Pubblichiamo un ampio estratto della documentazione distribuita da ErreDiPi nel corso di un incontro con la stampa avvenuto oggi. Vi si spiegano, in modo semplice ma completo, le ragioni che militano per un NO a LPP 21, riforma sulla quale saremo chiamati a votare il prossimo 22 settembre.
Ricordiamo che contro la riforma LPP 21, ErreDiPi ha indetto una manifestazione che si terrà MERCOLEDÌ 11 SETTEMBRE – BELLINZONA – ORE 17.00 (partenza da via Ghiringhelli – davanti all’IPCT – dietro il palazzo delle Orsoline). Un caloroso invito a tutte e tutti a partecipare! (Red)
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Le discussioni sulle riforme delle pensioni hanno spesso alcune caratteristiche ricorrenti: tono perentorio (1), abbondanza di termini tecnici, profusione di grafici complessi, conclusioni frettolose e non messe minimamente in discussione (2)… il tutto per confondere chi subirà le conseguenze di queste riforme, per nascondere la portata politica e sociale di determinate scelte, per far passare l’idea che tali scelte sono dolorose ma ineluttabili. “Circulez, il n’y rien à voir…”.
Al solito, con pazienza, bisogna esaminare la questione da un punto di vista diverso, capirla e farla capire in modo più semplice.
Proviamo allora a focalizzare l’attenzione su alcune osservazioni evidenti:
1.Il cuore della riforma LPP 21 è un abbassamento delle rendite: ritoccare il tasso di conversione e abbassarlo dal 6.8% al 6% significa abbassare le rendite del 12%. Ab- bassare le rendite del 12% significa togliere una mensilità a tutti i lavoratori e le lavoratrici.
2. Nel 1972 la popolazione svizzera ha accettato in votazione popolare il principio dei tre pilastri con la promessa di una previdenza vecchiaia che fornisse una rendita globale (AVS + secondo pilastro) capace di mantenere l’adeguata continuazione del tenore di vita abituale, ossia almeno del 60% del suo ultimo reddito lordo di lavoro (3).
3.Nel 1972 la popolazione svizzera ha accettato in votazione popolare il principio dei tre pilastri con altre promesse:
- applicazione della legge a partire dal 1975;
- principio del libero passaggio (ossia la possibilità di trasferire integralmente i contributi in caso di cambiamento di lavoro e quindi di cassa pensione)
- adeguamento periodico delle rendite al costo della vita;
- primato delle prestazioni (e non dei contributi)
- regolamentazione generosa per la generazione d’ingresso, che otterrà rendite minime malgrado un tempo di contribuzione limitato (4).
5. Le rendite LPP sono in diminuzione netta da due decenni, al contrario delle rendite AVS.
“Dal 2002, la rendita AVS è aumentata di circa il 16% grazie all’adattamento continuo al rincaro. Il problema è che durante i due decenni appena trascorsi, le rendite delle casse pensioni sono diminuite del 39%” (Baromètre VZ de la retraite 2022, èvolution des rentes de l’AVS et de la caisse de pension, confiance dans le système de prévoyance, VZ VermögensZentrum, agosto 2022, p. 6).
6. La LPP 21 sostiene che compensare l’abbassamento delle rendite “bisogna rafforzare il processo di risparmio, [ossia] aumentare il salario assicurato sul quale sono versati i contributi [adeguando] la deduzione di coordinamento” (6). Cosa significa? Molto semplice: lavoratori e lavoratrici domani dovranno pagare di più per avere, forse, la stessa rendita di oggi. È una “compensazione” pagata da tutti noi e dai datori di la voro: non costerà nulla alle casse pensioni.
7. Chi è prossimo alla pensione (più di 50 anni d’età) non riuscirà però a mantenere la propria rendita nemmeno pagando più contributi. Per queste persone LPP 21 prevede il pagamento di un supplemento di rendita, ma a determinate condizioni. Per stessa ammissione degli estensori della modifica di legge, solo il 50% degli assicurati appartenenti alla generazione di transizione potrà beneficiare di questi supplementi di rendita (7). Per il restante 50%, nulla garantisce a oggi che i supplementi copriranno gli ammanchi. Da notare inoltre che questi supplementi di rendita saranno “finanziati per 15 anni mediante contributi prelevati presso gli istituti di previdenza”, ossia prendendo denari versati dagli assicurati stessi. È perciò un’altra compensazione pagata da tutti noi e dai datori di lavoro, visto che si prevede “la necessità per le singole casse pensioni di riscuotere contributi salariali più elevati dai lavoratori e dai datori di lavoro [a seconda della] loro situazione finanziaria” (8).
