La giudice Fabiola Gnesa, in quota Il Centro, occupa, tra i suoi numerosi impegni, anche due posizioni delicate che suscitano dubbi sulla compatibilità con il ruolo di giudice. I deputati dell’MPS, con un’interrogazione presentata ieri, chiedono al governo di approfondire e verificare giuridicamente questo aspetto. (Red)
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Come noto, la signora Fabiola Gnesa svolge la funzione di magistrato dei minorenni. Un lavoro che, per condivisione generale, ci pare svolga bene e con dedizione. Questo in un contesto e in un ambito caratterizzati dall’aumento dei casi (anche espressione di un costante degrado del quadro sociale) e da una loro sempre maggiore complessità.
Infatti, nel rapporto 2023 del Consiglio della magistratura e delle autorità giudiziarie 2023 possiamo leggere quanto segue: “La situazione della Magistratura dei minorenni è divenuta più difficile rispetto agli anni passati. Se da un lavoro il record di giacenze almeno a partire dal 2010 non può che impensierire, non va dimenticato che sull’altro fronte pure gli incarti evasi hanno toccato un livello mai raggiunto da quello stesso anno. I magistrati e il loro personale non hanno potuto che lavorare intensamente e con un buon livello qualitativo. Per poter garantire una continuità, la gestione bisettimanale dei picchietti e la mancanza di un educatore a organico dovrebbero nel limite del possibile venir affrontate a breve per trovare delle soluzioni che contentano di alleggerire il personale e i giuristi, siano esse aumento dell’organico (difficilmente ipotizzabile ora), siano esse attribuzioni di competenze a chi già opera”.
Il grafico dei casi introdotti, evasi e giacenti è eloquente:
Malgrado questo impegnativo compito, la giudice Gnesa è molto attiva anche dal punto di vista associativo e questo sicuramente le fa onore. Tuttavia, due incarichi da lei assunti sollevano, a nostro modo di vedere, problemi di compatibilità che sarebbe opportuno valutare sia dal punto di vista giuridico che politico.
È questo il senso della nostra interrogazione.
Ci riferiamo in particolare alla presenza della giudice Gnesa in seno al Consiglio di amministrazione di IPCT e a quella (addirittura come Presidente) della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano.
1.Presenza nel CdA di IPCT
Lo scorso mese di maggio, la giudice Gnesa è stata rieletta (sulla lista OCST-VPOD-SIT) nel consiglio di amministrazione dell’Istituto di Previdenza del Canton Ticino (IPCT), nel quale, per altro, già sedeva nella precedente “legislatura”.
La giudice Gnesa, come tutti gli altri membri del CdA di IPCT, riceve una remunerazione fissa (alla quale si aggiungono rimborsi spese e altre indennità) che deve essere considerata come salario. Tale remunerazione è soggetta ai contributi sociali e deve essere dichiarata come reddito dal punto di vista fiscale.
La legge sull’organizzazione giudiziari recita quanto segue:
Ora, non vi è dubbio, a nostro modo di vedere, che l’impegno in seno al CdA di IPCT sia un impiego con un onorario fisso (lett. b) o, anche, possa rappresentare l’assunzione di “un mandato” (lett. c). Resta, evidentemente, la possibilità che il Consiglio della Magistratura l’abbia autorizzata ad assumere questa carica.
Alla luce di queste considerazioni chiediamo al Consiglio di Stato:
1. Non ritiene il Consiglio di Stato che il mandato in seno al CdA di IPCT assunto dalla giudice Gnesa, nella misura in cui comporta un onorario fisso, sia contrario all’art.19 della LOG?
2. La risposta alla domanda 1 si basa su pareri giuridici o su giurisprudenza in materia?
3. Il Consiglio di Stato ha, eventualmente, autorizzato (sentito il preavviso del Consiglio della Magistratura) la giudice Gnesa ad assumere il mandato in seno al CdA di IPCT?
4. Se sì, quale è stato il parere del Consiglio della Magistratura?
2. Presenza alla testa della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano
Anche in questo caso non ci sfugge la “ratio” che ha portato le autorità ecclesiastiche ticinesi a nominare alla testa di questa commissione la giudice Gnesa, giudice dei minorenni. È ormai acquisito che i fenomeni di abusi sessuali nella Chiesa coinvolgano quasi sempre dei minori. Giusto quindi, in linea di principio, fare capo a persone competenti anche dal punto di vista del diritto dei minori.
Anche in questo caso siamo incappati nell’art. 27a della LOG che recita:
Obbligo di denuncia
Art. 27a 1Il magistrato è tenuto a denunciare alle autorità di perseguimento penale i crimini e i delitti perseguibili d’ufficio che constata o gli sono segnalati nell’esercizio della sua funzione.
Al di là delle possibili interpretazioni di questo articolo, ci pare evidente che nella sua posizione quale presidente della Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano, la giudice Gnesa, diremmo “d’ufficio”, viene a conoscenza di fatti che possono avere una rilevanza penale.
Dovrebbe quindi procedere, in quanto magistrato, ad una denuncia immediata delle persone indiziate di avere commesso abusi sessuali.
Ora, ed è il dibattito che si è aperto nel Cantone anche alla luce della recente vicenda che ha coinvolto un membro del clero, la Curia, proprio attraverso questa Commissione, rivendica e pratica una sorta di “diritto di prelazione” nel trattare questi casi.
Non vogliamo qui entrare nelle motivazioni addotte dalla Curia (non sono decisive in questa sede), ma diventa oggettivamente delicata la posizione di un giudice civile che presiede una commissione di esperti che lavora a stretto contatto (pur non essendone direttamente coinvolta) con le “persone di contatto per il sostegno alle vittime”.
È difficile credere, ma anche proprio per il valore di “esperti” di questa commissione, che i suoi membri non siano messi a conoscenza di eventuali denunce.
Alla luce di queste considerazioni, formuliamo le seguenti domande:
5. Non ritiene il Consiglio di Stato che la presenza della giudice Gnesa in seno alla Commissione di esperti in caso di abusi sessuali in ambito ecclesiale presso la Curia vescovile di Lugano possa suscitare contraddizioni alla luce dell’art.27° della LOG?
6. La risposta alla domanda 5 si basa su pareri giuridici o su giurisprudenza in materia?
7. Non ritiene che, al di là delle questioni puramente giuridiche, questa presenza sia discutile dal punto di vista della opportunità politica?
8. Prima di assumere questo incarico, la giudice Gnesa ha chiesto l’autorizzazione al Consiglio di Stato, (sentito il parere del Consiglio della Magistratura)?
9.Se sì, qual è stato il parere del Consiglio della Magistratura?
10. Il Consiglio di Stato è al corrente che l’indirizzo elettronico professionale della giudice Gnesa (@ti.ch) è indicato quale indirizzo ufficiale sulla pagina della commissione ecclesiastica sul sito della Curia?
11. Non ritiene che sia un utilizzo improprio dell’indirizzo di posta elettronica professionale?
12. Se sì, ritiene – come è stato fatto in altri casi – di dover aprire un’inchiesta un’inchiesta amministrativa per l’uso improprio dell’indirizzo di posta elettronica professionale?