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E’ una torrida estate quella del 2024. Lo è per tanti motivi e per il sovrapporsi delle plurime contraddizioni che caratterizzano oggi il pianeta e il sistema economico e sociale dominante. 

La torrida estate

1. Lo è in primo luogo perché il cambiamento climatico è una realtà conclamata che avanza implacabile che oggi brucia la Grecia e il Canada (solo per citare i due paesi maggiormente colpiti negli ultimi mesi), ma che lascia un segno profondo anche nella nostra penisola a partire dalla Sicilia assetata e dal moltiplicarsi degli eventi estremi dal Nord al Sud. E domani non potrà che essere peggio perché le scelte dei governi e degli stati negli ultimi tempi sono andate in senso opposto alle stesse parziali misure che erano state individuate per contenere il riscaldamento globale.

2. Lo è perché su scala internazionale le contraddizioni economiche e sociali moltiplicano lo sviluppo delle forze della destra e delle estreme destre fasciste sotto varie forme con il loro portato nauseabondo di ideologie reazionarie, nazionaliste, suprematiste, neocoloniali, antidemocratiche e con settori sempre più significativi delle classi dominanti (anche nel presunto “occidente democratico”) che pensano di poterle utilizzare per garantire il controllo e lo sfruttamento delle classi subalterne preservando i loro profitti nella dura concorrenza capitalista internazionale. E perché le significative mobilitazioni e ribellioni di massa, pure presenti, sono state sconfitte, represse o deviate e non sono ancora riuscite a invertire le dinamiche sociali e politiche involutive.

3. Lo è perché non è ancora chiaro che cosa stia avvenendo nei processi della globalizzazione capitalista, negli effetti della bolla speculativa che “governa il mondo”, nel non superamento delle condizioni (aggirate, ma non risolte) che hanno prodotto la grande crisi del 2007. In proposito è utile la lettura di questo articolo.

4. Lo è poi perché i tamburi di guerra risuonano forte in tante parti del mondo e segnatamente nell’Europa orientale e nel Medio Oriente e tutto questo corrisponde a uno stato del capitalismo mondiale, segnato da uno scontro profondo tra i diversi imperialismi, (con un nuovo ruolo delle potenze regionali in ascesa), che spinge a una corsa sfrenata al riarmo generalizzato, alla costruzione ideologica e mediatica della sua necessità, trascinata in primis da quello che rimane l’imperialismo dominante se pure in parziale declino, ma più che mai deciso a rimanere in sella in tutti i modi. 

Vedasi questo articolo da Volere la luna.

E’ una situazione e sono scelte che spingono verso il precipizio, tanto è vero che lo stesso tabù dell’uso delle armi nucleari non è più un tabù assoluto, anche perché sono ormai in molti a disporre di questi strumenti e perché a governare gli stati sono molte volte dei soggetti estremi. La crisi del capitalismo produce infatti anche una crisi di direzione della borghesia con l’involuzione dei suoi gruppi dirigenti in molti paesi del mondo; non sarei troppo sicuro sulla consapevolezza storica di costoro e sul fatto che gli avvenimenti non sfuggano loro di mano.

Ucraina e Palestina

L’autocrate neozarista Putin a capo di un regime profondamente reazionario e antidemocratico, già punto di riferimento di molte correnti di estrema destra nel mondo, ha creduto di poter riaffermare la Russia nello scontro imperialista, prima ricostruendo con la forza e massacri ad oriente la vecchia configurazione dell’impero zarista e poi  cercando di assicurarsi ad occidente con l’invasione il controllo dell’Ucraina.  Ha fatto molto male i suoi calcoli, perché il popolo ucraino ha difeso con forza la sua indipendenza e il diritto alla autodeterminazione e perché la Nato, gli Usa e l’Unione Europea, hanno deciso di far pagare molto caro a Mosca il prezzo della scelta di guerra, configurandola nello scontro complessivo geopolitico delle potenze imperialiste. [1]

A crossing point on the border with Russia a is seen, amid Russia’s attack on Ukraine, near the Russian border in Sumy region, Ukraine August 11, 2024. REUTERS/Viacheslav Ratynskyi

Fin dall’inizio le due valenze della guerra si sono così evidenziate, quella per la difesa della indipendenza dell’Ucraina e quella interimperialista tra la Russia e le potenze occidentali.

E la guerra ha le sue logiche infernali e senza limiti, che oggi si mostrano appieno, con l’utilizzo e i dispiegamento di sempre nuovi strumenti bellici; ovviamente in una  guerra non ci può essere una reale distinzione tra azioni difensive ed offensive, così l’escalation va avanti senza fine.

Ognuno sa bene che prima o poi, a meno di una catastrofe generalizzata,  non completamente impossibile, (difficile pensare a una vittoria piena di una delle due parti), occorrerà arrivare a un punto di caduta, di mediazione, cioè di cessate il fuoco ed anche di trattativa, ma ognuno pensa e vuole farlo nelle migliori condizioni. Per intanto centinaia di migliaia di militari e civili sono morti e tanti altri continuano a morire, i bombardamenti russi hanno seminato distruzione sulla popolazione e le città, intere regioni sono state devastate ed inquinate. Nulla è stato fatto di serio da parte dei governi per porre fino a questo scempio. Continuiamo a pensare che il cessate il fuoco sia la condizione migliore per la ricerca di una “pace giusta” e per garantire i diritti di tutti i popoli che vivono in quella regione, a partire poi in particolare dalle classi lavoratrici e subalterne. Forse sarà utopia, ma l’alternativa alla utopia è la continuazione della guerra fino alla presunta “vittoria finale”?

