I risultati del primo turno delle legislative francesi ormai sono noti. In ogni caso li riassumiamo qui sotto.
- RN (Rassemblement national e alleati): 33,15% (29,25% per il RN + 3,90% per l’Union de l’extrême droite, la formazione improvvisata dal presidente dei Républicains Éric Ciotti, alleato con il RN), con 38 seggi conquistati al primo turno (37+1), in testa in 259 circoscrizioni per i ballottaggi del secondo turno;
- NFP (Nouveau front populaire): 27,99%, 32 eletti al primo turno, in testa in 155 circoscrizioni;
- ENS (Ensemble!, la “maggioranza presidenziale”): 20,04%, 2 deputati eletti al primo turno, in testa in 62 circoscrizioni;
- LR (Les Républicains): 6,57%, 1 deputato eletto, in testa in 16 circoscrizioni;
- DVD (Altri di destra): 3,66%, 2 deputati eletti, in testa in 18 circoscrizioni;
- DVG (Altri di sinistra): 1,53%, nessun eletto, in testa in 12 circoscrizioni;
- DVC (Altri di centro): 1,22%, nessun eletto, in testa in 3 circoscrizioni;
- EXG Extrême gauche: 1,15%, nessun eletto, nessuno ammesso al secondo turno;
- REG Régionaliste : 1,05%;
- REC (Reconquête, Zemmour): 0,75%, nessun eletto, in testa in una circoscrizione;
Questi terribili risultati sono la testimonianza formale e politica della diffusione in Francia (come d’altra parte in tutta Europa) del nazionalismo e del razzismo a livello popolare e del sostegno all’estrema destra da parte di settori importanti della borghesia.
Le classi dominanti d’Oltralpe e quelle internazionali non sono affatto preoccupate per l’ipotesi di un governo del RN né per le complicazioni per la “coabitazione”. Non è un caso che numerosi e influenti capitalisti francesi abbiano esplicitamente sostenuto la campagna elettorale del RN e che, all’indomani del previsto ma comunque clamoroso risultato delle legislative, i mercati e le borse non abbiano dato alcun segno di inquietudine.
L’arrivo al potere della RN e dei suoi alleati da una possibilità si è trasformata in una lugubre ipotesi concreta e del tutto realizzabile.
L’argine della sinistra
Il buon risultato della sinistra unita, raccolta attorno al NFP, controbilancia in parte la crescita dell’estrema destra e mostra come la campagna allarmistica fatta da tutti i principali media per indicare il radicalismo della sinistra come una minaccia quasi peggiore del postfascismo, con le accuse di “antisemitismo”, di “minaccia all’economia francese”, di “immigrazionismo”, ecc. è sostanzialmente fallita. I democratici francesi hanno capito che l’unico vero argine alla crescita dell’estrema destra era la sinistra, mentre il macronismo le aveva spianato la strada.
I dirigenti del NFP, da parte loro, hanno immediatamente e responsabilmente espresso una chiara scelta di desistenza in tutte le circoscrizioni in cui il candidato del NFP sia arrivato terzo. Lo ha fatto Jean Luc Mélenchon, nel suo breve discorso di domenica sera alle 20:15, lo hanno ribadito gli altri “contraenti” della coalizione nelle loro dichiarazioni di oggi.
E occorre riconoscere che, seppure in extremis (le desistenze dovranno essere ufficializzate entro martedì sera, per consentire agli uffici elettorali di predisporre le schede di voto), Emmanuel Macron ha dichiarato lunedì 1° luglio 2024 che “non un solo voto” dovrà “andare all’estrema destra” nel secondo turno, ricordando onestamente tra l’altro che nel 2017 e nel 2022 è stato “il voto della sinistra contro il RN” a consentirgli l’elezione a presidente.
In uno scenario come quello francese è comunque particolarmente spericolato ogni pronostico sull’esito finale.
Ed è da escludersi che possano crearsi maggioranze di sinistra o macroniane. Anche se il NFP conquistasse tutte le circoscrizioni in cui il suo candidato è al primo posto e dunque ai 32 già eletti ne sommasse altri 155, dovrebbe strapparne al RN e ai macroniani altri 102 per raggiungere la maggioranza assoluta. Per non parlare dei macroniani matematicamente impossibilitati ad avere anche solo una risicata maggioranza.
Un paese tripolare
La realtà è che la Francia, che ha una costituzione e una legge elettorale disegnate sul bipolarismo e che è vissuta nel bipolarismo destra-sinistra dal 1958 (l’anno della ascesa al potere del generale De Gaulle e del passaggio alla Quinta Repubblica) in poi, da qualche tempo a questa parte conosce una vita politica tripolare, in particolare dopo che La France Insoumise e la NUPES nel 2022 hanno fatto riemergere una sinistra degna di questo nome al posto della “sinistra social-liberale” di Hollande e Valls.
Perciò, quel che si preannuncia è una situazione particolarmente confusa, sia per la possibile “coabitazione” tra il presidente ultraliberale Macron e un eventuale governo “sovranista ed euroscettico” presieduto da Bardella, ma anche perché l’opposizione al governo sarà tutt’altro che filopresidenziale, ma anzi sarà egemonizzata da forze di sinistra, e all’interno delle forze di sinistra prevarranno i rappresentanti della France Insoumise, la formazione di Mélenchon.
Bardella troverà la strada spianata
Questo possibile governo Bardella, potrà anche essere costretto alla “coabitazione” e anche minoritario in parlamento, ma su molti terreni troverà davanti a sé la strada spianata dalle riforme antisociali e autoritarie già adottate dai governi macronisti e prima ancora da quelli “socialisti” (ricordiamo soprattutto il governo social-liberale di Manuel Valls tra il 2014 e il 2016).