8. La LPP 21 prevede anche un abbassamento della soglia di accesso al 2° pilastro: sa- ranno assicurate le persone che guadagnano almeno 19’845 franchi l’anno (ora la soglia d’ingresso è fissata a 22’050 franchi l’anno). Questa misura, dicono gli estensori della riforma, dovrebbe favorire “chi guadagna poco o lavora per più datori di lavoro” e quindi le donne, in particolare, perché “esse lavorano più frequentemente a tempo parziale e presso più datori di lavoro, nonché in settori caratterizzati da salari bassi”. Sembrerebbe una buona idea; e i favorevoli alla riforma della LPP puntano proprio su questa modifica per dare appeal al progetto di legge. Sono allora spuntati manifesti dove giovani donne invitano a votare sì alla LPP 21 perché anche loro hanno diritto a pensioni dignitose. Questa strizzatina d’occhio al lavoro femminile nasconde molte insidie:
- non è escluso che i datori di lavoro riducano allora gli stipendi per evitare di pagare la loro parte di contributi;i salari mensili disponibili saranno minori – a causa della mancata compensazione del carovita e delle maggiori deduzioni (l’80% del salario, secondo la LPP 21);
- nessun ritocco della soglia d’ingresso potrà compensare l’assenza di sistemi di correzione efficaci delle ineguaglianze uomo/donna del mercato del lavoro. Ecco gli scarti delle rendite delle donne rispetto a quelle degli uomini nei tre pilastri:
- Primo pilastro (AVS): 2.7%
- Secondo pilastro (Previdenza professionale): 63%
- Terzo pilastro (Previdenza individuale): 54% (9)
Questa miniriforma non pone rimedio alcuno alle debolezze strutturali del secondo pilastro e contiene una contraddizione evidente: se il secondo pilastro non regge perché i mercati finanziari non hanno più la resa preventivata, aumentare il salario assicurato con la speranza di aumentare il capitale di risparmio rischia di essere del tutto vano.
Si corre infatti il rischio di imitare così il Barone di Münchhausen, il quale, caduto in una palude, cerca di uscirne afferrandosi per i capelli e tirandosi in su a più non posso.
In fin dei conti il modello di riforma proposto mira a compensare la diminuzione delle rendite (-12% circa), conseguente alla riduzione del tasso di conversione, aumentando in modo massiccio la capitalizzazione. Ottiene questo aumento riducendo la deduzione di coordinamento, che di fatto rappresenta la parte dello stipendio già assicurata dall’AVS, e quindi aumentando la parte di salario obbligatoriamente assicurata.
Val la pena ricordarlo, seppur brevemente: non è possibile correggere, in questo contesto, l’errore storico del 1972 (10) (istituzione del sistema svizzero dei tre pilastri). Come pensare di correggere un’impostazione che fa acqua da tutte le parti ma che non costa nulla alla Stato, essendo un affare tra lavoratori, datori di lavoro e casse pensioni?
Ma è necessario vigilare per evitare qualsiasi rafforzamento della capitalizzazione. La capitalizzazione ha infatti raggiunto livelli esorbitanti (più di 1’000 miliardi di franchi nelle casse pensione) e genera enormi costi di gestione (circa 6 miliardi l’anno): nonostante ciò, non riesce nemmeno a garantire il livello delle rendite: negli ultimi 4 anni, oltre 170 miliardi sono stati iniettati nel secondo pilastro e le rendite hanno continuato a diminuire. Questa capitalizzazione a oltranza accentua anche gli effetti distruttivi sulle condizioni di lavoro e sull’ambiente.
Fa poi un certo effetto notare che quelli che durante la campagna sulle misure di compensazione IPCT per la votazione del 9 giugno continuavano a ripetere che i dipendenti pubblici e parapubblici sono dei “privilegiati” e che, tutto sommato, andava bene tagliare del 30-40% le loro rendite sono gli stessi che oggi difendono la LPP 21, ossia la riduzione delle rendite dei privati del 12% (diminuzione del tasso di conversione dal 6,8% al 6%).