In Medio Oriente, lo stato di Israele è da sempre lo strumento fondamentale con cui gli Usa e le potenze occidentali si sono garantite il controllo di quella area strategica fondamentale dal punto di visa economico e geopolitico attraverso un colonialismo di insediamento. E questo vale tanto più per oggi. Dentro questo progetto non c’è spazio per il diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Anzi nell’interpretazione sionista, tanto più nella sua versione di estrema destra oggi largamente dominante nel governo di Tel Aviv, non c’è posto alcuno per il popolo palestinese, che deve in tutti i modi essere cacciato ed anzi scomparire. Quello che sta succedendo a Gaza da molti mesi, ma anche quello che avviene in Cisgiordania, è uno dei peggiori incubi della storia, una delle sopraffazioni più terribili. A Gaza è in corso un vero e proprio genocidio che avviene con l’uccisione diretta dei suoi abitanti e con la distruzione delle condizioni minime di vita e di sopravvivenza, senza acqua e cibo, destinati a soccombere per fame per malattia. Non trovo altro modo che pensare all’Urlo di Munch, per focalizzare questo incubo.  E tutto questo avviene davanti agli occhi e alle telecamere di tutto il mondo; tutti sanno quello che avviene e tutti sanno che il governo israeliano sionista di estrema destra può farlo non solo perché ha il pieno appoggio degli USA e della UE, ma lo può fare perché riceve da queste potenze le armi con cui farlo.

E un cupo personaggio come Netanyahu, ben sapendo che le potenze occidentali non possono abbandonarlo, si spinge all’estremo in ogni sorta di violenza e violazione del diritto internazionale, anche a costo o forse desideroso di produrre una deflagrazione dell’intera area medio orientale. 

Difficile non pensare che siamo di fronte a una crisi di civiltà e all’esplodere su scala sempre più ampia della barbarie. 

Scrive Gilbert Achcar: “È una delle crudeli ironie della storia che coloro che pretendono di parlare a nome delle vittime del genocidio nazista siano gli autori della più orribile campagna di sterminio nella storia del colonialismo colonizzatore contemporaneo. Il loro comportamento è fonte di ispirazione per l’estrema destra nel mondo contemporaneo. Hanno ancora una volta banalizzato il genocidio, con la complicità dei “liberali” che hanno abbandonato i valori umani più elementari di fronte alla guerra genocida in corso a Gaza, spesso con il pretesto della compassione per le vittime del genocidio nazista.” Aggiunge Achcar in un altro articolo che non solo il governo israeliano, ma anche Biden dovrà rispondere davanti al tribunale della storia del crimine di genocidio. 

Noi crediamo che un po’ tutti i dirigenti occidentali, compreso il governo italiano, e i loro i media debbano rispondere di questo crimine. Non sappiamo se la storia, anche se lo speriamo, evolva nella direzione giusta e condanni un giorno, senza remissione, quanto sta succedendo in Palestina, ma questa considerazione ci deve spingere ancor più a costruire oggi un grande movimento internazionale di solidarietà con il popolo palestinese, per imporre i cessate il fuoco e la fine del massacro.

L’occidente e il doppio standard

Per altro sono impressionanti nella loro ipocrisia i Governanti e i media occidentali che presentano le crisi e i conflitti nel mondo, come una mera contrapposizione tra la “democrazia dell’occidente” e l’autoritarismo e le dittature di tanti paesi del “Sud del mondo”, proprio quando questa democrazia, per altro conquistata nei paesi a “capitalismo avanzato” dalle classi subalterne con dure lotte ed anche vere e proprie le rivoluzioni, conosce sempre più una torsione involutiva da parte della classe borghese. 

E di conseguenza l’uso inverecondo del doppio standard con cui si giudicano i protagonisti delle lotte e delle resistenze sociali e l’azione degli oppressori che richiama direttamente i film western con i cattivi indiani da una parte e le valorose giubbe rosse dall’altro che mette in luce non solo nei governanti, ma anche in molti intellettuali, tutta la loro interiorizzazione del suprematismo coloniale bianco. [2]

Tutti gli orrori del colonialismo occidentale nel mondo e nella storia vengono dimenticati.

Davvero contradditorio il portato della civiltà occidentale che presenta da una parte questo terribile bilancio e dall’altra configura le grandi lotte e rivoluzioni delle classi subalterne e l’apporto degli intellettuali rivoluzionari, tra cui i tanti di origine ebrea, che hanno contribuito in modo determinante a una visione alternativa di società liberata di trasformazione del mondo. 

