«Questo traguardo rappresenta un passo importante, frutto di uno sforzo corale tra Municipio, amministrazione e Consiglio Comunale». È con toni al limite del trionfalistico che il Municipio di Lugano ha annunciato, lo scorso 6 maggio, l’allestimento del primo pacchetto di tagli strutturali della spesa corrente per 10 milioni di franchi che entreranno in vigore nel 2026. «Queste misure sono state attuate senza dover incidere significativamente a scapito delle risorse interne e senza compromettere la qualità dei servizi offerti alla cittadinanza».
Lugano è proprio una città fantastica, unica a livello planetario: è solo qui infatti che si può sostenere di poter tagliare le spese correnti senza intaccare la qualità e l’estensione dei servizi pubblici destinati alla popolazione. Cosa sono i 180’000 franchi ottenuti dalla soppressione di una settimana di colonia a Mascengo per le classi di quarta e quinta elementare? E i 70’000 franchi derivanti dalla riduzione della cassa per finanziare attività extrascolastiche per ogni allievo delle medie? E ancora, i 630’000 franchi cancellati dal bilancio della Fondazione per la facoltà dell’Università della Svizzera italiana? E i 165’000 franchi che verranno tolti al Museo d’arte della Svizzera italiana (Masi) e i 420’000 franchi ai quali dovrà rinunciare il LAC? La lista, ahinoi, potrebbe continuare. Difficile dunque sostenere che non ci saranno ripercussioni sulla “qualità dei servizi offerti”, a meno di non essere dei bugiardi compulsivi.
Particolarmente nauseabondo il riferimento al fatto «non ci sarà alcun licenziamento e si sfrutterà la fluttuazione del personale, per esempio non sostituendo eventuali partenze» (Corriere del Ticino, 7.5.2025). È ormai chiaro a tutte e a tutti che la mancata sostituzione del personale in uscita ha delle implicazioni dirette sulla qualità dei servizi: con meno personale non si potranno assicurare le stesse prestazioni o queste scadranno di qualità. È una questione logica, quasi matematica. Totalmente assurda, ma esemplificativa dell’attuale politica luganese, la scelta di togliere 1,1 milioni alla scuola e 629’000 franchi agli aiuti sociali, con la scusa che attualmente la “domanda” è diminuita e qualora i bisogni dovessero tornare a crescere si tornerà ad aumentare i finanziamenti.
Bugie, perché sanno tutti che questi tagli saranno permanenti a prescindere, considerata l’imperatività del contenimento della spesa corrente. Soprattutto, però, se esiste un “surplus finanziario” nell’ambito scolastico questo non andava mozzato ma doveva essere utilizzato per migliorare, rafforzare i servizi scolastici (doposcuola, corsi di recupero, riduzione degli allievi per classe, ecc.). Lo stesso discorso vale per gli aiuti sociali.
Nell’attesa della prossima ondata di tagli della spesa corrente…
Municipio e consiglio comunale si dichiarano «consapevoli che si tratta solo dell’inizio di un percorso più ampio e impegnativo. La situazione finanziaria della Città, infatti, rimane delicata. Sarà necessario proseguire anche nei prossimi anni con politiche improntate all’efficienza, alla prudenza e alla responsabilità, al fine di consolidare nel tempo i risultati ottenuti e garantire una gestione sostenibile delle risorse pubbliche». In parole chiare: aspettiamoci altre bordate contro i servizi pubblici e contro le condizioni di lavoro degli impiegati comunali. Quelle annunciate sono misure che fanno parte di un processo che è allo stadio iniziale. Quindi la politica tesa al peggioramento dei servizi pubblici e delle condizioni di lavoro di chi li assicura non cesserà di svilupparsi.