Dopo aver attaccato le pensioni del settore pubblico, vogliono ora demolire anche quelle del settore privato. E a farne le spese saremo tutti noi salariati e salariate.
1. “Per garantire il finanziamento delle rendite LPP è dunque necessario adeguare l’aliquota minima di conversione. La riforma prevede quindi una sua riduzione dal 6,8 al 6 per cento, in un’unica volta” (Riforma LPP: su cosa voteremo? Dipartimento federale dell’interno DFI – Ufficio federale delle assicurazioni sociali UFAS, p. 1.)
2.“La maggior parte delle persone beneficia di una copertura assicurativa più ampia, nel cosiddetto regime sovraobbligatorio. In generale, la riduzione dell’aliquota minima di conversione non avrà ripercussioni per queste persone” (Riforma LPP: su cosa voteremo? Dipartimento federale dell’interno DFI – Ufficio federale delle assicurazioni sociali UFAS, p. 2.). Ora, se una rendita si compone di una parte proveniente dal regime obbligatorio (per chi guadagna da 22’050 a 88’200 Fr. di salario presso un unico datore di lavoro) e di una eventuale parte proveniente dal regime sovraobbligatorio (per chi guadagna oltre 88’200 Fr. di salario annuo), non ci è chiaro perché una diminuzione della parte obbligatoria non si ripercuoterà sulla rendita globale: se passa per legge l’abbassamento del tasso di conversione della parte obbligatoria, la stessa tendenza all’abbassamento colpirà rapidamente i tassi misti (validi cioè su tutto lo stipendio assicurato, senza distinguere tra parte obbligatoria e sovraobbligatoria). L’UFAS stesso mette le mani avanti e dice che “in generale” non ci saranno ripercussioni. “In generale”…
3. “Le prestazioni della previdenza professionale (2° pilastro), insieme a quelle dell’assicurazione federale (1° pilastro), devono permettere ai beneficiari di mantenere il loro precedente tenore di vita nei casi di vecchiaia, invalidità e morte. Si può ammettere, che il tenore anteriore di vita è mantenuto, in generale, se una persona sola riceve un reddito sostitutivo equivalente almeno al 60 per cento del suo ultimo reddito lordo di lavoro, ciò che corrisponde in media ai due terzi del reddito netto” (11076 Messaggio del Consiglio federale all’Assemblea federale sul Progetto di revisione della Costituzione federale in materia di previdenza per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità e Rapporto sull’iniziativa popolare «Per vere pensioni popolari», Foglio Federale, Berna, 24 dicembre 1971, Anno LIV, Volume II, N°51, pp. 1229-1230).
4. Queste promesse sono state ribadite più volte, in occasione del dibattito parlamentare, nel messaggio del Consiglio Federale, nelle conferenze stampa che hanno preceduto la votazione. La LPP entrerà in vigore nel 1985; il principio del libero passaggio sarà legge nel 1995; le altre promesse saranno rimangiate negli anni che separano la votazione popolare del 1972 e l’entrata in vigore della LPP. (Cf. Pietro Boschetti, L’Affaire du siècle: le 2e pilier et les assureurs, Editions Livreo-Alphil, pp. 31-32.).
5. Pietro Boschetti, L’Affaire du siècle: le 2e pilier et les assureurs, Editions Livreo-Alphil, pp. 123.
6. Riforma LPP: su cosa voteremo? Dipartimento federale dell’interno DFI – Ufficio federale delle assicurazioni sociali UFAS, p.3.
7. Riforma LPP: su cosa voteremo? Dipartimento federale dell’interno DFI – Ufficio federale delle assicurazioni sociali UFAS, p.3.
8. Riforma LPP: su cosa voteremo? Dipartimento federale dell’interno DFI – Ufficio federale delle assicurazioni sociali UFAS, p.3.
9. Pietro Boschetti, L’Affaire du siècle: le 2e pilier et les assureurs, Editions Livreo-Alphil, pp. 112.
10. “Le vice de forme, c’est d’avoir au fond confié la gestion des fonds d’une assurance sociale à des assurances privées”, Ruth Dreifuss, ex Consigliera Federale, intervistata da Pietro Boschetti