I governi scelti da Macron, in particolare, hanno fatto già molto del “lavoro sporco”, hanno distribuito miliardi di euro e tolto vincoli fiscali e ambientali alle imprese (con la legge “Pacte” del 2019), hanno riformato (per decreto) il codice del lavoro nel 2017, riformato l’indennità di disoccupazione, le pensioni nel 2023, e le norme sull’immigrazione e sul diritto di asilo all’inizio di quest’anno, solo per citare alcuni tra i loro atti più significativi. E hanno fortemente accentuato l’uso repressivo e razzista delle forze di polizia, consentendo tra l’altro un più spregiudicato impiego delle armi da fuoco da parte degli agenti (come ricorda l’assassinio del diciassettenne Nahel Merzouk dello scorso anno).
Dunque, perlomeno in tutto il suo primo periodo di governo, soprattutto se sostenuto da una minoranza di deputati, un eventuale governo Bardella non dovrà neanche adottare misure significativamente nuove e politicamente impegnative. Gli basterà usare quelle già in vigore, magari solo calcando un po’ più la mano.
Com’è noto, i lepenisti francesi rispetto ai meloniani italiani possono essere considerati “fratelli-coltelli”, per le loro origini molto simili ma anche per la loro reciproca rivalità nel tentativo di assumere il ruolo di forza trainante del postfascismo europeo. E’ certo però che i due anni di governo di Giorgia Meloni e i suoi successi nell’essersi “dediabolizzata” e accreditata come “affidabile” nelle classi dominanti nazionali e internazionali saranno molto utili come punti di riferimento per Bardella e per Marine Le Pen al fine di tentare di fare altrettanto in Francia.
Dove nasce il NFP
Ad un osservatore disinformato, che avesse guardato al panorama politico francese alla vigilia delle elezioni europee (dunque poco più di tre settimane fa), uno scenario come quello che si è realizzato ieri sarebbe apparso chimerico. La sinistra francese, dopo le batoste ricevute in conseguenza delle politiche social-liberali dei governi Hollande, e seppur rafforzata dai risultati della NUPES nelle legislative del 2022, appariva litigiosa, con i principali partiti l’un contro l’altro armati, e con rissose fronde interne alle varie formazioni.
Ma i risultati delle europee, con l’inquietante exploit del RN (e in certa misura anche di Reconquête), ma anche grazie a quel che restava dello slancio della grande lotta contro la riforma delle pensioni, hanno messo in moto una grande spinta dal basso, che si è espressa a Parigi e in numerosissime altre città fin dalla serata del 9 giugno. Una spinta dal basso che ha fatto propria la parola d’ordine che le compagne e i compagni del NPA-l’Anticapitaliste avevano propagandato da tempo: “Unità della sinistra, nelle piazze e nelle urne”…
Con ciò non vogliamo ingigantire il ruolo del NPA. Vogliamo solo sottolineare la sintonia della sua parola d’ordine con quel che è poi emerso nella mobilitazione di massa democratica e popolare che ha costretto le diverse anime della sinistra a trovare un accordo e a definire un programma radicale, antifascista, antiautoritario, antirazzista ma anche antiliberista.
Il NFP, con il suo programma radicale, dunque, è nato in pochi giorni non da alchimie elettoralistiche a tavolino, ma sull’onda di una poderosa mobilitazione che ha anche messo in moto decine di migliaia di nuovi attivisti, in ogni angolo del paese.
Certo, probabilmente, se si fosse mantenuta la spinta già espressa nel 2022 attorno alla NUPES, se i partiti, pur nelle loro differenze e nella loro indipendenza, avessero mantenuto quello spirito unitario, se avessero adottato nella loro vita interna uno stile più democratico e più pluralista, accantonando ogni leaderismo, se, se, se… i risultati di oggi sarebbero potuti essere ancor più rilevanti.
Resta comunque che la sinistra francese continua ad avere un radicamento (non solo elettorale) molto significativo nei quartieri popolari. Basti guardare nell’immagine ai risultati della regione parigina, dove il NFP (rosa) domina (con deputati già eletti o in testa per il ballottaggio) in tutta la parte nordest della capitale e in tutta la periferia popolare dello stesso quadrante, mentre i macroniani (giallo) primeggiano nella zona ovest, più borghese, e la destra lepenista (blu) nelle periferie più lontane.
E’ un patrimonio di radicamento che va custodito, alimentato e sviluppato. Il futuro della Francia e dell’Europa, dopo la prima esperienza del governo postfascista italiano, diventerà più complesso e la vita della sinistra sarà ancora più dura. Ma non potremo sottrarci a questa prova, anche cercando di imparare qualcosa dalla vicenda francese.
E’ importante che l’unità della sinistra costruita per questa campagna elettorale si mantenga “nel parlamento e nelle piazze”, per parafrasare lo slogan delle settimane precedenti. Occorre che nel secondo turno, anche indicando il concreto pericolo di un governo postfascista, il sostegno ai candidati NFP nei ballottaggi cresca.
Ma l’unità della sinistra deve continuare anche dopo domenica 7 luglio, nelle mobilitazioni, mantenendo al massimo la militanza sociale che si è risvegliata in queste settimane, nelle lotte antifasciste, contro le misure governative, contro le azioni di una polizia che si sentirà ancor più legittimata nella sua violenza anti giovanile e razzista, per la denuncia del genocidio a Gaza…
*articolo apparso sul sito refrattario e controcorrente il 2 luglio 2024