Per cercare di ridurre il peso finanziario del servizio del debito, derivato da tutti gli oneri e i costi legati al pagamento dei debiti contratti, inclusi gli interessi e le quote di capitale da rimborsare, le autorità politiche luganesi stanno anche elaborando un progetto di dismissione di parte del patrimonio pubblico, con l’obiettivo di recuperare tra i 250 e i 300 milioni di franchi. Detto altrimenti, si tratta di (s)vendere una parte dei beni patrimoniali mobili e immobili di proprietà comunale. Si parla in particolare della cessione ai privati della quota detenuta nella Casinò Lugano SA (65,73%), ma anche della privatizzazione di immobili come il palazzo delle ex-Dogane, Villa Negroni, gli immobili che saranno lasciati liberi dalla futura transumanza dell’amministrazione comunale nella Torre Est del PSE… Vendere i beni pubblici per fare cassa non è mai una scelta positiva per gli interessi generali di una collettività. Lo è quasi sempre per gli acquirenti privati, i quali rilevano proprietà di valore quasi sempre a un prezzo più che vantaggioso, ben inferiore al valore reale. Per le amministrazioni pubbliche si tratta di soluzioni per rispondere nel breve termine a bisogni finanziari impellenti, perciò cedute a un prezzo più basso, in perdita, perché l’obiettivo è monetizzare a qualsiasi costo.
Inoltre, nel tempo, questi beni pubblici potrebbero diventare importanti per rispondere a nuovi bisogni sociali o economici della popolazione, ma ovviamente non saranno più disponibili. E questo comporta poi spesso la necessità, per le autorità comunali, di procedere a nuove spese per soddisfare le nuove esigenze collettive. Una politica che rischia di trasformarsi, nel tempo, in un vero e proprio boomerang…
Si taglia ma non dappertutto…
Eh sì, la mannaia del Municipio è piuttosto selettiva, colpisce sempre in determinati punti, mentre altri sono risparmiati. Facciamo riferimento alle spese determinate dalle commesse su invito e su incarico diretto. Nel 2024, questa forma di appalti pubblici ha raggiunto a Lugano la consistente cifra di 63,7 milioni di franchi, pari al 72,25% della voce contabile “Spese per beni e servizi e altre spese d’esercizio” che ha generato un esborso totale di 88,2 milioni di franchi. Le commesse su invito e su incarico diretto sono quasi triplicate dal 2016 al 2024. Le commesse su incarico diretto, a causa della loro totale discrezionalità e opacità, possono essere lo strumento perfetto con il quale consolidare le logiche clientelari, ossia lo scambio binario fra interessi politico-elettorali ed economici dei ceti sociali dominanti all’interno di una determinata realtà. Inoltre, come abbiamo già avuto modo di scrivere, questa forma particolare di appalti sfugge a qualsiasi forma di controllo politico, in particolare per quanto riguarda la verifica oggettiva relativa ai prezzi praticati, i quali potrebbero essere più elevati di quelli comunemente praticati, provocando una maggior spesa pubblica. Inoltre, una verifica oggettiva, coordinata e approfondita permetterebbe pure di stabilire l’effettiva necessità di determinate commesse. Il Comitato di Risanamento Finanziario della Città non dovrebbe limitarsi a progettare i tagli nei servizi pubblici e a livello delle condizioni di lavoro del personale, ma dovrebbe per lo meno avere “l’onestà politica” di rivedere in profondità, sfoltendo pesantemente, l’uso sovrabbondante e probabilmente illegale delle commesse pubbliche su invito o su incarico diretto. Ovviamente ciò significa dover affrontare situazioni scomode, dove interessi politici e affaristici si intrecciano vicendevolmente… Più facile tagliare i servizi e peggiorare le condizioni di lavoro…
Ma perché si è arrivati a tutto questo?
Nel dibattito sul pacchetto di tagli strutturali della spesa corrente e sulle future privatizzazioni si pone una questione fondamentale finora totalmente evacuata: perché si è giunti a elaborare questo inaccettabile programma?
