Lo sappiamo, ormai le parole della politica sono foglie al vento. I rappresentanti di quella che si continua a chiamare la classe politica (ma che di classe ne ha poca, se non quella di difendere gli interessi di una classe – quella dominante) possono raccontare tutto e il contrario di tutto nello spazio di pochi minuti, senza che nessuno si senta in dovere di mettere in luce queste contraddizioni.
Come noto, pochi giorni fa i deputati dell’MPS hanno sottoposto al governo un’interpellanza con la quale si chiedono lumi sull’esistenza di una inchiesta parallela condotta dai vertici della Lega nei confronti di Eolo Alberti. Una pratica, quella di inchieste private su un cittadino (al di là di quanto egli possa aver commesso) che non sono accettabili e che suscitano sospetti, soprattutto se fosse vero che all’origine di questa inchiesta vi sarebbe anche il responsabile politico di polizia e giustizia, nonché coordinatore della Lega (Nuovi preoccupanti interrogativi sulla vicenda Eolo Alberti e sulle possibili conseguenze istituzionali * MPS – Movimento per il socialismo (mps-ti.ch)).
Quest’ultima, negli scorsi giorni, ha smentito, seppur tra incertezze e balbettamenti. La trasmissione di Telekabul condotta da Gianni Righinetti ha permesso, nella puntata di domenica sera, di portare nuova luce sulla vicenda.
Interrogato sulla questione, il capogruppo in Gran Consiglio Alessandro Mazzoleni ha dapprima spiegato che “Non ci sono delle inchieste parallele, detective privati, mandati a professionisti. Non c’è nulla di che”.
Sembrerebbe una smentita, ma ha subito aggiunto: “Semplicemente, una volta ricevute delle informazioni il coordinamento della Lega ha riassunto le stesse e le ha condivise con il diretto interessato”; già un bel passo avanti, l’ammissione di aver “ricevuto” delle informazioni (da chi?) e di averle riassunte (è quindi stato stilato un rapporto – oppure la Lega pratica il riassunto orale?); ma, ha continuato Mazzoleni: “La stampa la definisca come vuole. Io la definirei la normale attività di gestione di un gruppo politico”, si sarebbe trattato di una “raccolta di informazioni e condivisione. Punto”. Un modo assai particolare di “gestire” un gruppo politico, stile STASI o, per i regimi più “democratici”, una politica di dossieraggio.
Una smentita, dunque, che diventa conferma. Perché, che cosa è una “raccolta di informazioni” se non un’inchiesta bella e buona poi “riassunta”? E chi avrebbe raccolto queste informazioni, dove le avrebbe raccolte, parlando con chi?
Tutte domande alle quali, speriamo ma non troppo, il governo dovrebbe degnarsi di rispondere, magari sinceramente, pena il rischio di essere poi smentito.