Il campismo e il Sud del mondo 

Le nuove configurazioni dello scontro tra i maggiori paesi imperialisti, ma anche il ruolo di nuove potenze economiche in ascesa, delineano, sotto varie forme, una reazione e rimessa in discussione del dominio imperialista degli USA  e degli altri paesi occidentali ad essi alleati. Questo nuovo quadro geopolitico spinge una serie di organizzazioni politiche della sinistra, ma anche numerosi intellettuali ad abbandonare la vecchia impostazione internazionalista dell’unità dei proletari del mondo contro i padroni (ma alcuni già l’avevano fatto) per abbracciare l’idea che, un futuro più equilibrato, potrà essere garantito dall’ascesa delle nuove potenze e dai nuovi protagonisti, a partire dai cosiddetti BRICS.

Va da se che con questa impostazione lascia per strada, o per lo meno relativizza, la vecchia impostazione strategica della divisione di classe.

Abbiamo assistito così in questi due anni alle scelte molto negative di settori dell’estrema sinistra che, o per vecchia vocazione di riferimento allo stalinismo, o anche solo perché indignati dell’ipocrisia dei governanti occidentali, sono ripiegati su un disastroso campismo, arrivando alcuni anche apertamente a schierarsi con la Russia reazionaria ed imperiale di Putin.  Naturalmente nel fare questo anche loro hanno finito per utilizzare un doppio standard rimproverato giustamente ai media occidentali. Si chiudono gli occhi sulle malefatte del “campo” che si sostiene e ci si dimentica di difendere i diritti e gli interessi delle masse che sono oppresse da regimi che si considerano “amici” nella lotta contro l’imperialismo USA.

Un disastro politico e una diseducazione terribile per tanti militanti politici. [3]

Questa scelta campista in molti oggi viene presentata come sostegno al “Sud globale”  alternativo alle vecchie potenze coloniali ed imperialiste e qualche volta anche in conflitto con queste .  

Solo che questo “Sud globale”, e tanto più specificatamente i BRICS, vedono presenti anche grandi stati governati da regimi autoritari, più o meno dispostici e di certo reazionari, che fondano il loro potere e la difesa degli interessi delle classi dominanti che rappresentano sull’oppressione e sullo sfruttamento delle classi lavoratrici. Alcuni di questi paesi sono stati attraversati da grandi movimenti di resistenza e di rivolta delle masse popolari per la difesa dei loro bisogni sociali e dei loro diritti civili e politici democratici. Questi movimenti sono stati repressi senza pietà dai loro governi. Tra questi primeggia sicuramente un paese come l’Iran in cui il regime degli ayotollah opprime in primo luogo le donne, ma anche tutto il suo popolo.

La bussola di classe ed  internazionalista

E’ fin troppo chiaro che con queste impostazioni politiche e strategiche la sinistra non va da nessuna parte ed anzi fa grandi danni sia tra gli attivisti sociali che a livello di massa. Siamo di fronte non solo ad eredità staliniste del passato, ma anche a una malsana realpolitik  in cui vengono abbandonati elementi di fondo di una concezione di classe socialista, democratica ed internazionalista. Pensiamo invece si debba partire sempre dalle sofferenze sociali delle classi subalterne, dalle loro rivendicazioni economiche, sociali e democratiche, dalla difesa dei loro diritti ovunque siano schiacciati; sono le classi lavoratrici che pagano il prezzo delle politiche liberiste del capitalismo e delle classi dominanti. Per fare una proposta politica, anche solo per giudicare la situazione di un paese, dobbiamo fare riferimento alle classi lavoratrici e ai loro interessi immediati e storici. E’ un principio di classe ed internazionalista da cui sempre si deve partire per costruire o anche solo pensare una alternativa, avendo anche presente un’altra considerazione di Marx, che un popolo che ne opprime un altro non può essere libero.

Questi sono i criteri, questa è la bussola con cui cerchiamo di comprendere lo scontro di classe su scala internazionale e di individuare quali iniziative di solidarietà internazionalista intraprendere a partire da questa torrida estate.  

1. Putin nel suo lungo discorso del febbraio 2022 con cui ha anticipato la scelta della guerra ha utilizzato due argomenti, la necessità di bloccare l’estensione della Nato ad Est, e la negazione pure e semplice dell’esistenza di una nazione ucraina che è l’ideologia di fondo dello sciovinismo imperiale grande russo fin dalla fondazione dell’impero zarista.

2. Scrive Alberto Negri sul Manifesto a proposito del Medio Oriente: “Ma quale lezione può mai trarre uno stato o un popolo della regione che vuole rimanere indipendente o ambire all’indipendenza, oppure, più semplicemente, sopravvivere? L’unica alternativa che offriamo è la sottomissione agli Usa o a Israele oppure a tutti e due”.

3. Non è questa la sede per un’analisi della complessa e drammatica vicenda che attraversa il Venezuela che merita un approfondimento a parte, ma il semplicismo acritico “campista” di alcune organizzazioni della sinistra nei confronti di un regime molto discutibile come quello di Maduro, lascia sbalorditi. Ci limitiamo in proposito a rimandare alla dichiarazione della Sinistra radicale francese.

*Sinistra Anticapitalista – 17 agosto 2024