La domanda non è anodina, al contrario. Rispondevi significa mettere in evidenza le responsabilità politiche che hanno originato questo attacco ai servizi pubblici comunali. Infatti, i cosiddetti problemi finanziari che colpiscono il comune di Lugano sono solo marginalmente “esogeni”, dovuti insomma a fattori legati alla congiuntura economica e sociale generali, ma “endogeni”, provocati cioè da scelte politiche adottate dalle istituzioni comunali. Il riferimento chiama in causa immediatamente la politica degli investimenti applicata dal Municipio con la somma e praticamente integrale benedizione del Consiglio comunale. Secondo il Preventivo 2025, «la pianificazione delle opere per gli anni 2025-2028 prevede ancora uno sforzo importante parti a CHF 325,6 milioni di investimenti lordi. Le entrate per investimento nel medesimo quadriennio sono stimate in CHF 56,9 milioni. Il risultante onere netto per investimenti risulta pertanto pari a CHF 268,7 milioni»[1]. In questo calcolo stimato non sono compresi gli impegni che prevedono un pieno rimborso del capitale e il pagamento degli interessi ma che vanno a incidere sugli impegni finanziari della città, in particolare quegli legati al PSE. I più che probabili riscatti dell’Arena sportiva e del Palazzetto dello sport gonfieranno il conto investimenti di altri 170-180 milioni (114 quelli già definiti per l’Arena Sportiva). Ai quali si aggiungono i 7,4 milioni del credito suppletorio per il Centro Sportivo al Maglio. E non scordiamo neppure l’annunciato “rilancio dell’aeroporto” di Lugano il cui costo dovrebbe aggirarsi sui 60 milioni di franchi, “rilancio” non previsto nel Piano finanziario 2025-2028 perché avrebbe dovuto essere l’oggetto di un «trasferimento ai privati della gestione dell’aeroporto a partire dal 01.01.2027»[2]. Quindi, in realtà gli impegni finanziari rischiano di raggiungere e superare, nei prossimi anni, i 500 milioni di franchi. Davanti a questo scenario, il Municipio affermava: «da qui l’importanza di procedere con una urgente revisione della spesa che permetta di contenere i disavanzi, primo passo necessario a successivamente garantire il mantenimento del livello degli investimenti previsto e auspicato»[3]. Considerata la reale ed enorme portata degli investimenti prospettati e la debole capacità di autofinanziamento dimostrata, è palese che si prospetterà un futuro di sangue e lacrime amare per i servizi pubblici cittadini e per le condizioni (e i posti) di lavoro degli impiegati comunali. La politica degli investimenti ha dunque portato a questo scenario, ormai concreto, di abbattimento progressiva della spesa corrente a Lugano. La responsabilità politica di chi siede in Municipio e in Consiglio comunale è palese, di tutti i partiti, nessuno escluso.
È ora di cambiare!
Se i tagli alla spesa pubblica sono dovuti, come abbiamo dimostrato oggettivamente, a una politica scriteriata d’investimenti pubblici, è necessario intervenire, e pesantemente, su questa voce.
In primo luogo, bisognerebbe procedere a un esame approfondito dell’utilità sociale dei molti investimenti decisi ma non ancora eseguiti. L’analisi deve basarsi sul principio se questi investimenti sono una priorità sociale, se la loro realizzazione costituisce una priorità rispetto ai bisogni delle collettività, quindi se il loro “peso finanziario” è giustificato da questi parametri. Se non è il caso, vanno eliminati.
Un esempio recente. Il progetto “glampling” a Carona costerà almeno 12 milioni di franchi. Un progetto avversato da settori importanti della popolazione, ancora di più a causa della chiusura immediata del centro balneare decisa come forma di ricatto politico. Ebbene, ristrutturare solamente gli impianti balneari costerebbe almeno 4 volte meno di quanto previsto per il “campeggio di lusso” regalato al Touring Club Svizzero. E la rinuncia a questo progetto, la cui natura è eminentemente speculativa, non intaccherebbe minimamente i bisogni sociali della popolazione luganese. Anzi, il suo abbandono e la riapertura del centro balneare nella sua forma attuale andrebbero a rispondere alle esigenze, oggi mutilate, della cittadinanza che si trova con una piscina in meno.
Lo stesso trattamento andrebbe applicato al milionario piano di “rilancio” dell’aeroporto di Lugano. Qui l’inutilità sociale è totalmente patente: il rinnovato scalo servirebbe ad alimentare i privilegi di un numero ristrettissimo di super-ricchi, con il risultato di peggiorare il bilancio ambientale con inutili immissioni di fattori inquinanti. Mentre si tagliano i servizi della grande maggioranza della popolazione, si pensa a rafforzare i privilegi di un’ultra-minoranza.
Per gli investimenti già in corso di realizzazione, invece, c’è poco da fare. Se non trarre la giusta esperienza, come nel caso del PSE, opera faraonica speculativa-immobiliare che peserà a lungo sulle finanze comunali e che costerà alla comunità pesanti ridimensionamenti a livello della presa a carico dei bisogni sociali determinanti.
[1] Città di Lugano, Preventivo 2025, p. 49.
[2] Ivi, p. 2.
[3] Messaggio municipale NO. 12069 concernente la presentazione del Piano Finanziario della Città di Lugano per gli anni 2025–2028, 17 ottobre 2024, p. 5.
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