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Le prime pagine dei giornali non ne parlano, ma in questi giorni nel Mar cinese meridionale si sta giocando una partita di grande importanza non solo per l’intera regione dell’Asia Orientale, ma anche per gli equilibri mondiali. Si tratta infatti di capire se, da una parte, la Cina intende giocare fino in fondo e apertamente la carta dell’aggressività nei confronti delle Filippine, e quindi dell’intero Mar cinese meridionale, e dall’altra se gli Usa sono davvero pronti a difendere queste ultime con la forza, come hanno affermato. I riflessi sono molto più importanti di quanto potrebbe sembrare a prima vista.

Dopo un incontro delle settimane scorse con le autorità cinesi, quelle filippine hanno ritirato dalla secca di Sabina Shoal, nell’arcipelago delle isole Spratley, la propria nave Teresa Magbanua ancorata in prossimità della stessa. Il ritiro fa seguito ai ripetuti scontri tra le navi filippine che cercavano di rifornire l’imbarcazione e navi della guardia costiera cinese che lo impediscono (e che operano nello specifico a oltre 1.200 km dalle proprie coste e a soli 111 km. da quelle delle più grandi isole filippine, per avere un’idea).

Tali scontri avevano comportato anche ripetuti speronamenti, assalti e il grave ferimento di un marinaio filippino, raggiungendo il loro apice a fine agosto. La Cina infatti rivendica come proprio l’intero arcipelago delle Spratley. Manila ha affermato che presto stazionerà sul posto un’altra nave, ma senza indicare scadenze, il che appare piuttosto strano, visto il livello delle tensioni.

Quanto sta avvenendo intorno a Sabina Shoal ricalca pari passo ciò che è avvenuto nel precedente punto di tensione tra i due paesi nel corso di questo 2024, sempre nelle acque appartenenti alle Filippine, ma rivendicate dalla Cina (come d’altronde l’intero Mar cinese meridionale) in totale disprezzo non solo del diritto internazionale, ma anche della semplice logica geografica e della pacifica convivenza. Si tratta della secca denominata Second Thomas Shoal, presidiata dal 1999 da una nave filippina, che è ormai in disfacimento perché la Cina contrasta sistematicamente e duramente ogni missione di Manila per ripararla e per rifornire i suoi marinai (i rifornimenti ora avvengono mediante elicotteri). (Nella foto in alto, una nave della Guardia costiera cinese usa cannoni ad acqua contro una nave della Guardia costiera filippina vicino alla Second Thomas Shoal, occupata dalle Filippine, nel Mar Cinese Meridionale, per bloccare la sua missione di rifornimento).

Pechino sta applicando in entrambi i casi la tattica già applicata con pieno successo nel 2012, quando navi cinesi avevano approfittato del temporaneo ritiro della nave filippina che presidiava la secca denominata Scarborough Shoal per assumerne il controllo militare. Uno schiaffo non solo nei confronti di Manila, ma anche degli Usa suoi alleati e di tutti i paesi che si affacciano sul Mar cinese meridionale.

Va sottolineato che non si tratta di spazi riguardo alla cui appartenenza possono esservi dubbi: un semplice sguardo alle cartine geografiche (vedi qui sopra la collocazione della secca di Sabina Shoal, indicata dal segnale rosso, e le Filippine ad est e la Cina a nord) è sufficiente per capire che Pechino non ha motivo di rivendicarle, ma in più c’è una sentenza emessa nel 2016 dalla Corte internazionale di giustizia che giudica totalmente infondata ogni rivendicazione della Cina non solo su questo arcipelago, ma sull’intero Mar cinese meridionale.

Perché è così importante quello che sta succedendo? Perché gli Usa nelle scorse settimane avevano detto a chiare lettere che erano pronti a intervenire militarmente a fianco di Manila nel caso in cui le navi di Pechino avessero assunto il controllo di Sabina Shoal, mentre da parte sua la Cina si è dimostrata irremovibile nel considerarlo di sua proprietà.

Pechino approfitterà del ritiro (temporaneo) della nave filippina per prendere il controllo di Sabina Shoal? Se lo farà, gli Usa interverranno a fianco di Manila per riconquistarlo manu militari? Se la Cina non conquisterà lo scoglio, vorrà dire che teme quest’ultima ipotesi e darà così prova di arrendevolezza. Se la Cina compirà invece il passo e gli Usa non sosterranno concretamente Manila e, in un modo o nell’altro, accetteranno la conquista cinese, invieranno a tutta la regione il messaggio che alle sue parole non seguono i fatti. E questo avrebbe enormi riflessi non solo sull’importantissima area del Mar cinese meridionale (vi transita oltre il 40% del commercio marittimo mondiale), ma anche su tutta la questione di Taiwan e, più ampiamente, la decisiva partita che Usa, Cina e ormai anche Russia stanno giocando nell’area.