è la società attuale, una società capitalista, patriarcale, razzista, ecc.

Non sappiamo quanto durerà il Nuovo Fronte Popolare, e tutte le componenti, compresa la sinistra di lotta, la sinistra rivoluzionaria, devono avere piena libertà di discutere le reciproche scelte, di discutere le opzioni, compresa la candidatura di François Hollande, che ha giocato un ruolo importante nell’ascesa dell’estrema destra in questo paese e nella distruzione di alcuni diritti sociali. Siamo qui per contribuire, insieme a tutti gli altri, a sconfiggere i fascisti e i macronisti, ma non abbiamo intenzione di autocensurare le nostre parole.

All’interno di questo fronte, dobbiamo quindi essere l’ala marciante a livello politico, programmatico, ideologico e militante nelle aziende, nelle università e nei quartieri. E se vogliamo che questo fronte sia qualcosa di diverso da un cartello di organizzazioni, dobbiamo essere in grado di organizzare lo straripamento della coalizione da parte di forze popolari e militanti al di fuori delle organizzazioni politiche.